Ci perdiamo, quasi.
Ma dico io, chi gliel'ha data la patente?
I bigliettai sono acrobati professionisti.
.
"Però, oh. Londra è...sempre la stessa."
Mia madre fece apparire, con la bacchetta, un ombrello fatto essenzialmente di aria ma ugualmente della tipica forma degli ombrelli. Aveva iniziato a piovere, e io amavo la pioggia. Era fondamentalmente come me. Silenziosa, potente, fredda, pericolosa; arriva quanto meno te l'aspetti a rovinarti l'umore e la giornata, o nel mio caso, ha romperti un braccio o una gamba. A Londra piove sempre ma infondo non sembra far male. Piove sulle strade e bagna i passanti, e in quel momento bagnava me. Nonostante la tranquillità che recava in me la pioggia, i miei capelli erano ormai quasi tutti zuppi e ciò era fondamentalmente fastidioso. Davanti a me si diramavano le numerose vie londinesi piene di bar, centri commerciali di lusso e strani negozietti con grandi insegne rosse al neon che spiccavano da come minimo dieci chilometri. Mi stupii nel constatare che Londra, a distanza di quattro anni, era rimasta sempre la solita città umida e affollata. Anche se, infondo, era una cosa stupida stupirsi. Le città così grandi variano, ma non tanto in fretta.
"È Londra, tesoro" proferì parola mia madre, rintanata sotto l'ombrello d'aria. "È sempre un'incantevole città."
Svoltammo un vicolo e ci ritrovammo su una lunga strada nera. Era mattina presto ma ugualmente le persone più mattiniere erano in vena di passeggiare, seppure sotto la pioggia. Io e mia madre sembravamo due normalissime cittadine -per metà londinesi e per metà americane- che si facevano i fatti loro e ansiose di comperare qualcosa di caldo per riscaldarsi. L'unico problema era che mia madre era entusiasta di essere ritornata a Londra e affascinata dalla sua bellezza, mentre io non avevo nessuna voglia di restarci neppure se mi avessero pagata ma ovviamente non avevo scelta perché, guarda caso, lì dovevo viverci.
Decisi che quello era il momento giusto per porre delle domande a mamma perché ormai avevo iniziato a sentire fame e non avrei gradito molto se fossimo rimaste in strada. "Dov'è che stiamo andando, precisamente?" chiesi, tenendo il passo. "Non mi avevi detto che ci saremo smaterializzate per arrivare qui e ora, sinceramente, non voglio sorprese stravolgenti."
La donna si fermò sul ciglio della strada, mentre osservava attentamente la lunga via. "Quello che ci vuole adesso...è un mezzo di trasporto veloce che possa darci uno strappo."
Sapevo che non si trattava di un mezzo pubblico normale per il semplice fatto che, fino a quel momento, non avevamo tentato di prendere nessun taxi.
"A quale veicolo illegale ti riferisci?" sembravo un pò stupida a domandare certe cose, ma quella che viveva costantemente nella magia era lei, per cui di cose magiche se ne intendeva più mia madre che io.
"Bé, proprio illegale non è." replicò lei e nello stesso momento si sentì un rumore assordante di un clacson e, a tutta velocità, un bus bluastro sferragliante alto tre piani fece capolino da dietro un edificio. Il bus si fermò con una sgommata incredibile, lasciando segni scuri sull'asfalto bagnato, e io non riuscivo a capacitarmi del fatto se mia madre stesse scherzando o cosa. Era quello il 'mezzo veloce' che ci avrebbe trasportate? Solo a vederlo non sembrava molto...come dire...sicuro.
"Giusto in tempo." sussurrò mia madre, con un sorrisetto allegro che a mi fece preoccupare parecchio. Mi ritrovai accanto la mia valigia nera e supposi che avrei dovuto afferrarla e trasportarla a mano, infatti la donna mi invitò a seguirla. Ci avvicinammo, sotto la pioggia, al bus dai fari illuminati.
Il grande sportello di destra del bus si aprì cigolando. Ne sbucò da dentro la figura magra di un ragazzo, più o meno della mia età, il quale iniziò a parlare leggendo qualcosa su jn pezzetto di carta giallognola. "Benvenuti sul Nottetempo, mezzo di trasporto di emergenza per maghi e streghe in difficoltà. Caricate le valigie e salite a bordo, vi condurremo ovunque vogliate. Mi chiamo Michael e sarò il vostro bigliettaio per questa notte." si infilò il bigliettino in una tasca e con esso anche le mani, scrutò il paesaggio che lo circondava tirando su con il naso.
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EUPHORIA -scorose
Fiksi PenggemarDal momento in cui realizzai che Cupido aveva tutta l'intenzione di rifilarmi una delle sue stupidissime freccette nel didietro, mi sentii in dovere di prendere un lanciafiamme e scagliarglielo contro facendo un bell'arrosto di angioletto indemoniat...