04. Bitter love

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«Dio teme che il Male abbia fatto ritorno sulla terra» la voce di Uriel interruppe il ridondante silenzio che gravava fra noi, mentre sedevamo al tavolo di un cafè in centro città

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«Dio teme che il Male abbia fatto ritorno sulla terra» la voce di Uriel interruppe il ridondante silenzio che gravava fra noi, mentre sedevamo al tavolo di un cafè in centro città. L'uno di fronte all'altra, ci osservavamo in modo serioso, lui i gomiti poggiati sulla superficie in metallo e io scossa da un leggero tremore.

Non vedevo il mio vecchio amico Uriel da tanto, tanto tempo, e nell'ultima mezz'ora era già stato in grado di farmi uno dei doni più preziosi che – ora ch'ero bloccata nel mondo mortale – qualcuno avrebbe potuto concedermi: la concretezza fisica. Grazie alla sua natura di Arcangelo, difatti, ci aveva permesso di assumere un corpo vero e proprio, e per la prima volta dopo quella che m'era parsa un'eternità avevo sentito nuovamente i crampi della fame, il bisogno di mettere del cibo sotto ai denti e di scaldare la gola con qualche bevanda.

«Come guardiano della Luce Michael sarà mandato a intervenire, perché l'Equilibrio, come ben sai, non può essere disturbato» continuò.

«S-solo Michael?» gracchiai, udendo per la prima volta dopo due anni e mezzo la mia voce. Data la solitudine a cui ero stata abbandonata, con l'unica compagnia quella del corvo che mi era stato inviato dagli Inferi, parlare sarebbe stato un atto inutile, privo di scopo, ed ero sorpresa che – ora che avevo un pretesto per farlo – le mie corde vocali fossero ancora funzionanti. Ma dopotutto, e avevo faticato a ricordarlo, io non ero umana, ero qualcosa di superiore. Non sottostavo alle regole del mondo mortale.

«Dio vuole proteggere gli uomini che ancora credono in lui, coloro che ancora sanno amare, ma scendere sulla terra ha un prezzo anche per noi arcangeli, Beth. Michael è il migliore fra noi, il più forte. Non sorprenderti se sarà lui a giungere qui.»

Fu arduo, per me, trattenere l'impulso che attraversò le mie membra nel momento in cui compresi che Uriel non stava scherzando. Dio aveva davvero intenzione di far scendere Michael nel mondo terreno, per scovare il Male e distruggerlo una volta per tutte – ed è inutile sottolineare come, secondo Lui, il Male non fosse più, almeno non completamente, il mio Padrone.

«Sa che sono qui?» sussurrai, sbarrando gli occhi, mentre sotto al tavolo mi torturavo le mani e affondavo le unghie nella carne molle del mio palmo.

Da una parte ero entusiasta che Dio avesse scelto di assegnare proprio a Michael quella missione, perché in tal modo avrei avuto la chance di potergli parlare, avrei potuto averlo di nuovo di fronte a me e carezzare il suo bellissimo volto... ma dall'altra sapevo di non doverne gioire: Lui non era uno stolto, sapeva quel che faceva, e se aveva deciso di inviare il suo figlio prediletto, quello che a suo parere io avevo provato a corrompere, doveva esserci una motivazione ben precisa.

Michael era un predicatore, aveva viaggiato di costa in costa portando l'abbraccio di Dio, molti secoli or sono, quando suo Padre era stato una creatura dal cuore puro; il mio Michael era la perfetta unione fra perfezione e passione, dall'animo buono, preoccupato per i deboli e deciso a spargere luce e amore fra le vie delle tenebre. E aveva visto qualcosa dentro di me, prima che la stessa tenebra che combatteva ogni giorno mi avvolgesse e io cadessi dalle sponde del Paradiso. Mi avrebbe amata ancora, se mi avesse visto ora? Ormai ero una tale peccatrice, formata dal fuoco, eppure continuava a esserci qualcosa – nella sua gloria – che ero convinta sarebbe stato in grado di ricondurmi sulla giusta strada.

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