Sensi di colpa

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Esco da quel bagno, cercando di guardarlo il meno possibile e solo io so quanta fatica abbia fatto a staccarmi da lui, dalle sue labbra, da quegli occhi che da settimane invadono i miei sogni.

Solo io so quanto sia stato difficile spingerlo via ed esser sembrato quasi sicuro mentre lo facevo, per non far trapelare tutta la fatica, tutto il dispiacere per quel gesto che in quel momento, dopo quel bacio, staccarmi da lui è stato come una violenza per me.

Io non lo so cosa abbia quell'uomo, non esattamente cosa mi attiri in lui, cosa mi tormenti così tanto ma da quando l'ho conosciuto dentro di me è come se sia scattato qualcosa, è come se si sia attivato un interruttore, come se si sia accesa una lampadina e che il mio corpo rischi un cortocircuito ogni qual volta me lo ritrovo accanto.

Io non so cosa ci sia in lui che mi attira come una calamita, che mi fa sfasare, che mi fa perdere il controllo e davvero non riesco a spiegarmelo perché fin dall'inizio mi ha sempre remato contro, non gli sono mai andato a genio e non sono certo di andargli a genio nemmeno ora, ogni volta che mi guarda vedo la voglia che ha di allontanarmi da lui, da suo figlio, dalla sua famiglia, come se per qualche strana ragione mi ritenesse pericoloso.

Non so niente di lui, passo ore e ore a casa sua, nel suo mondo, tra le sue cose, tra i suoi casini ma nonostante questo, le cose che so di lui si possono contare sulle dita di una mano e sono tutte cose che ho scoperto osservandolo mentre lui era distratto, sono tutte cose che ho imparato a conoscere di lui, piccolo dettagli che gli ho rubato e che custodisco segretamente.

So che beve il caffè amaro, che ama il nero anche se spesso cerca di vestirsi con altri colori.

So che è sempre in ritardo, di almeno dieci minuti e che se viene rimproverato da sempre la colpa agli altri.

So che soffre il solletico e che quando ride, butta indietro la testa e chiude leggermente gli occhi.

So che la domenica si accorcia la barba e ha un profumo bellissimo che devo ancora scoprire qual è.

So che fuma, delle volte anche troppo e che ama il cioccolato e lo mangia quando è nervoso.

So che quando è in ansia si scompiglia di continuo il ciuffo e si abbraccia da solo come se si volesse proteggere, come quasi a volersi mettere al riparo.

So queste cose e tante altre piccole cose, le ho capite involontariamente perché spesso mi trovavo a fissarlo o a notare certi suoi particolari senza nemmeno accorgermene, come se fossi perennemente attratto da lui e da ciò che fa, da come ride, da come parla, da come poggia la testa tra le mani quando è pensieroso, da come il suo viso cambia e si incupisce quando è triste o pensieroso ma oltre queste banalità, di lui io non so niente perché mi ha sempre tenuto a distanza.

Mi ha sempre tenuto a distanza fino a stasera.

Me lo sono ritrovato in quel locale, mi sono trovato i suoi occhi addosso per tutta la sera, i suoi occhi scuri e profondi che non mi hanno lasciato un attimo di pace, che non mi hanno lasciato respirare nemmeno per un secondo, che mi hanno seguito e incatenato in ogni mio movimento, che sono passati dallo stupore, alla curiosità alla gelosia folle.

O forse l'unico folle in tutta questa situazione sono io.

Inizialmente non ci volevo credere, continuavo a ripetermi che quegli sguardi erano solo nella mia testa, che quegli occhi puntati addosso erano solo frutto della mia immaginazione e che mi stavo sognando tutto, che stavo esagerando e fraintendendo tutto, poi però ho visto come mi guardava, come si agitava sulla sedia quando mi vedeva tra le braccia di Simone, che per la cronaca è solo un amico, e allora ho iniziato ad incazzarmi, ad incazzarmi seriamente.

Non aveva nessun diritto di comportarsi così con me, non aveva nessun diritto di farmi sentire sotto processo solo con la forza di uno sguardo, non aveva nessun diritto di tenere quelle due pietre nere puntate su di me per l'intera serata, non aveva nessun diritto di infastidirsi quando lo ignoravo e soprattutto non aveva nessun diritto di mandarmi segnali diretti, di leccare quella cannuccia in modo così porno da farmi stringere i pantaloni solo al pensiero di cosa potesse farmi con quella lingua, con quella bocca la'.

Adesso sono qua, in macchina che lo maledico, che mi maledico per averlo seguito in quel maledetto bagno, per averlo affrontato e per essermi infilato in questa situazione di merda.

Che cazzo pensavi di fare eh?

E' sposato con una donna, ha due figli ed era ubriaco.

Cosa credevi di poter ottenere da lui?

Una scopata in uno squallido bagno di un locale romano?

Cosa credevi di poter tirargli fuori?

Qualche confessione, qualche stupida spiegazione riguardo il suo comportamento assurdo e così irrispettoso nei confronti della sua famiglia?

NO.

E' come se ad un certo punto mi fosse mancata la terra sotto i piedi, come se all'improvviso la mia coscienza avesse iniziato a scalpitare, ad urlare di smetterla, di fuggire, di allontanarmi da lui, da quel bacio, da quelle labbra morbide, da quell'intreccio di lingue che sembravano nate per essere la, insieme, abbracciate a intrecciate tra loro, dalle nostre mani che non smettevano di cercarsi, di toccare l'altro, di volere di più, di voler sentire di più, di voler arrivare più a fondo, sempre di più.

NO.

Io non sono questo, ho dei principi, i miei genitori mi hanno sempre insegnato cosa volesse dire rispetto e la, in quel bagno, con lui, tra le sue braccia, non mi sono più riconosciuto e ora mentre guido verso casa, mi vergogno da morire, mi vergogno di averlo baciato, di averlo toccato, di averlo anche solo desiderato e non so come convivere con tutto questo, non so come riuscire a scacciare questo peso che ho sullo stomaco e sul cuore, non so come farò lunedì a presentarmi a casa loro, a guardare negli occhi sua moglie, a respirare la stessa aria che respirano i suoi figli.

Mi sento una merda e mi manca il respiro, non riesco a respirare perché il senso di colpa mi sta schiacciando, così inchiodo e mi fermo in mezzo alla strada deserta e proprio in quel momento il mio cellulare inizia a squillare facendomi letteralmente saltare dal sedile, quando leggo il suo nome sul display inizio a tremare, l'ansia mi da i brividi, leggere il suo nome mi da i brividi, pensare a ciò che è successo mi da i brividi, sapere che nonostante tutto ancora mi cerchi mi da i brividi e vorrei cliccare quel tasto verde e rispondere.

Vorrei sentire ciò che ha da dire, sentire le sue stupide scuse ma questa volta non cedo, quando non è davanti ai miei occhi tutto diventa un po' più facile e riesco a controllarmi, quindi decido di ignorarlo, di aspettare impaziente che si arrenda e che chiuda la chiamata.

Decido di essere coerente con me stesso, con i miei valori, con i miei ideali dove non c'è spazio per bugie e tradimenti ma solo io so quanto mi stia pesando questa decisione, quanta voglia avrei di rispondere a quella chiamata, di sentire la sua voce, di correre da lui, di ribaciarlo fino a perdere il fiato, fino a dimenticare anche il mio nome ed il suo ed invece chiudo gli occhi e attendo che il cellulare smetta di squillare.

Chiudo gli occhi fino a che non sono avvolto dal silenzio e dopo sono ancora brividi e sensi di colpa mischiati al sapore dell'alcool e dei suoi baci che ancora sento fino in fondo alla gola.



"..mi sembra di sentire
Il tuo ricordo che mi bussa ma io non aprirò"

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