capitolo 14 la fuga

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Purtroppo per lei, tutto non era andato benissimo. Nonostante non si fosse accorta di nulla, qualcuno a sua insaputa l'aveva vista. Un uomo era in auto ad osservare tutto. Anche lui era lì per lo stesso motivo per il quale c'era Hanya. Doveva farla pagare a quella donna. L'uomo, per non destare sospetti su di lui, aveva spifferato tutto alla polizia, riprendendo la scena attraverso il cellulare, così come auto e targa. La polizia, dopo aver interrogato l'uomo, aveva abbastanza elementi per arrestare Hanya, ora dovevano solo cercarla. Non era bastato tanto, avrebbero controllato tutte le auto ché corrispondevano alla descrizione. Hanya era uscita di casa, aveva visto la volante della polizia, si era spaventata nel vedere quella macchina andare verso lei con tanto di sirene accese. Fece cadere la borsa e corse dalla parte opposta, tra vicoli stretti Delle città, nascondendosi dietro le auto cercando di seminare la polizia. Avrebbe poi preso un taxi e si sarebbe diretta ad Harlem. Li aveva una conoscenza che poteva ospitarla.
"Mi serve il tuo aiuto"
-non posso ospitarti Hanya, devi andare via, non voglio casini- .
"Mi serve una copertura, cazzo. Non puoi voltarmi le spalle adesso" disse Hanya. Era nervosa, non capiva nulla, era spaventata. C'era una pistola carica poggiata sul tavolo, Hanya la afferrò puntandola: "mi serve un cazzo di aiuto. Non mi aiuti tu, allora mi aiuto da sola" aveva premuto il grilletto, uccidendo quell'amico. Tremava, aveva fatto cadere la pistola a terra in preda a un attacco di panico. Bussarono alla porta secondaria, Hanya prese nuovamente la pistola e rimase in silenzio. Nell'attesa che chiunque ci fosse dall'altra parte se ne andò. Lei non poteva stare lì, la polizia la stava cercando e doveva andare via. Camminava avanti e indietro per la casa con le mani tra i capelli, poi le venne un idea. Decise di prendere l'auto dell'amico, e di cambiarsi i vestiti e dare meno nell'occhio. Sì era tagliata i capelli con Delle forbici, aveva indossato degli occhiali, e uscì. Doveva tornare a casa sua, doveva prendere i suoi vestiti, e fuggire. Fuggire da lì. Da quello stato che l'avrebbe punita all'ergastolo. Hanya era riuscita a seminare la polizia ma non era ancora al sicuro, non poteva stare tranquilla ancora. Era disperata, aveva perso tutto, soprattutto suo figlio. Hanya avrebbe fatto di tutto per riprendersi il figlio, ma non era ancora il momento. Ora, doveva pensare a scappare. Non aveva molti soldi, giusto qualche soldo per un biglietto aereo che l'avrebbe portata lontano dalla sua città. Arrivò a casa sua, rimanendo attenta a nn farsi vedere. Doveva fare veloce, prendere giusto qualche vestito e fuggire. Uscì di casa dopo quindici minuti, cercando una cabina telefonica dove avrebbe poi chiamato una amica.

-"sono io, Hanya! Non farmi domande ora, devi accompagnarmi all'aeroporto subito"

Agganciò la cornetta, poggiando il capo sullo strumento, in lacrime. Arrivarono a prenderla poco dopo e si diresse all'aeroporto.
Nel tragitto Kim, non disse nulla, osservava intrepidita e nel suo sapeva cosa avesse combinato Hanya. Prese una strada diversa, prendendo la curva ad alta velocità e Hanya le domandò che stesse facendo..

"Andiamo alla polizia" esclamò Kim.

Hanya rispose di no, tirò il freno e mano facendo sbandare la macchina che andò contro un auto in sosta. Scese dalla macchina e si mise a correre più veloce che poteva.

"Non posso" pensò Hanya. "Devo trovare una soluzione"..

Le servivano dei documenti falsi, dei documenti che le avrebbero permesso di partire per un altro stato, lontano da tutto. Avrebbe continuato la sua vita da ragazza di strada, ma lo avrebbe fatto per vivere, per avere soldi facili da poter mettere da parte.

Hanya, una nuova vitaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora