Cap 17

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Mi squilla il cellulare, per l'ennesima volta. È mio padre che vuole sapere se io sia o meno partita da Perugia. La risposta è no. Sono in estremo ritardo.
-Sono in ritardo. Fatevene una ragione- queste le prime parole che dico quando rispondo.
-Tra un'ora devi essere al ristorante. A che punto sei?- Chiede contrariato.
-Sono alla stazione che aspetto il treno. Ci sarò non preoccupatevi.- Questa festa di compleanno sta mandando tutti fuori di testa. Tutti tranne il festeggiato, nonno Damiano. Compie 80 anni e ha deciso di voler riunire la famiglia.
-Preferisco spendere 2000 euro in cibo e vedere tutta la famiglia riunita per la mia festa piuttosto che aspettare il mio funerale.-
Così ha detto quando ci ha comunicato la sua decisione. Oggi, 28 Gennaio è il grande giorno e io sono in ritardo per colpa del professore. Hoo avuto la fantastica idea di portargli tutto il materiale messo insieme negli ultimi mesi e chiedergli la sua opinione per alcuni aspetti tecnici che dovrò approfondire nella fase finale. È andato tutto bene ma ci è voluto molto più tempo del previsto. Adesso sono sulla banchina della stazione di fronte alla mia sede universitaria che prego perché il treno non sia in ritardo. Sto morendo di freddo. Dalle cuffie ascolto la radio che al momento trasmette un vecchio classico di Mina che mi fa canticchiare. Il ragazzo accanto a me si volta a guardarmi e mi blocco. Probabilmente cantavo troppo forte. Gli sorrido e mi scuso con un cenno. "E anche per oggi la figura di merda quotidiana l'ho fatta. Non sia mai che me ne risparmi una..." penso sconsolata.
-Puoi continuare, non era male.- mi rassicura con un bel sorriso. Lo guardo meglio e noto che è un ragazzo niente male.
-No, so di essere stonata come una campana.- sorrido - ti risparmio il resto.- dico abbassando il volume.
-Comunque piacere, io sono Sebastian.- si presenta. Sono colpita, ultimamente i ragazzi hanno dimenticato certe frivolezze: come presentarsi e parlare. Davvero, al bar vedo continuamente ragazzi che approcciano al massimo usando pessime battute da ubriachi o App per conoscere persone. Sia chiaro, non ho nulla contro i nuovi modi di interagire garantiti dalle nuove tecnologie. Però bisogna saper distinguere, spesso da dietro una tastiera siamo tutti più coraggiosi, più loquaci, più aperti e, inevitabilmente, anche più propensi a spararle grosse. Per cui, conoscersi si, ma non scambiarsi foto private prima di essersi visti nel mondo reale un paio di volte!
-Piacere Emma- rispondo con un cenno.
-Era da un po' che non ti vedevo. Sei stata in Erasmus?- Spero di aver mascherato lo stupore, questo ragazzo mi ha notata?
-No, sono in fase tesi e molto lavoro lo svolgo da casa.- rispondo ancora poco convinta. Una parte di me pensa che questo tizio mi stia prendendo in giro.
-Figo. Io devo fare ancora un paio di esami.- spiega.
-Uh, di che anno hai detto che sei?- chiedo.
-Quello dopo il tuo ma mi sono bloccato sulle bestie nere.- il suo sorriso è imbarazzato ma mette in mostra dei denti bianchi perfetti. Occhi chiari, dalla cuffia spuntano dei capelli castani, forse è addirittura biondo. Ci penso, mi sforzo ma di questo ragazzo non mi viene in mente nulla.
-Quali di preciso?- la domanda può sembrare invadente ma tra studenti disperati del medesimo corso di laurea è lecita. Il ragazzo infatti non si offende e con lo stesso sorriso mi spiega che la bestia nera ha il nome di Geologia.
-Se vuoi posso passarti i miei appunti. Credo che quello sia uno dei pochi casi in cui ho rimesso in bella copia tutto quello che avevo.-
L'offerta è sincera, sono fermamente convinta che la chiave per la sopravvivenza dell'umanità risieda nel reciproco aiuto tra disperati. Nel mio piccolo ho sempre cercato di tener fede a questo principio. Sebastian, che irrazionalmente mi fa pensare al granchio della Sirenetta, sorride. Ci scambiamo i numeri mentre il treno annuncia il suo arrivo in stazione.
-Allora Seb, ci sentiamo.- lo saluto.
-Veramente salgo anche io su questo treno.- ed ecco di nuovo quel sorriso imbarazzato. Deve essersi reso conto che, pur avendo preso lo stesso treno per almeno quattro anni, io non ho mai notato la sua presenza. E così mi capita in un venerdì qualsiasi di ritrovarmi seduta su un treno a parlare con un ragazzo carino del più e del meno. Scopro che scende a Passignano una fermata dopo la mia e che abbiamo frequentato un paio di corsi insieme.
-Scusa davvero, ma sinceramente non ti ho mai notato.- ammetto infine.
-Meglio tardi che mai Emma.- sorride cambiando atteggiamento. Il suo sorriso è più convinto, più sfacciato. - Sei single adesso vero? -.
Ma che diavolo....
-Sei uno stalker vero?- Rispondo a tono.
-Adesso perché uno frequenta un po' Facebook e ne trae pubbliche informazioni è uno stalker? -Chiede divertito sporgendosi verso di me. Ha un buon profumo. Complimenti a chiunque gli scelga il dopobarba, fa il suo dovere.
- Si!! - rido cercando di mettere un po' di distanza tra me e lui. In verità non so bene se essere offesa, o lusingata. Propendo per la seconda ma non mi sento comunque a mio agio. Non sono abituata a certe interazioni con sconosciuti. Solo Jack era immune dall'aria intimidatoria di Leonardo. Nel corso del tempo Leo ha provveduto a fare terra bruciata attorno a me per questo non ho mai avuto certe manifestazioni di interesse. All'inizio di ogni anno di università Leo provvedeva ad accompagnarmi in dipartimento col palese atteggiamento del maschio alfa che marca il territorio e lo stesso atteggiamento veniva riservato per ogni festa a cui avevo partecipato in cinque anni. Ero una proprietà privata. Per questo non sono preparata a reagire a certe iniziative.
-Non offenderti, ma adesso che sei single potremmo uscire una volta. Che ne dici ? - propone candidamente. Perché in effetti non c'è davvero nulla di male in due ragazzi che si conoscono in maniera normale e decidono di uscire insieme per divertirsi. Niente di strano. Allora perché mi sento così a disagio? Probabilmente il segno che mi porto dentro è indelebile e se lo si guarda bene c'è scritto proprio "Proprietà di Leonardo Buti"; cancellarlo o ignorarlo non è semplice. Due settimane fa credevo di essere sulla buona strada ma poi ecco che è ricomparso ed è stato quasi come se non se ne fosse mai andato. Una parte di me vorrebbe dire si a questo ragazzo, vorrebbe sperimentare la spensieratezza di un appuntamento casuale, l'eccitazione di un attimo di estrema libertà dove tutto e niente può accadere. Ma Leonardo mi ama ancora, ho detto lui che non volevo nessuno e adesso sto qui a rimuginare su un tizio che non mi fa nessun effetto se non la curiosità di fare qualcosa di diverso?
-Emma devi scendere. - mi ricorda il mio interlocutore. Mi riscuoto dalla parentesi introspettiva, che sarebbe più corretto chiamare imbambolamento, e schizzo in piedi per non restare sul treno. Scendo e mi volto verso il vagone dove un Sebastian sorridente mi saluta e fa segno di sentirci al telefono. Annuisco e il suo sorriso si allarga mentre il treno riparte.
Assurdo. È dannatamente assurdo che mi sia inceppata a farmi questo tipo di seghe mentali, io che mi sono sempre vantata di non essere la tipica ragazza complessata. Evidentemente mentivo a me stessa. Mentre mi deprimo per il mio banale stato emotivo il cellulare nella mia tasca vibra, è Sebastian:
<Fammi sapere cosa rispondi>
Cosa rispondo?
<Scusami, non sono ancora pronta.> La verità.
<Non era una proposta di matrimonio Emma... Possiamo divertirci> e dopo qualche secondo arriva una fotografia. Sono arrivata alla mia macchina e ho in mano le chiavi. Per fortuna mi cadono quelle e non il telefono. Seb mi ha appena inviato la foto del suo pene!
Oh
Porca
Merda
Non dovrei guardare, è una cosa così squallida. Offensiva pure!
Però sembra un bel pene non c'è che dire...
Ok, solo una sbirciatina.
Sembra di dimensioni soddisfacenti, ben proporzionato. Si intravedono le creste iliache e gli addominali scolpiti. Persino il gioco di luci e ombre valorizza l'immagine nel complesso.
Mi tocca ammettere che è proprio una bella foto.
Il clacson di una macchina che non passava per via del mio sportello aperto mi fa saltare per aria e con me anche il telefono che precipita sull'asfalto bagnato. Cade con lo schermo verso l'altro e il buio della notte fa risaltare ancora di più la foto aperta sullo schermo. Un'altra strombazzata del conducente impaziente e chiudo lo sportello così che possa passare. Osservo la lunga e ingombrante BMW che mi supera sgommando e mi trattengo dal mostrare il dito medio al conducente, un uomo sulla cinquantina con in macchina quella che spero sia sua figlia e non la sua fidanzata ventenne.
-Maleducato- borbotto.
"Troia" il labiale del tizio.
Ma quanto sono odiosi gli insulti degli uomini? Cosa c'entra "troia" in questo contesto? "Stronza" è accettabile ma "Troia" o "puttana" no! Non stavo mica compiendo atti osceni. Anche se...
L'occhio cade di nuovo sul soggetto della foto che illumina lo schermo. Prendo in mano il telefono, tolgo la sporcizia rimasta appiccicata e noto che dopo la foto il caro, per niente riservato, Seb ha scritto altri messaggi.
<Allora? Non ti viene voglia di conoscere il mio amico? >
Seguito da molte faccine che fanno l'occhiolino. Rido. Rido, perché la risposta che mi è appena venuta in mente è geniale.
<Ero certa che quel pene fosse di un tuo amico e non tuo... >
<Troia>
Appunto. Dopotutto c'è un motivo se il mio intuito ha evitato che notassi questo tizio per quattro anni consecutivi. Chiudo lo sportello e parto, diretta verso un vero uomo d'altri tempi: Nonno Damiano.

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