DAKKAR

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10 anni prima

Fino a poco tempo fa Erik pensava che provare una tristezza, o un vuoto così grande fosse impossibile, ma purtroppo  ci sarà sempre qualcosa che ci farà fare il salto tra l'essere bambini e il capire il dolore della vita reale.
La tristezza è un emozione che noi tutti purtroppo conosciamo, è un'emozione che si innesca dentro di noi ogni volta che un nostro sogno si infrange, come per Erik...che sognava di stare di nuovo con suo padre, riabbracciarlo, poterci giocare ancora insieme, oppure guardarci insieme uno di quei stupidì film il Venerdì sera con i soliti pop-corn e la solita pepsi fresca di frigo.

Purtroppo però, tutto questo ormai era impossibile...tutti quei sogni erano volati via, lontani da Erik.
Ora un vestito nero e una cravatta fina erano adagiati sul suo letto e aspettava di essere indossati.
Erik prese e cominciò a cambiarsi...ma il suo umore era proprio come la sua cravatta, nero e sottile, così sottile che si sarebbe potuto spezzare da un momento all'altro lasciando il via libera alle lacrime che erano pronte a "gettarsi giu giù."
Con un grande sforzo riuscì a contenersi, creando uno specie di diga fatta di emozioni e sentimenti, contrastanti fra loro, ma questo bastò per riuscire a vestirsi.
Una volta finito scese le scale e si diresse da sua madre, che era vestita con una gonna e un maglione nero rifinito sulle maniche con del pizzo, le occhiaie sembravamo avergli "corroso" la faccia, ma forse era solo frutto di due giorni senza riposo e lutto continuo.

Lei, era la classica persona che a differenza di suo figlio lasciava alla tristezza la possibilità di scavarle dentro e di consumarla facendola chiudere al mondo esterno e diventando impercettibile alle emozioni.
"Mamma, è ora di andare."
Sua madre non disse nulla, fissava il pavimento in cerca di una risposta che mai avrebbe trovato, ne ora, ne mai.

Alzò lo sguardo un po' stranito poi dopo un po' rispose:
"Sì, prendi le chiavi, vai in macchina che ora arrivo, dammi un secondo."
Erik fece quanto detto; non gli piaceva pensarlo, ma se avesse potuto non sarebbe andato a quel funerale, tutte quelle persone, tutti quelle facce tristi, tutto questo gli metteva addosso solo più tristezza e malinconia di quanto non ne avesse già.

Il viaggio verso il cimitero fu infinito, anche perché nel percorso non si scambiarono una parola, forse era meglio così, forse quel silenzio era meglio di parole gettate al vento...tanto in quel momento per tutti e due ogni cosa era superflua.
La gente al funerale era tantissima, Erik non li conosceva tutti, ma c'erano colleghi di suo padre, Leila con i suoi genitori, pure sua nonna e molte persone che nel corso degli anni aveva visto, ma con cui non aveva mai parlato.

La cerimonia fu molto bella, ma nel frattempo inevitabilmente molto triste e non starò a raccontarvi i dettagli, non voglio deprimervi oppure far venire alla vostra mente ricordi negativi.

Non vi racconterò i dettagli, se non il momento dell'ultimo sguardo a quella bara che conteneva una gran parte della vita di Erik, che come uno schiocco di dita si era come fermata.
La bara cominciò a scendere su quel "orrenda" fossa.
Nel frattempo una parte di Erik se ne stava andando propio con essa nella terra fangosa insieme a suo padre, coricandosi accanto a lui e morendo per sempre.

"Allora... è un uomo questo Dakkar?" Disse Erik.
"Certamente, ma non mi sembra strano che dei forestieri come voi non lo conoscano."
"Cioè che intende dire?" Chiese Isabel.
"Beh sapete lui è vissuto qua molto tempo fa, noi lo chiamavamo così per le sue origini, però penso che voi lo conosciate come...capitano Nemo!"


"Ma quindi..." Leila si interruppe
"Esiste davvero il capitano Nemo...ma non era una leggenda?" Gli finì la frase Erik.
"Ma scusate chi è quest'uomo di cui parlate?" Disse Isabel, che giustamente era vissuta in un epoca troppo arretrata per conoscere le incredibili storie che si celavano dietro il grande capitano Nemo.
"Beh, è semplicemente il più grande marinaio di tutti i tempi, cara ragazza."
La canzone ricominciò da capo, ma Erik pensava fosse un gioco della sua testa per tutte le volte che ormai si era ripetuta, ma la curiosità lo divorava.

"Scusi signore, mi saprebbe dire cosa significa questa canzone?Ormai è da tutto il giorno che la sentiamo all'infinito."

"Questa?Beh è come una specie di inno per noi, sapete l'aveva scritta propio Nemo questa canzone e d'allora non l'abbiamo più dimenticata...bene, ora che sapete la storia vado in cucina, voi mangiate forza!"
Leila aspettò che il signore si allontanasse poi disse:
"Ragazzi è incredibile, se Dakkar è il capitano allora il pezzo l'avrà lui."
"Si, il problema è che ormai è morto da quanto me sappiamo, abbiamo sentito tutti cosa ha detto." Concluse Isabel.

"Dobbiamo indagare su questa cosa, ma non dobbiamo dare nell'occhio." Disse Erik.
"Rimaniamo qui per dormire sta notte, abbiamo bisogno di riposarci, cominceremo domani mattina."
"Si, ma non abbiamo neanche uno spicciolo." Rispose Erik.
A quel punto Leila tendendo stretta la maglietta disse:
"Non c'è problema, prendete questa, sarà più utile usarla per una buona causa a questo punto."

Nel frattempo si tolse la sua collana incastonata con un piccolo diamante al centro rosso che gli aveva regalato sua nonna prima di morire.
"No Leila, tienila, troveremo un altro modo." Disse Erik richiudendogli la mano.
"Per favore usatela, non importa davvero."
"Leila...non sei costretta."
Non rispose sorrise e basta e poi allungo la mano definitivamente verso Erik che la prese con tristezza, sapendo quanto ci teneva.

Parlarono con il signore, che gli concesse di stare lì finché non se ne sarebbero andati, poi prese la collana in mano, la contemplò e se ne andò nuovamente in cucina.

I ragazzi salirono le scale che portavano nella stanza superiore dove avrebbero dormito.
Era molto spaziosa fatta completamente di legno un po' impolverato, i mobili erano consumati dal tempo, mentre i 2 letti erano collocati ai lati della stanza vicino ad un grosso camino a legna.
"Beh, meglio di niente, anche se questi mobili hanno visto tempi migliori sicuramente!" Disse Isabel.
"Almeno dormiremo al sicuro, però forza, cominciamo a pensare dove potrebbe essere il secondo pezzo." Disse Leila che aveva la voce ancora amareggiata e triste.

"Magari potremo andare a parlare con i pescatori del paese." Pensò Isabel.
"No, ragazze la risposta è nella canzone, pensate, capitano Nemo è morto...se voi moriste dove nascondereste una cosa a cui tenete?"
Isabel disse:
"Beh, dove nessuno penserebbe di cercare...oppure..."
Tutti pensavano nel silenzio della stanza mentre fuori la gente faceva ancora festa.
La canzone riparti di nuovo e le solite parole rimbombavano nella stanza:

"Un giorno un pescatore mi disse devo andare dove la mia barca non può più venire, i remi tra le mie mani son divenuti pesi che il mio cuore regge da molte anni interi.

Mi aspettano in cima a questa collina dove i cipressi attendono da quando il mio primo pianto ho dato alla natura avendo ipotecato la fine di una storia.

Ma l'importante mi disse è amare con il cuore e non lasciarsi trasportare solo da parole tenere tra le braccia chi ti ha dato amore di chi ha pianto amaro per un tuo errore e ridi ridi sempre perché il tuo sorriso rimanga nella mente di chi chiunque ti abbia dato la sua mano per saluto.

Oggi mi ricordo di quel triste incontro dove un pescatore mi ha detto senza pianto che sopra la collina ci son case di cemento da dove lui vedeva il suo lago e il suo tramonto."

Erik ascoltava ogni parola attentamente sviscerando il significato di ognuna, poi interruppe il silenzio:
"Ehi, fermi un secondo...forse.."

Erik e Leila : un mondo da salvareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora