Il Verdetto Medico

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Ad aspettare dietro la porta il verdetto del medico si erano riuniti Smith, Murphy e la signora Robinson.
Cris, nonostante tutti gli inviti del medico a uscire, si era categoricamente rifiutato di
lasciarla sola.
Un pianto era l'unico suono che si sentiva.
“Signora Robinson, smettete di piangere o mi farete venire il mal di testa” disse uno spazientito Murphy.
“E' tutta colpa mia” disse quella fra le lacrime “colpa mia.”
Smith avvicinandosi a lei le posò una mano sulla spalla e disse:
“Non è colpa vostra. Non potevate sapere che il legno della scala era stato attaccato dai tarli.”
La signora Robinson gli risolve un lacrimoso sguardo di ringraziamento e continuò ad asciugarsi le lacrime cercando di convincersi che Smith avesse ragione.
Lei non poteva saperlo ma neanche questo bastava a farla sentire meno in colpa.
Al solo pensiero che la signora era lì dentro e chissà cosa stava soffrendo, si sentiva stringere il petto e le lacrime le scendevano a fiumi.
“Signor Smith, che cosa le avete detto? Ha ricominciato a piangere ancora più forte.” disse l'altro loro complice tappandosi le orecchie.
“Non volevo che si facesse male” disse per l'ennesima volta la governante e con un altro singhiozzo concluse: “mi dispiace così tanto.”
Smith addossato alla parete guardava alternativamente Murphy, che agitato si muoveva avanti e indietro sulla sedia, e la signora Robinson, che continuava ad asciugarsi le lacrime, mentre lui cercava di captare le parole del medico all'interno
delle stanze del signor Orson.
Quando sentirono un urlo femminile provenire dalle stanze adiacenti tutti e tre drizzarono le orecchie e balzarono in piedi.
All'interno dell'appartamento anche Cris balzò in piedi e corse al capezzale della moglie.
“Avete visto, signore? Bastava semplicemente premere nel punto di maggiore dolore e lei si sarebbe svegliata.” disse il medico che i suoi aiutanti erano riusciti a trovare.
Un vecchio medico dall'aria tranquilla e fin troppo magro, che si portava dietro una borsa che sembrava essere più pesante di lui.
Cris vedendo Lucy in preda al dolore non riuscì a fare a meno di guardare storto il dottore e chiedersi se la pratica da lui adottata per farle riprendere i sensi fosse quella
giusta.
Accarezzandole i capelli, ora zuppi di sudore, guardò i suoi grandi occhi blu pieni di sofferenza e le disse:
“Non preoccuparti, Lucy. Adesso ci sono qua io”
Lei, forse per paura che lui se ne andasse di nuovo, gli strinse la mano e anche quando tornò a sdraiarsi non accennò a lasciare la presa.
“Posso sapere che cosa ha mia moglie?” chiese al medico che gli dava le spalle.
“Una semplice slogatura alla caviglia” rispose quello alzando indifferente le spalle.
“E lo svenimento?” insistette Cris ancora preoccupato per Lucy.
Il medico lo guardò con aria sbrigativa e la sottopose a una lunga visita per accertarsi che non ci fossero altri traumi.
Poi la fece di nuovo stendere, le diede qualche goccia di calmante e si avvicinò alla finestra facendo cenno a Cris di raggiungerlo.
“E' caduta da molto in alto. Ha sbattuto la testa e ci sono anche ematomi di qua e di là, ma dagli accertamenti fatti, posso assicurarvi che non ha subito danni cerebrali.”
lavandosi accuratamente le mani nella tinozza di acqua calda, che la signora Robinson diligentemente si era preoccupata di far portare, gli disse: “Dovete soltanto
controllare che non muova troppo la caviglia ed evitarle qualsiasi stress. Se sentisse dolore, tra qualche ora, datele un altro po' di calmante. In tre o quattro giorni potrà riprendere le sue normali attività.”
Cris continuò a chinare il capo ascoltando attentamente le sue prescrizioni e guardando sua moglie, che gli sembrava ancora troppo pallida e sofferente, gli chiese
ancora:
“Siete proprio sicuro che stia bene?”
Il dottore lo guardò per la prima volta da quando era entrato velocemente in quella stanza.
Vide nei suoi occhi la preoccupazione tipica di chi aveva appena rischiato di perdere la cosa più preziosa della propria vita.
Voltandogli le spalle si concesse di ricordare solo per un istante alla sua defunta moglie e pensò che gli occhi di quel giovane uomo erano proprio uguali a quelli che vedeva riflessi nello specchio ogni mattina.
Occhi innamorati.
“Vi assicuro che sta bene. Ha solo bisogno che le stiate vicino.” tentò di
tranquillizzarlo.
Quando Cristopher ebbe ripreso il posto accanto alla moglie, il medico prese commiato da entrambi.
Uscendo lasciò nelle sapienti mani della governante il suo tonico per calmare il dolore casomai la giovane ne avesse bisogno.
Abbandonò velocemente il Club e si diresse a casa.
Quel giorno doveva ancora innaffiare le orchidee di sua moglie.
Dopo che il medico ebbe rassicurato anche loro sulle condizioni di Lucy, Murphy si alzò e di nuovo pieno di vita, si avvicinò a Smith e allungandogli una gomitata gli
disse:
“Ditegli qualcosa. E' il momento giusto.”
Smith lo guardò attraverso i suoi occhiali tondi e sporchi.
“Cosa dovrei dirgli?” domandò al croupier confuso.
“Non so. Voi lo conoscete meglio di tutti. Sicuramente saprete come dirgli che deve dedicare più tempo a sua moglie.”
Non furono le parole di Murphy a convincerlo a bussare alla sua porta.
Furono gli occhi pieni di lacrime della signora Robinson.
Fu la paura che l'aveva pervaso fin da quando l'aveva vista cadere da quella maledetta scala.
Fu la certezza che entrambi avessero bisogno l'uno dell'altro per essere, finalmente, felici.

Il Diavolo e la LuceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora