CAPITOLO QUATTRO

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Passandosi la lingua tra il labbro superiore ed il labbro inferiore, Patrick incideva piccoli e profondi tagli sulle ultime mosche uccise. In un barattolo teneva chiuse delle farfalle ancora vive. Dopo le mosche, la vivisezione sarebbe toccata a loro. Proprio in quel momento, la signora Hockstetter interruppe l'attività del figlio richiamando la sua attenzione, bussando prima alla porta e poi aprendola per entrare. Prima che la madre potesse vedere le mosche morte sulla scrivania del figlio, questi le nascose velocemente e maldestramente sotto un fazzoletto lì poggiato.

‹‹Perché bussi alla porta della stanza e poi entri senza nemmeno chiedere se puoi farlo?››, osservò Patrick, stizzito.

‹‹Perché è prima di tutto casa mia, poi ci sei anche tu. Sono qui per dirti che abbiamo ricevuto di nuovo una telefonata dalla scuola e ci hanno comunicato nuovamente delle tue burle con insetti morti che mostri alle tue compagne. Lo sai che è disgustoso? Quando la smetterai?››

Patrick non rispose, guardava la madre contrariato da quanto stesse dicendo. "Questa è casa mia, poi ci sei anche tu", quell'affermazione era stata la più fastidiosa da sentire per lui. Sbatté le palpebre come a ritornare nuovamente su questo mondo, prima di rigirarsi verso la scrivania per concentrarsi nuovamente su ciò che stava facendo.

‹‹Fai sparire quegli insetti e libera quelle povere bestiole che tieni nel barattolo.››

Chiusasi la porta alle spalle, Patrick batté un pugno sulla scrivania, facendo sobbalzare e sparpagliare le mosche ovunque. Alcune anche a terra, e a terra cadde anche lo stesso barattolo di vetro in cui teneva le farfalle. Rottosi, le farfalle si liberarono, iniziando a svolazzare per tutta la stanza. La finestra era aperta e questo permise loro di poter volare via. Gli occhi del ragazzo seguirono la traiettoria degli insetti che si allontanavano con il loro leggero battito d'ali, quasi a sembragli surreali. Era incredibile come certe creature fossero capaci di farsi guardare nella loro estrema semplicità e nella stessa di poter catturare quel particolare che accendesse in lui un po' di curiosità verso di esse. Tra tutti gli esseri catturati, le farfalle non erano presenti fino ad allora. Roba da femminucce.

Tra un fischiettio e l'altro, alternati da una sghignazzata, Patrick si era recato nel campo in cui conservava gli insetti uccisi all'interno di un vecchio e arrugginito frigorifero lì abbandonato. Dopo aver canticchiato qualcosa, con parole incomprensibili, aprì lo sportello del frigorifero per poi riporvi gli insetti uccisi. Solitamente ci nascondeva degli animali ancora vivi per farli morire asfissiati. Quando richiuse lo sportello, si ritrovò Henry affianco con un'espressione tutt'altro che felice di vederlo.

‹‹Bowers!››

‹‹Ti avevo detto di presentarti alle quattro in punto!››

Henry tirò un pugno in faccia al ragazzo, colpendolo dritto tra lo zigomo e la guancia. Il colpo venne incassato pienamente da Patrick, che a sua volta, dopo essersi toccato la guancia e aver realizzato il dolore, rispose con un pugno tirato dritto alla bocca dello stomaco. Ma Henry non era come quelle "checche" dei Perdenti, non si piegò su sé stesso. Al contrario, spinse Patrick a terra e gli si posizionò sopra a cavalcioni, intento a tirargli un altro pugno, ma Patrick riuscì a bloccargli entrambe le mani, facendo pressione per opporre resistenza. Gli rise in faccia, beccandosi da Henry uno sputo sul viso per risposta.

‹‹Non male.››, commentò divertito Patrick.

‹‹L'unica cosa che ti farà male saranno i pugni che prenderai da me! Ti faccio sparire quel cazzo di sorriso idiota dalla faccia!››

‹‹Sei carina quando ti arrabbi.›› replicò Patrick, scoppiando in una sonora risata di scherno. Bowers avrebbe potuto rimandarlo a casa con un occhio pesto o addirittura con tutti e due, ma Hockstetter avrebbe continuato a sfoggiare il suo solito atteggiamento strafottente. Henry stringeva rabbioso i pugni, una rabbia che gli si poteva leggere in faccia. Il giorno prima, per non dire come tutti gli altri, suo padre lo aveva nuovamente flagellato a colpi di cinghia. Quella bestia. Soltanto perché era rientrato con più di mezz'ora di ritardo per il pranzo e di conseguenza di non averlo nemmeno mangiato tutto. Ed ora quel deficiente di Hockstetter osava replicare con immensa sfacciataggine all'ira del compagno. Alla fine Bowers strattonò i pugni verso il basso, liberandosi così dalla presa dell'altro, tirandogliene un ultimo di nuovo in faccia, prima di rialzarsi. Respirava affannosamente, senza distogliere lo sguardo da quell'imbecille. Patrick rimase steso tra l'erba lievemente ingiallita e con un sorriso stampato sulla faccia.

‹‹Alzati idiota!›› esclamò rabbiosamente Henry.

‹‹Dai mammina, solo altri cinque minuti...››

Henry avrebbe voluto tirargli un calcio dritto sui denti, ma come faceva a non essere un attimo serio? Soprattutto di fronte ad una persona che già ribolliva di rabbia, di quella pronta ad esplodere come una bomba innescata. Poi si aggiungevano quei commenti così cretini che non lo facevano ridere neanche un po'. E pensare che il problema non si presentava soltanto in contesti come questo. Patrick non prendeva mai niente seriamente, niente di quello che gli veniva detto di fare o di non fare. Henry era consapevole di essere una testa calda, ma Patrick superava davvero ogni limite. Persino un pacifista avrebbe perso la pazienza con lui.

‹‹Henry!››

Qualcuno aveva urlato il suo nome, lo stavano chiamando. Quando Henry volse lo sguardo davanti a sé vide Victor avanzare insieme a Reginald.

‹‹Che succede Vic?››

‹‹Ci mettevi troppo, temevamo fosse successo qual-co-sa...››

L'ultima parola venne scandita in sillabe da Vic, i cui occhi scuri cercavano di farsi spazio tra i sottili ciuffi biondi che gli coprivano parte della fronte, per capire cosa fosse coperto dalle alte e frastagliate erbacce gialle. Rimase alquanto perplesso nel vedere lì steso Patrick. Volse poi lo sguardo ad Henry, notando sia qualche ferita sia le gocce di sudore che gli percorrevano la fronte e giù lungo il viso. Henry alzò appena le spalle, a braccia allargate, come a voler accennare ad un "se l'è cercata". Patrick sollevò appena la testa, guardando prima Vic e poi Henry.

‹‹Lasciamelo dire Henry, ma lui non è carino quanto te.››

L'ormai nota e conseguente risatina però venne tempestivamente oppressa da Henry, che diede un calcio sotto al mento di Patrick. Vic si limitò ad alzare appena un sopracciglio, guardando Henry con un'espressione leggermente turbata.

‹‹Giuro che se apre di nuovo quella cazzo di fogna lo uccido. Capito Hockstetter?! Ti conviene non fare il buffone con me se domattina non vuoi risvegliarti freddo!››

‹‹Beh, almeno non mi lamenterei più del caldo.››

Henry era pronto a tirargli un altro calcio, ma venne bloccato da Victor.

‹‹Henry non dargli retta. Dobbiamo risalire, Belch ci aspetta.›› disse Vic, trattenendo con fatica il corpo di Bowers, fremente di rabbia ‹‹Hockstetter vedi portare il tuo culo su da noi, se non vuoi essere abbandonato qui.›› proseguì con tono più serio. Patrick si rialzò in piedi, camminando piuttosto seccato della situazione. Provocare Bowers era una cosa che lo divertiva, ma prendere ordini da altri non era affatto da lui.

"Nessuno mi dà ordini, sfigati. Ricordatevelo. Nessuno all'infuori di me stesso!"


IT - The Bowers gang (2017)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora