La mossa vincente

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"Leila, che intendi, cosa vuol dire?"
"Erik, questa scacchiera è programmata per fare le stesse mosse di un incontro già giocato nel 1750 da Joseph Henry...IL MATTO DI LEGAN, è una delle partite più famose della storia degli scacchi. Ora devi stare attento a non cadere nella trappola iniziale del bianco."
Erik era sorpreso dall'intelligenza di Leila e non sapeva cosa avrebbe fatto senza di lei ma dentro di sé pensava:
"Ti prego, fai come prima, fai come prima." Sperando nella mossa "giusta" del nero.

"Muoviti, Isabel non reggerà ancora per molto!"
Poi successe una cosa che Erik temeva, il bianco cambiò mossa, pedone in "f3."
"Leila, cosa succede? Non sta ripetendo le mosse di prima, qualcosa è cambiato."
"Ne ero convinta, com' è possibile? Però perché il bianco dovrebbe aprire in "f3"? È una mossa da imbecilli."
"Non ne ho la minima idea ma...aspetta, cosa hai detto?"
"Perché avrebbe dovuto aprire in "f3." Disse dubbiosa, non capendo l'intenzione di Erik.

"Sì, ma non quello, la frase dopo."
"Che è una mossa da imbecillì aprire lasciando scoperto il re."
"Ma certo, aspetta...come si chiamava?" La vena in testa gli pulsava quasi a voler uscire.
"Di che stai parlando Erik?"
"Quando giocavo con mio padre a scacchi perdevo sempre. Dato che però mi scoraggiavo subito lui mi faceva vincere."
"E come dovrebbe aiutarci questo?"

"Quella partita, quella mossa, si chiamava..,IL MATTO DELL' IMBECILLE ."
"Cosa? Stai dicendo che è quella partita?" Chiese incredula.
Erik non rispose con le parole, ma con il semplice gesto di pedone in "e5."
Isabel stava tremando e la vita la stava abbandonando.
Erik era sempre più agitato, finché scoprì che aveva ragione, il bianco spostò il pedone in "g4".
"Presto!!!" Gridò a squarciagola Leila.

Come un fulmine Erik diresse la mano verso la torre e la spostò in "h4" poi pronunciò due parole che mai aveva voluto sentire e dire così tanto:
"SCACCO MATTO."
Si alzò velocemente dalla sedia e si diresse da Isabel:
"Ehi Isabel, stai bene?"

Piano piano la pelle rugosa e raggrinzita che aveva tornò giovane, i capelli si ritinsero di quel biondo lucente inteso che si ritrovava, mentre quelle bellissime labbra ripresero a "vivere" come prima.
Gli occhi si aprirono:
"Ehi ragazzi, abbiamo vinto?" Disse con un sorriso che fece tornare tutti di buon umore.
"Sì Isabel, ce  l'abbiamo fatta, però stai attenta, non sforzarti troppo." Rispose Leila.
"Allora..." Non fece in tempo a finire la frase che Erik interruppe tutti:
"Ragazze, venite qua."

La scacchiera si era aperta e un asta stava venendo su, con qualcosa nella sua "mano" metallica.
Appoggiato c'era un ingranaggio.
Erik lo prese, era freddo come il ghiaccio, il suo colore dorato rifletteva la luce del candelabro sopra le loro teste.
Aveva tanti piccoli denti, nel centro c'era una specie di serratura come qualcosa che doveva essere messo al suo interno.
"Che ci andrà qua dentro?" Chiese Isabel.


Dopo quella domanda il braccio metallico tornò giù.
La scacchiera riprese la sua posizione, però con una piccola differenza, i pezzi cominciarono a volare da tutte le parti, la stanza si mise a tremare mentre l'armadio, le armature e il letto stavano cedendo.
"Che succede?"
"Non lo so Isabel, però dobbiamo andarcene, sta crollando tutto, Isabel portaci fuori!!"


Corsero via, ripercorrendo il tunnel che non avrebbe retto ancora per molto.
Arrivati nei corridoi del castello intrapresero l'unica strada che ancora non avevano percorso per arrivare alla macchina del tempo.
Tutti i servi, le guardie e i nobili stavano scappando impauriti ed ignari di quello che stava succedendo.

Ad un certo punto Leila esclamò:
"Eccoci Erik! Quella è la stanza, sono i quadri che avevamo visto, entriamo su!"
"Isabel, seguici!!"
"Non me lo farò dire due volte."
Entrarono, e si "buttarono" dentro la macchina.
Nel frattempo Leila prese un gettone a caso, lo infilò e urlò:


"R1D1 portaci via."
"Per partire dire CHEESE."
"CHEEEEEEESEEEEE." Gridarono tutti.
La cabina stava tremando come per il primo viaggio, nessuno stava capendo più niente, tutto era troppo confuso.
Dopo un paio di minuti tutto finì e un piacevole silenzio spezzò quella giornata così vivace.
"State tutti bene?" Chiese Leila.
"Sì, ma che è successo?" Chiese Isabel.
"Abbiamo viaggiato nel tempo."
"E dove siamo finiti?"
"Ora lo scopriremo...." Rispose Erik con grande sicurezza.

10 anni prima

"È morto mi dispiace."
Dopo quelle parole un vortice di tristezza, dolore e rabbia entrò nella stanza riempendo i cuori di Adelaide e suo figlio.
Erik rimase immobile, sembrava morto, sua madre cadde a terra e il suo volto non faceva più scorgere nessuna emozione, era come un pezzo di marmo.

Dentro di sé il ragazzo pensava a tutto quello che faceva con suo padre, dalle semplici partite a scacchi, battute di pesca o semplicemente ascoltare un disco, ma ora niente di tutto questo si sarebbe più potuto fare.
Ora, Erik era riuscito a comprendere quello che suo padre gli aveva detto quando aveva perso suo nonno cioè:
"La morte è una sorpresa che rende inconcepibile il concepibile, mentre la vita è come un vapore che appare e poi scompare."

Però non sarebbe rimasto fermo lì, non avrebbe permesso che una tragedia così lo fermasse, avrebbe continuato a vivere, "perché l' idea di morire senza aver vissuto è insopportabile."
Pochi giorni dopo andò a trovare Josephine, sua nonna; sua madre lo stava aspettando in macchina dato che successivamente la morte di suo cognato aveva avuto una brutta discussione con suo suocera  e d'allora non si erano più parlate.

"Ehi Erik, ciao, come stai?"
"Ciao nonna, un po' meglio, grazie." Disse abbassando la testa.
"Vieni qua tesoro, siediti sulla poltrona." Rispose con un dolce sorriso sulle labbra.
In quel momento Erik si ricordò quanto le piaceva veder sorridere sua nonna.
Quel bellissimo sorriso che le inquadrava divinamente nel volto i suoi 82 anni.
Gli metteva sempre allegria vederla con quei suoi occhiali rotondi sul naso e con quella "corona" di capelli grigi e bianchi che si ritrovava.

Si misero a parlare, ma Erik si perse ad ascoltarla, si perse nella quiete di quella casetta in mezzo a quel buonissimo odore di lavanda e violetta che "dipingevano" l'aria.
Finché ad un certo punto gli cominciò a descrivere suo padre com'era da piccolo, cosa faceva e un sacco di altre cose.
Una lacrima cadeva lentamente dal volto di Erik accarezzandolo, sua nonna lo notò e gli disse una cosa che lo segnò nel profondo:
"Sai Erik?"
"Cosa nonna?"
"Non c'è rimedio per la nascita e la morte, salvo godersi l'intervallo."

Erik e Leila : un mondo da salvareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora