Ti ci dovrai abituare

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E' la decima volta che mi alzo dal letto per andare in bagno, per bere l'ennesimo bicchiere d'acqua, per controllare l'orario, per controllare che tutte le finestre siano chiuse.

Accendo la luce dell'abat-jour e sbuffo sedendomi sul letto, afferro il cellulare, sono le 5 del mattino ed io non ho praticamente chiuso occhio.

Non so che mi succede, è raro che io abbia problemi a dormire o a prendere sonno, nonostante il mio lavoro, nonostante spesso sia difficile tornare a casa, chiudere la porta e lasciare le emozioni, i problemi, i casini e le preoccupazioni lavorative fuori, solitamente al momento di andare a letto riesco a mettere tutto a tacere, per qualche ora per lo meno.

Questa mattina inizio ufficialmente il mio lavoro con la famiglia Serpa ed il piccolo Leonardo, sono molto emozionato, quel bimbo e quella famiglia mi sono immediatamente entrati dentro e non ne capisco sinceramente il motivo, faccio questo lavoro da qualche anno ormai e di bimbi, di famiglie, me ne sono passate diverse davanti, ma con loro ho immediatamente sentito una connessione particolare, forse sarà perché hanno davvero bisogno di una guida, forse sarà che ancora nessuno è davvero riuscito a dar loro una mano, forse sarà che la diagnosi di Leo è abbastanza recente, forse sarà che il suo papà è molto titubante, forse sarà che il suo papà mi darà del filo da torcere..

Forse sarà perché il suo papà ha due occhi neri così tanto profondi da riuscire a metterti in imbarazzo e a farmi sentire completamente disarmato.

Ma questa è un'altra storia.

Scuoto la testa per mandare via quei pensieri dalla mia testa e rassegnato dal fatto che ormai non dormirò più per questa mattina, mi infilo la tuta, accendo la musica, metto le cuffie alle orecchie ed esco di casa per andare a correre.

Quando devo schiarirmi le idee corro ed è incredibile quanto e come funziona.

La musica alle orecchie, il vento sulla faccia, il sole che inizia a sorgere, la bellezza di Roma mezzo deserta, mi da una pace impagabile, una pace che oggi mi serve tantissimo e non so nemmeno io il perché.

Quando mi sono trasferito a Roma, ho deciso di prendere un appartamento in centro, fregandomene dei prezzi alti, del traffico, delle spese extra. Ho deciso di voler godere ogni giorno dei panorami bellissimi che il centro città ti regala e oggi con il sole che cerca di sorgere , le strade quasi deserte ed il Colosseo che mi appare davanti non appena svolto l'angolo, capisco che mai scelta è stata più giusta.

Mi fermo un secondo per riprendere fiato, ma non a causa delle corsa, ma a causa di quello spettacolo bellissimo che mi trovo davanti agli occhi.

Sblocco il telefono e scatto qualche foto, poi volto la fotocamera e mi scatto un selfie con alle spalle il colosseo e un sorriso stampato sulla faccia.

Mi siedo su un muretto per cercare di riprendere fiato e per godere ancora di qualche minuto di quello spettacolo meraviglioso, quando vengo interrotto dallo squillo del mio cellulare e dal nome che appare sullo schermo che mi fa tornare immediatamente alla realtà.

Alessandro.

Sono stato insieme a lui per 10 lunghi anni, è stato l'amore della mia vita, la persona con la quale volevo costruire una vita insieme, addirittura forse una famiglia.

L'ho amato tanto anche quando non lo meritava io lo amavo forse anche di più, è stato il centro del mio mondo per tanto tempo fino a che non mi ha spezzato il cuore talmente tante volte da non riuscire più a mettere insieme i pezzi.

E' da settimane che continua a chiamarmi e a mandarmi messaggi, ogni volta mi dico che è ora che io cambi numero, esattamente come ho cambiato città senza voltarmi indietro, ma la realtà è che nonostante io non risponda mai mi manca un po' il fiato al pensiero di non leggere più le sue parole, di non vedere più comparire il suo nome sullo schermo del mio cellulare e così, continuo a vivere sospeso, con un piede dentro e uno fuori da questa situazione, aspettando di diventare un po' più coraggioso per riuscire finalmente a mettere un punto definitivo e a voltare pagina una volta per tutte.

Non appena il cellulare smette di squillare, ingoio l'ennesimo magone e riprendo a correre verso casa, velocissimo, senza sosta, più veloce di tutti i pensieri, o almeno ci provo.

Arrivo a casa che sono le 8.30 del mattino, mi infilo in doccia e solo una volta dentro inizio a respirare e a riprendere fiato.

Dopo una doccia rigenerante e una buona colazione mi trovo dopo qualche ora davanti al portone di casa Serpa, pronto ad iniziare questo nuovo percorso con il piccolo Leo e la sua famiglia.

Suono il citofono e dopo qualche secondo sento una voce che mi chiede : "Chi è?"

"Emh, sono Claudio " dico cercando di sembrare professionale e vedendo il portone davanti a me aprirsi.

Entro e mi trovo subito davanti un piccolo giardino ben tenuto e ben curato e poco dopo sento un rumore strano che pian piano si fa sempre più vicino, mi volto un attimo e vedo arrivarmi incontro un enorme cane marrone che arriva al trotto come un cavallo e con la lingua di fuori.

Sono un attimo invaso dal panico, solitamente non ho nessun problema con gli animali ma questo enorme elefante che mi viene incontro non è per niente rassicurante.

Arriva davanti a me e si ferma a pochi centimetri dai miei piedi, e mi guarda fisso negli occhi.

Io sono immobile e lo fisso anche io quando improvvisamente inizia ad abbaiarmi contro.

"Ti prego vengo in pace, non mi sbranare" gli dico forte, mettendo le mani davanti e lui in tutta risposta inizia a saltellare continuando ad abbaiare forte e cercando in ogni modo di avvicinarsi a me per odorarmi con quel suo enorme nasone.

Sento una risata, mi volto di lato in cerca d'aiuto e vedo comparire Mario con un sorriso divertito.

"Hei belvaccia stai a cuccia, ci stai spaventando lo psicologo a morte... " Dice ridendo, prendendomi per il culo e andando ad accarezzare la testa all'elefante che immediatamente si mette a pancia in su per richiedere le coccole e in quel momento sembra decisamente meno spaventoso ma ancora non ne sono certo.

"..ciao Claudio, vedo che hai conosciuto Castiel. Ti assicuro che è innocuo, è grande ma è un agnellino."

"Eh insomma, più che un agnellino mi pare un elefante ma dettagli. Buongiorno comunque."

Ride forte e butta indietro la testa, socchiudendo leggermente gli occhi e non posso far a meno di notare la sua bellezza.

"Non ti piacciono gli elefanti Claudio? " mi dice ridendo ancora.

"Non tanto, devo dire la verità." Dico un po' offeso e contrariato dalle sue prese per il culo.

"Beh a noi gli elefanti piacciono, mi sa che ti ci dovrai abituare signor psicologo, forza vieni, entriamo." Mi dice tendendo il braccio per indicarmi la direzione e farmi camminare davanti a lui.

Ci guardiamo per qualche secondo poi mi sistemo in ciuffo e gli cammino davanti.

"E comunque sono un educatore e non uno psicologo." Gli dico acido sorpassandolo senza guardarlo e sento la sua risata alle spalle che mi fa venire voglia di girarmi a dargli un pugno sullo stomaco.

"Permaloso eh." Sussurra leggermente ma assicurandosi che io possa sentire.

"Non ti immagini nemmeno quanto signor Serpa." Dico a bassa voce e a denti stretti, senza farmi sentire, varcando la soglia di casa sua.



Io e l'elefante vi salutiamo e aspettiamo i vostri commenti.

Buon Mercoledì.

A presto,

Ems.

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