13.

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Ermal si sveglia all'improvviso nel bel mezzo della notte, con il petto attanagliato da un senso di panico così intenso da farlo star male di nuovo, il respiro affannato e una coltre di sudore freddo attaccata alla pelle: la testa gli gira così tanto che quasi non riesce a mettersi seduto, ma prendere un paio di respiri profondi e affondare il viso nel cotone fresco del cuscino lo aiuta a calmarsi abbastanza da riuscire ad alzarsi ed arrivare faticosamente fino al bagno.

Non accende la luce: si sente gli occhi pesanti in modo quasi doloroso, la testa che gli scoppia e il cuore che gli batte all'impazzata mentre vomita i residui della sua stupida sbronza e dei suoi incubi.

Cerca di respirare piano, di calmare il battito impazzito che gli pulsa nel petto e di schiarirsi la mente dai residui dei suoi incubi che si confondono con la realtà dietro i suoi occhi socchiusi: gli tremano le mani e non riesce a farle smettere.

Per la prima volta dopo anni ha sognato suo padre: una nuova ondata di nausea lo investe senza preavviso quando ripensa a quegli occhi freddi e privi d'affetto che aveva cercato in tutti i modi di dimenticare, ma che sembrano essere rimasti sempre lì in agguato negli angoli più oscuri della sua memoria, impossibili da cancellare, come un marchio indelebile impresso a ferro e fuoco sulla sua pelle.

Il ricordo preciso del sogno è già svanito quasi del tutto dalla sua mente, ma Ermal riesce ancora a sentire nelle orecchie il suono metallico della sua voce piena di rabbia, il peso crudele delle sue mani sul suo corpo e la sua presenza maligna che sembra ancora riempire lo spazio attorno a lui.

Lo sente lì nella stanza, fermo alle sue spalle, pronto a saltare fuori dalle tenebre che lo circondano per fargli di nuovo del male.

È la presenza di Fabrizio a farlo tornare al presente, ad allontanare i suoi incubi abbastanza da calmare il suo respiro, da farlo sentire di nuovo al sicuro.

Gli accarezza dolcemente la schiena finché Ermal non smette di tremare, gli posa un bacio tra i capelli e gli sussurra all'orecchio che va tutto bene, che non c'è nulla di cui aver paura, con quella sua voce calda, ruvida e confortante che è sempre capace di cancellare tutto il resto e lasciare solo una sensazione di calma infinita dentro di lui.

Ermal gli crede: si convince che se Fabrizio è lì accanto a lui niente e nessuno potrà fargli del male, si gode il calore delle sue mani calde e rassicuranti contro la sua schiena e il suo odore familiare nelle narici; sospira e accenna un sorriso.

Fabrizio ricambia il sorriso e gli accarezza i capelli dolcemente; Ermal chiude gli occhi quando si allontana da lui per attimo e ritorna con un asciugamano bagnato e fresco che gli passa sul viso, e si lascia andare ad un lungo sospiro di sollievo. Quando riapre gli occhi e i loro sguardi si incontrano, Ermal pensa che dovrebbe sentirsi in imbarazzo, che dovrebbe vergognarsi per questo momento di fragilità così incontrollabile e violenta da lasciarlo destabilizzato.

Invece per la prima volta in vita sua si rende conto che può mostrare il suo cuore e le sue ferite ad un altra persona senza aver paura che vengano usate contro di lui: Fabrizio lo sfiora dolcemente, come se avesse paura di romperlo, ed Ermal si abbandona tra le sue braccia sospirando contro la sua pelle.

Non c'è più bisogno di nascondersi, di fingere che l'attrazione che scorre tra loro e il desiderio di contatto che provano l'uno per l'altro non esistano: persino Fabrizio sembra aver messo da parte le bugie e la maschere che usava come muri da interporre tra sé ed Ermal per non cedere, per non dover guardare in faccia l'affetto e il desiderio che prova nei suoi confronti.

È quasi liberatorio sapere di avere sempre avuto ragione, che i suoi sentimenti per Fabrizio erano ricambiati.

Adesso riescono a toccarsi sapendo entrambi di volerlo e che continuare a negare l'evidenza non ha più senso: Ermal vorrebbe restare così per sempre, fermare il tempo e cristallizzarlo nel momento in cui le braccia di Fabrizio lo circondano.

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