L'attenzione nei miei confronti durante i momenti dei pasti si fece più minuziosa ed evidente. Provai a dire diverse volte che non era il caso di starmi così addosso e che un semplice 'è sufficiente quello che hai mangiato?' o 'come ti senti?' o ancora 'ci sono delle altre patate, ne vuoi?' non era abbastanza per farmi guarire. Tentai di spiegare che forse la soluzione migliore in quei frangenti era parlare di altro, di chiacchierare con leggerezza e rendere il pranzo e la cena degli incontri conviviali, più che degli scenari di attrito.
Non sapevano cosa fare e avrei voluto capirli. Eravamo tutti imbarazzati e ci furono occasioni in cui mi odiai per aver detto loro la mia verità. Sarebbe stato meglio per ognuno di noi continuare a fingere e nasconderci come avevamo sempre fatto, piuttosto che sopportare quello strazio che aleggiava in casa.
Mia madre cominciò a consultare siti internet di varia attendibilità. Ogni volta cercava di non farsi accorgere, ma per me era palese e quanto mai prevedibile. Non era la persona più capace al computer e stranamente proprio in quei giorni aveva chiesto ad Erik qualche informazione qua e là su come si accendesse, come si entrasse in internet e come fare una ricerca. Ecco, non ci voleva molto a fare due più due, anche se si affrettava a chiudere lo schermo quando mi vedeva attraversare la stanza.
Una volta tentò persino di abbracciarmi prima di andare a dormire.
L'ultima volta che ricordavo l'avesse fatto avevo quattro o cinque anni. Mi ero rotta un braccio a causa di una caduta accidentale mentre giocavamo nel quartiere. Mi aveva abbracciata spaventata, ma subito dopo mi aveva chiesto di camminare fino alla macchina per portarmi in ospedale. Io urlante di dolore, confusa in un pianto disperato, dovevo camminare fino alla macchina.
La storia dell'abbraccio, ero sicura che l'avesse letta in qualche forum, magari uno di quelli in cui provavano a spiegare troppo sinteticamente che una delle cause dello sviluppo dei disturbi dell'alimentazione è la mancanza d'amore.
Sì è vero, l'amore forse è una parola chiave. Ma è amore sotto tanti punti di vista, uno fra tutti e probabilmente il più importante è l'arte di imparare ad amare se stessi, per ciò che si è e per come lo si è. Per giungere a questo è necessario conoscere quanto siamo speciali. Ma se nessuno ce ne ha mai dato prova ed evidenza, allora bisogna incontrare qualcun altro che ci permetta di aprire gli occhi. Ad ogni modo a mia madre non era chiaro che non ci si poteva improvvisare figure accudenti amorevoli se fino ad allora si era stato tanto altro.
Era passata una settimana dalla mia rivelazione. Nessuno aveva osato risollevare concretamente l'argomento della mia richiesta. Temevo che stessero cercando di temporeggiare o, peggio, di 'fare da soli', come se la situazione potesse mutare senza l'aiuto di esperti.
Mi trovai nuovamente a dover tirar fuori le grinfie e a smuovere le acque. Ero solo un'adolescente, ma a volte avevo l'impressione di dover fare io la parte dell'adulta.
Eravamo a pranzo. Fuori c'era una splendida giornata di sole. Non troppo calda ma decisamente piacevole.
«Riguardo a ciò che ci siamo detti sabato scorso, avete deciso qualcosa?» Iniziai.
Mio padre tra un boccone e l'altro rispose con un tono che suggeriva il poco peso che avevano dato alla mia esigenza.
«No, non abbiamo deciso. Io e la mamma non ne abbiamo ancora parlato in maniera approfondita.»
Mi infuriai all'istante e gettai sonoramente la forchetta, già bloccata a mezz'aria, nel piatto.
«Cosa?» La mia voce si elevò di qualche ottava.
Mio padre mi fece la cortesia di alzare lo sguardo dal pasto e guardarmi in faccia.
«Abbiamo bisogno di tempo, Alice.» Disse con tono perentorio. «Non è semplice per noi accettare una cosa del genere.»
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Permettimi di starti accanto
Romanzi rosa / ChickLitAlice. Semplice ragazza ma dai grandi progetti. Vuole diventare medico ed è molto determinata a raggiungere il suo obiettivo, tanto che aldilà dello studio, l'unica distrazione che si concede sono le prove con la band. Ma è proprio qui che si imbatt...