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L'estate dei diciassette anni di Ermal ha il sapore nostalgico e agrodolce della fine dell'infanzia.

Seduto sul sedile del passeggero, una mano fuori dal finestrino per sentire il vento tra le dita mentre la macchina di sua madre viaggia sicura tra stradine ormai familiari, Ermal chiude gli occhi e lascia che i suoni e gli odori che si spargono attorno a lui accompagnino la sua decisione.

Questo sarà l'ultimo anno che passerà lì, nel paesino di mare che li accoglie da quattro anni come una seconda casa e dove sua madre, ogni estate dal loro arrivo in Italia, lavora come manager in uno degli alberghi sulla costa.

Ad aprile compirà diciotto anni: dovrà iniziare a camminare da solo, a vedere il mondo con gli occhi di un adulto e non con quelli di un ragazzino, ad esplorarlo andando oltre le pareti protette che la sua famiglia ha ricostruito faticosamente attorno a lui.

Lo ha deciso il giorno del suo diciassettesimo compleanno.

Ermal si volta verso sua madre, che ricambia il suo sguardo con un sorriso pieno e meraviglioso, brillante anche dietro gli occhiali scuri che indossa. Suo fratello dorme sul sedile posteriore, mentre la luce dorata del tardo pomeriggio fa brillare la collana che sua madre indossa e riempie l'abitacolo come una carezza.

Sospira, sentendosi quasi in colpa al pensiero di distaccarsi da lei: riporta gli occhi sulla strada per non far trasparire i propri pensieri.

Decide, almeno per ora, di non pensarci più di tanto.

Ci sono nove settimane di vacanza davanti a lui, le ultime che passerà stretto nell'abbraccio della rassicurante routine che accompagna le sue estati: e vuole godersele fino in fondo.

Vuole immergersi nella monotonia, nell'ozio e nella ripetitività dell'estate per memorizzare tutto, per avere ricordi meravigliosi da tenere stretti sul cuore nei momenti difficili. Vuole godersi l'ultimo guizzo di un'infanzia ricostruita sulle macerie del passato senza altri pensieri.

Una volta arrivati in paese e parcheggiata la Punto sul retro dell'albergo, vengono circondati dalle facce familiari dei colleghi di sua madre, degli amici di una vita tornati ancora una volta in vacanza lì.

Ci sono abbracci, baci sulle guance, strette di mano e la sensazione di ritrovare una seconda famiglia.

(Manca Pietro.

L'oggetto del desiderio di tante sue notti insonni, con i suoi occhi neri distanti e timidi che si posavano così spesso su di lui da farlo inutilmente sperare che potessero nascondere messaggi segreti da decifrare. Chissà dove sarà, si chiede Ermal sentendo una punta di nostalgia attraversargli il cuore.

C'è Stefania.

La ragazza che in una torrida notte d'agosto si è presa i suoi baci e la sua verginità, e che ora lo guarda appena e rivolge altrove i suoi sorrisi, attaccata al braccio di Matteo.

Spinge i suoi piccoli seni coperti solo dal costume contro la sua pelle; Ermal guarda la scena con uno strano misto di indifferenza, imbarazzo e fastidio.

Distoglie lo sguardo sentendosi invisibile.)

La casa dove alloggiano è la stessa da quattro anni, e ormai conserva al suo interno le loro tracce: vestiti dimenticati, qualche scritta sui muri opera di suo fratello, i segni dei poster sulle pareti della sua stanza.

Si sdraia sul suo letto e si gode il profumo delle lenzuola fresche contro la sua pelle accaldata. Si appisola per un po', cullato dal silenzio, dalle onde lontane. A Bari non c'è una pace come quella, che ti porta via con dolcezza.

C'è solo lì.

Sua madre canticchia vecchie canzoni albanesi in cucina mentre prepara la cena, come fa sempre. Ermal le da un bacio sulla guancia prima di uscire, lasciando che la donna gli accarezzi i capelli e lo chiami piccolo mio, ricambiando il suo affetto con un lungo abbraccio che lo fa tornare il bambino che si nascondeva dietro di lei quando aveva paura.

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