CAPITOLO NOVE

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La porta non c'era e nemmeno le finestre dai vetri colorati. Non si erano immaginati proprio nulla di tutto quello che avevano visto il giorno prima, eppure l'avevano sperimentato essi stessi. Henry e Patrick si guardarono con aria interrogativa, l'uno che dubitava dell'altro. Perché? Perché per entrambi l'altro stava mentendo su qualcosa.

Se Henry era sicuro di non essersi inventato nulla di quanto accaduto tra il pomeriggio del giorno prima e quella stessa notte, Patrick non riusciva a venir fuori dal suo raggio di convinzione che tutto ciò che aveva visto e sentito non era reale. Non poteva esserlo. Ma lui come Henry aveva sperimentato quel momento, come il compagno era stato in quel locale e con loro si era seduto, aveva anche lui visto l'uomo dalla folta barba color pece. Contrariamente al compagno non aveva avuto alcuna strana visione di notte, anche se non aveva chiuso occhio.

‹‹Stare qui a guardare il muro non ci aiuta a niente, Patrick.›› commentò Henry, mentre fumava una sigaretta.

Patrick lasciava scorrere le dita della mano sulla parete, socchiudendo gli occhi di tanto in tanto, inalando aria. Il suo modo di esaminare il muro era simile a quello di un critico d'arte intento a percepire con tutti e cinque i sensi un quadro, a sentire che era vero, che c'era, che il materiale era qualcosa di lavorato e finito. Così era quel muro, esisteva, c'era.

‹‹Patrick, ti vuoi levare da quel cazzo di muro?! Non voglio passare la mattinata qui!››

‹‹Te ne puoi andare se vuoi.››

Henry sbatté le palpebre, inclinando leggermente la testa di lato e guardando il ragazzo con aria contrariata.

‹‹Ti ho chiamato per un motivo!››

Patrick si girò verso di lui, lentamente, mostrandosi tediato.

‹‹Ora che me lo hai detto, puoi anche andare. Tanto prima delle dieci e mezzo Victor e Belch non saranno qui. Va a prenderti qualcosa Henry, anzi vai a casa e dormi.››

‹‹Chi se ne frega di quei due! E in quanto a me e al mio stato di sonno, fatti gli affari tuoi!››

‹‹Il mio era un consiglio, sei in uno stato pietoso.››

Henry non ribatté in alcun modo, perché era vero quanto appena detto da Patrick. Era in uno stato davvero pietoso.

Si fecero le nove e un quarto della sera, Patrick era già rientrato a casa. Non aveva cenato. Era schizzato direttamente in camera sua, impegnandosi nel riporre le mosche del pomeriggio prima nel suo astuccio. La porta della sua stanza rimase aperta, sul ciglio c'era sua madre ancora incredula delle parole dette dal figlio quella stessa mattina. Osservava Patrick in silenzio, lavorare alla conservazione di quelle povere bestie. Patrick sapeva che sua madre era lì e lo guardava, ma volutamente ignorava la sua presenza, dato che gli era totalmente indifferente. Ormai i suoi sapevano delle mosche, ma non sapevano del vecchio Amana arrugginito giù alla discarica. Erano quasi le dieci. La signora Hockstetter abbandonò la stanza del figlio, dirigendosi verso la propria per andare a dormire. Si augurò che Patrick facesse lo stesso, dato che la notte prima non ebbe chiuso occhio. A farglielo sapere erano le sue sghignazzate. E allo stesso modo avrebbe voluto sapere cos'aveva il figlio da ridere così tanto. Dopo la morte di Avery, i signori Hockstetter non vivevano più in un clima sereno. A dirla tutta non avevano mai vissuto in un ambiente felice. In quella casa il gelo regnava sovrano, sembrava un inverno lungo e infinito. In quello stesso gelo, Patrick lasciava che la sua deviata immaginazione facesse prendere forma e vita alle sue più diaboliche pensate, il tutto per il solo gusto di compiacersi.

Ma quella sera quel gelo venne spezzato da una serpeggiante angoscia che inquietava il giovane ragazzo.

Pian piano girò la testa, volgendo lo sguardo verso la porta semi-aperta. Il corridoio era illuminato da una sola lampada lasciata accesa. Con la stessa lentezza si alzò dalla sedia, aprì la porta di scatto, ma dietro di essa non v'era nessuno. S'incamminò nel corridoio, perlustrandolo per bene e guardandosi attorno. Nulla.

D'un tratto la sua attenzione si concentrò su quello che le sue orecchie udivano come il pianto di un neonato. Più si avvicinava alla porta della camera da letto dei suoi genitori e più il pianto diventava forte e assordante.

"Non puoi essere ancora qui moccioso! Io ti ho tolto di mezzo molto tempo fa!" replicava tra sé e sé, nella sua mente.

Incurante che i genitori potessero dormire entrambi, spalancò la porta. La stanza era incredibilmente vuota e buia, soltanto la flebile luce della pallida luna argentea illuminava con un sottile raggio il centro della camera, ove vi era una piccola culla a dondolo con delle tendine finemente ricamate e dei fiocchetti ad ornarle.

‹‹Avery.››

Ma quando Patrick si affacciò ad essa non vi trovò nulla dentro, la culla era vuota. Si rigirò immediatamente e davanti ad egli lo spettro di una donna magra e dal viso scavato gli urlò contro, tentando successivamente di morderlo tra la spalla e il collo. Patrick la scaraventò via istintivamente e dimenandosi avanti, correndo fuori dalla stanza. Si chiuse la porta alle spalle e si precipitò al piano di sotto. Ma quella donna sembrava non volerlo proprio lasciare andare, lo inseguì giù per le scale scendendole a ragno e con rapidità.

‹‹Merda!›› urlò atterrito.

Si precipitò verso la porta d'uscita di casa, quando all'improvviso finì tra le braccia della madre che lo chiamò.

‹‹Patrick!››

Per un momento non realizzò quanto accaduto, successivamente vide e verificò che la madre era lì.

‹‹Patrick, santo cielo. Cos'è successo?››

‹‹Mamma, tu...››

‹‹Eravamo a cena da tuo zio, tesoro.››

La madre non capiva cos'avesse il figlio. Patrick l'aveva vista circa un'ora prima fissarlo sul ciglio della porta di camera sua.

‹‹A che...a che ora siete usciti?››

‹‹Forse erano circa le sette, non so. Ci siamo trattenuti più del solito effettivamente.››

Gli occhi di Patrick si sgranarono leggermente. Rimase pietrificato da quanto sentito. Se sua madre era uscita quasi due ore prima, allora chi era che lo stava fissando, fermo sul ciglio della porta?

Dunque, Bowers non si era inventato nulla. Quella ne era la conferma. 



{ Come promesso, ecco altri due capitoli! Spero la lettura sia stata piacevole, fatemi sapere cosa ne pensate! 

PER SABATO PROSSIMO: - Nuovi capitoli 

                                                   - Curiosità su Pennywise e Bill Skarsgard 

                                                                                           + 

                                                                        EXTRA A SORPRESA! 


Potrebbe trattarsi di qualsiasi cosa! Quindi continuate a seguirmi se volete sapere di cosa si tratterà!

Alla prossima! ♥

IT - The Bowers gang (2017)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora