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Ermal scivola lentamente in una strana routine fatta di giorni passati a tenersi impegnato con qualunque cazzata gli capiti per le mani per non pensare a Fabrizio, e di notti passate a pensare soltanto a lui, un chiodo fisso da cui non riesce a liberarsi neanche mentre dorme.

Si sente diviso a metà, come se esistessero due Ermal che si fanno la guerra dentro di lui: uno vive alla luce del sole, finge una semplice ed innocua amicizia nei confronti di Fabrizio, si convince che le sue mani sul suo corpo non significhino nulla, ignora il modo in cui i suoi occhi lo cercano sempre, lo seguono e come carezzano la sua pelle.

L'Ermal che vive di giorno se ne va in giro con i suoi amici come ha sempre fatto, fumando sigarette rubacchiate e bevendo birra disgustosa seduti tutti in spiaggia, aiuta sua madre a lavoro, e si getta a capofitto in una vita sociale vuota e insoddisfacente che lo fa sentire incredibilmente piccolo, invisibile e solo, schiacciato dal peso dei segreti che si porta dentro e che cerca a tutti i costi di nascondere a chi gli sta attorno.

Soprattutto a Fabrizio.

Non confessa a nessuno quello che gli sta succedendo dentro, perchè non può e così è costretto a cavarsela da solo, ad affrontare senza aiuto il peso del suo amore segreto. Esce con qualche ragazza solo per illudersi che quello che prova per Fabrizio non sia nulla di importante, ma non riesce ad andare oltre qualche bacio insipido.

Con Fabrizio sarebbe tutto diverso: ci sarebbe un fuoco a divorarlo, ad accendere il suo corpo.

Ma Ermal si convince di potersi accontentare di quel poco che riesce ad avere da lui, delle scampagnate in macchina, delle chiacchiere, delle passeggiate: si costringe a non desiderare nient'altro che la sua compagnia e la sua amicizia.

Quando Fabrizio gli passa le dita tra i capelli o lo tiene stretto a sé in un abbraccio improvviso, Ermal si sforza di non tremare, di non abbandonarsi a quel contatto che desidera più di ogni altra cosa, ma che è fuori dalla sua portata.

Sorride e cerca di sopravvivere.

(E poi c'è l'Ermal che vive di notte, che si agita tra le lenzuola inzuppate di sudore e non riesce a togliersi Fabrizio dalla testa neanche per un attimo. Respira l'aria bollente attorno a lui e si sente la pelle in fiamme nell'oscurità che lo circonda e sogna il corpo di Fabrizio sopra di lui, pesante, ingombrante ed incredibilmente caldo, tanto da farlo smettere di respirare.

Si masturba sotto la doccia pensando alle sue mani, al suo odore pungente di sudore e nicotina misti al profumo che indossa sempre, immagina di poter affondare le unghie nella sua schiena mentre si tiene stretto a lui, di gemere contro la sua pelle, e di lasciarsi andare cullato dal suono del suo respiro affannato e dai suoi gemiti.

Ermal si appoggia contro il marmo freddo e bagnato, singhiozza disperato mentre la sua mano si muove più velocemente tra le sue gambe per farlo venire, per liberarlo dal peso di quella passione che non riesce a sfogare in nessun altro modo se non così, da solo nel buio, mordendosi il braccio per non urlare e sentendosi disgustoso e patetico.

Spinge dentro di sé due dita ed immagina che siano quelle di Fabrizio: quando l'orgasmo lo investe in pieno vorrebbe urlare il suo nome così forte da farsi sentire anche da lui, invece di sussurrarlo sotto la doccia o contro il cuscino che morde per non fare rumore.

Si sveglia ancora più esausto, occhiaie scure sotto gli occhi e una sensazione di malessere ed inquietudine attaccata alla pelle che lo fa sentire sporco. Si vergogna di sé stesso, di essersi ridotto a questo per trovare un po' di sollievo: ma non riesce a smettere.

I suoi sogni sono pieni del corpo nudo di Fabrizio, delle sue mani, e non riesce a liberarsene.)

Fabrizio non fa nulla per rendergli le cose più facili, anzi: il modo in cui lo cerca con lo sguardo, i sorrisi e le attenzioni che rivolge solo a lui e a nessun altro sono tutte piccole pugnalate al cuore, che lo illudono crudelmente. A Fabrizio piace restare da solo con lui, gli piace toccarlo e sentirlo vicino, ma lo fa senza nessuna traccia di desiderio o di malizia, con un cameratismo innocente che gli fa più male che bene.

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