Cap 20

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Una ventata gelida mi fa rabbrividire. Ok, non è proprio la temperatura giusta per un giro in moto. Ma non è questo il tema, il tema è Leonardo che raggiunge nuovi livelli di sexy-tudine come possessore sano di moto. Avete presente vero? Un bel ragazzo con addosso una giacca aderente che mette in risalto le spalle larghe, seduto su un poderoso destriero meccanico emblema del cavaliere in una favola moderna ma anche simbolo di potenza e trasgressione….? Pericoloso ed eccitante. Ho già l’acquolina in bocca e ancora non l’ho nemmeno visto.
Leonardo ne ha sempre parlato ma non aveva mai avuto il coraggio di andare fino in fondo.
Mi scorta fino all’angolo della strada e mi presenta la sua secondogenita.
-Eccola, che te ne pare?- Chiede con un sorriso a trentadue denti che non ammette minori livelli di entusiasmo. Osservo l’enorme motocicletta con sguardo ammirato ma poco fiducioso.

-È grande… - incrocio le braccia indecisa sul da farsi.
Qual è il bon ton per la presentazione di una moto? Devo toccarla? Salirci sopra? Fare qualche complimento particolare? Leo non mi fornisce nessun indizio.

-Grande bella, o troppo grande? –

Chiede facendo il giro e accarezzando il dorso della moto.

-B-bella… - le giro anche io attorno e la guardo meglio.
Ha un grosso faro ovale con una sbarra al centro con scritto Ducati, il manubrio è grande e come cruscotto ha uno schermo che si illumina di rosso quando Leonardo infila la chiave. Sale sulla moto e toglie il cavalletto.
È anche più bello di quello che mi ero immaginata. Ora capisco cosa intendeva mia sorella quando ha parlato di mettere in campo tutto repertorio. Anche volessi resistergli, oggi non penso che potrei.

-Qui c’è il serbatoio- spiega appoggiando la mano sopra alla parte nera che stringe tra le gambe.
Anche qui, su ogni componente troneggia la scritta Ducati.

-Diavel… - leggo il nome ad alta voce.
Più la guardo e più mi piace. Inizialmente mi sembrava compositivamente sbilanciata; con la parte anteriore molto più pesante in termini di dimensioni rispetto al retro. Il motore che sbuca dal telaio sotto al serbatoio promette potenza; è così grosso che sembra quello di un’auto. Quando Leonardo l’accende il basso rombo conferma la mia ipotesi, questa moto non ha solo un accattivante design ma va anche forte. Quando gira la manopola della mano destra, del gas, la voce del motore si fa più forte e il sorriso di Leo si allarga di conseguenza. Conosco quel sorriso, non promette nulla di buono, o quantomeno, di sicuro.
La parte dietro della moto sale verso l’alto, assomiglia alla coda di uno scorpione. La sella del passeggero - che poi sarei io- è minuscola, pare solo uno scalino largo trenta, massimo quaranta centimetri. Sotto la coda un enorme gomma. Aggrotto la fronte, questa gomma è troppo larga.

-Non preoccuparti funziona come tutte le altre moto anche se è più larga.-

La mia faccia è perfettamente leggibile a quanto pare. Le nozioni di fisica che aleggiano nella mia testa non mi tranquillizzano, quella gomma è grande più di quella della mia macchina. Come diavolo fa a piegare per girare?

-Sei sicuro? – la titubanza nella mia voce la dice lunga su quanto io sia convinta di salire su questa cosa.

-Ti fidi di me? – Chiede.

Mando giù il timore insieme ad un po’ di emozione dovuta alla domanda. Vuol dire tutto e vuol dire niente, ma la risposta è la solita:

-Sempre-

Sorride e da gas ancora.

-Metti il casco e sali- la sua allegria è contagiosa e allora ogni altra cosa svanisce: il freddo, il tipo di casco,  la paura; non esiste più nulla se non la voglia di divertirmi con Leonardo come un tempo.

Mi porge un casco nero uguale a quello che ha appena indossato lui. Infilo la testa nel casco e inizio a litigare con l’allacciatura.

-Vuoi una mano ? –

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