Respirare

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Ci sono quei momenti nella vita, durante i quali metti a tacere la testa e agisci solamente con la pancia, con il cuore, sono quei momenti durante i quali per qualche millesimo di secondo non esistono paure, non esistono preoccupazioni, momenti durante i quali la tua mente sembra entrare in black out e forse davvero lo fa, si gela, entra in religioso silenzio come se qualcuno le imponesse il silenzio, la costringesse a smettere di lavorare, di parlare, di pensare, di comandarti.

Ci sono quei momenti in cui decidi di agire di pancia, di far prendere le redini della situazione al cuore anche se sai bene che può essere rischioso, che probabilmente stai facendo una cazzata, che ti potresti pentire, che potresti cadere, farti male e che poi la risalita sarà faticosa, ma nonostante questo decidi di rischiare, decidi di essere felice, senza se e senza ma, solo decidi di prenderti qualche istante per essere felice, felice davvero.

Ecco, io mi sono preso qualche istante di felicità, ho messo a tacere la mente, le paure, tutti i dubbi, tutte le cose negative, tutti i rischi e mi sono preso quel momento di felicità dove il cuore si è gettato a capofitto sulle sue labbra morbide, senza pensare più a nulla se non a vivermi quel momento la, con lui.

Ci sono quei momenti di pura felicità, di adrenalina, dove il tuo cuore prende le redini del tuo corpo e agisce per te poi però arriva il dopo, dove sei costretto a fare i conti con te stesso, con la tua coscienza, con i tuoi principi, quel dopo in cui la testa torna a comandare, inondandoti di tutto ciò che quel momento di felicità comporta.

Sono giorni che cerco di non pensarci, sono giorni che cerco un modo per dimenticare quel maledetto momento in cui ho scoperto le labbra di Mario, sono giorni che cerco di togliermi dalla mente le sue mani su di me, che cerco di dimenticare il suo profumo, il calore dei nostri corpi a contatto l'uno con l'altro, sono giorni che cerco di distrarmi in ogni modo, di fingere che non sia mai successo e invece sono giorni che sogno due occhi neri, che spero di vederlo tra la gente, che rischio un infarto ogni qual volta sento una voce simile alla sua, ogni qual volta vedo delle spalle che possono essere le sue, ogni qual volta sento addosso ad uno sconosciuto un profumo che mi ricorda anche vagamente il suo.

Sono giorni che cerco di dimenticare tutto, che mi dico che tutto ciò che è successo in realtà non ha chissà quale importanza e che posso serenamente passare oltre, poi però succede che ogni qual volta chiudo gli occhi vedo comparire il suo sorriso, i suoi occhi, le sue labbra,  e torna a prendere possesso di me la consapevolezza che quel bacio ha significato molto, forse addirittura troppo e allora riprendo a sentirmi uno schifo perché non sarebbe mai dovuto succedere.

Ho passato l'intero week end fuori casa, in giro per locali e in giro per Roma per cercare di togliermi dalla testa Mario, ma la verità è che in qualunque posto fossi, ogni qual volta mi girassi, speravo con tutto me stesso di trovarlo la, di vederlo di nuovo, di incrociare ancora il suo sguardo e so che è assurdo, perché non ha fatto altro che chiamarmi per giorni, il telefono squillava e i messaggi non smettevano di arrivare ed io ho continuato a cercarlo ovunque invano, continuando però poi ad ignorare ogni sua chiamata, ogni suo tentativo di provare a parlarmi, forse a spiegarmi. In un primo momento l'ho fatto per cercare di pulirmi la coscienza, per far fede ai miei principi e al mio essere, cercavo di fare la cosa giusta, ignorando ciò che era successo perché so bene che è sbagliato, che lui è sposato, che ha dei figli e che non sarebbe mai dovuto succedere niente tra di noi, che non ci saremo  dovuti nemmeno sfiorare, mai, nemmeno con uno sguardo, poi però la paura ha preso possesso di me, scavalcando la coscienza che ormai avevo capito sarebbe stata impossibile da ripulire.

Non ho risposto a quel maledetto telefono che non smetteva di squillare a vuoto perché avevo paura di sentire la sua voce, di sentire le sue parole, di sentire il suo pentimento. Avevo paura che una volta che avessi aperto quella chiamata, l'avrei sentito ripudiare tutto ciò che quella sera è successo tra di noi e proprio non ce l'ho fatta, posso fare i conti con la mia coscienza, con il mio senso di colpa, ma so già che crollerei a sentirlo dire "è stato un errore", quindi ho spento il cellulare fingendo che il problema non esistesse, fingendo che Mario in realtà non esista.

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