Vendetta

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“Lucy? Lucy dove sei?”
Aveva sentito Cris entrare nell'appartamento e aveva ascoltato i suoi passi frettolosi.
Avrebbe voluto sbarrargli la porta e non vederlo mai più.
Non dopo avere scoperto tutto quello che le aveva taciuto.
“Volete che lo faccia entrare, signora?”
Mary, la sua cameriera, che era corsa a consolarla quando l'aveva vista in preda al pianto, guardava il suo riflesso triste nella specchio mentre cercava di riordinarle
l'acconciatura completamente rovinata.
Lucy si mordicchiò le labbra, indecisa e ancora ferita.
Moriva dalla voglia di rifugiarsi tra le sue grandi braccia e dimenticare ogni parola.
Dimenticare ogni cosa.
Dimenticare che presto sarebbe diventata Duchessa.
Sentì i forti pugni con cui Cris colpiva la porta e la sua voce disperata che la implorava di ascoltarlo.
Asciugandosi frettolosamente le lacrime incrociò lo sguardo di Mary e le disse:
“Fatelo entrare e lasciateci soli.”
La cameriera con gli occhi sgranati, scossa così come la porta era scossa dai pugni, non voleva lasciare la sua padrona da sola.
“Siete sicura?” con il terrore trattenuto a stento.
Lucy le sorrise rassicurante e stringendole una mano le disse:
“Non mi farà mai del male, non dovete preoccuparvi” e poi indicandole la porta:
“Fatelo entrare, vi prego.”
Ancora incerta Mary aprì la porta e Cris entrò di prepotenza dentro la camera chiudendo veloce la porta.
Tagliandola fuori dalla loro intimità.
Mary si sedette vicino alla porta e sussurrando una preghiera si ritrovò a sperare che il padrone non le facesse del male.
Cris si appoggiò alla porta e, respirando forte per la corsa che aveva fatto per raggiungere Lucy nel minore tempo possibile, fissò i suoi occhi.
Occhi lucidi di pianto.
Come aveva potuto ferirla? E come poteva farsi perdonare?
“Lucy... Sono stato uno stupido.” e passandosi nervosamente le mani nei capelli disse le parole che non aveva mai detto a nessuno: “Mi dispiace.”
Lei continuava a guardarlo e, preda del nervosismo, si sentiva ancora tradita e ferita.
La paura che quella non fosse l'unica bugia che lui le avesse detto le stringeva forte il cuore in una morsa dolorosa.
“Ho paura.” ammise in sussurro.
“Paura?” le chiese Cris che lentamente si avvicinava a lei.
“Paura che questa non sia l'unica bugia che mi hai raccontato.”
Lui adesso le era così vicino da sfiorarla: “Hai ragione: ti ho sposato per interesse ma mi sono innamorato di te. Sai che ti amo”
e sedendosi acconto a lei con gli occhi sgranati: “Devi saperlo che ti amo. Dopo quello che abbiamo vissuto insieme non dovresti dubitarne.”
Lucy sembrò rassicurata dalle sue dichiarazioni e dalla intensità che gli lesse negli occhi e un sospiro liberatorio le sfuggì dalle labbra.
“Non avrei potuto sopportarlo” e appoggiandosi a lui come alla ricerca di un appiglio sicuro in mezzo alla tempesta che stava scuotendo il suo mondo continuò: “non avrei
potuto sopportare di avere vissuto in un'illusione. Non avrei potuto sopportare che non mi amassi.”
“Sempre, Lucy” e stringendola forte a sé: “Ti ho amata sempre”
Singhiozzi ancora più forti scossero le spalle di Lucy che lo stringeva a sé quasi disperatamente.
“Lucy?” chiese lui cercando i suoi occhi e accarezzandole le spalle tremanti: “Lucy non posso vederti stare così male”
A differenza di ciò che Cris pensava, il suo era un pianto liberatorio.
Era un pianto felice.
La certezza che lui l'amasse davvero si era irradiata come un raggio di sole caldo dentro il suo cuore.
Accettando il fazzoletto ricamato che Cris le porgeva lo guardò con un sorriso fiero e aggiustandogli la giacca disse:
“Diventerai Duca.” la sua voce era orgogliosa e triste insieme.
“E tu Duchessa.”
Mordendosi nervosa le labbra e continuando ad accarezzarlo con mani tremanti chiese piano:
“Se non fossi in grado?”
“Di cosa, Lucy?”
Un brivido scosse le sue spalle e cercando le parole giuste per esprimergli ogni suo timore sentì la sua voce incerta pronunciare i dubbi che l'attanagliavano:
“Se non fossi in grado di essere Duchessa? Se non fossi in grado di onorarvi nel modo giusto? Se volessi essere semplicemente tua moglie?” e poi riprendendo fiato: “Se volessi essere solo la moglie del signor Orson? La moglie del Diavolo di
Londra?”
Le mani forti di Cris corsero ad accarezzare delicatamente il suo viso:
“Tu sarai la migliore Duchessa di tutto il mondo. E sarai ancora mia moglie. La moglie del signor Orson, la moglie del Diavolo e la moglie del Duca Kent” e rubando un bacio alle sue labbra morbide e rosse dai morsi nervosi che si era inflitta concluse:
“Mia. Tu sarai sempre mia.”
Sembrava così fragile e sperduta.
La voglia di stringerla ancora di più a sé e fondersi insieme in un corpo solo era così forte per Cris che dovette ricorre a tutto il suo autocontrollo.
“Ma perché mi hai mentito?” gli chiese con la voce tremante e i suoi grandi occhi blu, confusi e tormentati, si specchiarono nei suoi.
Un sospiro lungo e stanco fuoriuscì dalle labbra di Cris.
Stava per rivelarle il tormento che aveva accompagnato la sua vita e un senso quasi di liberazione si impadronì di lui.
Finalmente non avrebbe avuto più segreti.
“Non ho potuto fare altrimenti" e stringendole forte le spalle le disse: "Se ti avessi raccontato la mia storia, la vera storia, non mi avresti mai sposato."
"Perché?" gli chiese ancora: "Cosa c'è di così tanto spaventoso nel tuo passato? Perché non puoi parlarne con me?".
"Devo diventare Duca” e confidandole l'ultimo segreto del suo passato le disse pieno di ardore: “Lo devo a mia madre.”
“Tua madre?” chiese Lucy alzando gli occhi a guardare il volto sofferente di Cris.
“E' giusto che tu sappia ogni cosa. E la sappia dall'inizio”
Cris sapeva già che il racconto sarebbe stato lungo e doloroso.
La prese tra le braccia e insieme si diressero sul loro grande letto. Solo quando entrambi furono l'uno tra le braccia dell'altro e lei appoggiò la testa sul petto lui iniziò
a parlare.
Con le mani accarezzava i suoi lunghi capelli dorati e con lo sguardo fissava un punto lontano, un passato mai dimenticato.
“Mia madre... quando penso a lei rivedo una bella donna bruna affacciata alla finestra
ad aspettare.”
“Chi aspettava? Aspettava tuo padre?”
Un cenno silenzioso di assenso fu l'unica risposta di Cris.
Poi riprendendo fiato e coraggio continuò:
“Aspettava quell'uomo alto e scuro che arrivava sempre il lunedì. Pieno di doni e di cibo. Lui era l'unico che la facesse sorridere. Lui era l'unico che lei amasse. Lo amava così tanto da non provare niente per me” e guardandola negli occhi, occhi che non riuscivano più a nasconderle il dolore: “Tutto il suo amore doveva essere conservato per lui. Ha sempre pensato che un giorno sarebbe diventata la sua duchessa. Ma te lo
immagini? Lei, la figlia di due contadini, una duchessa” una risata triste e amara scosse il suo petto: “Lo credette fino a che lui non sposò quella che diventò davvero
la sua duchessa. E mentre lui festeggiava felice il suo matrimonio con una donna del suo stesso rango, mia madre si buttava dalla finestra da cui lo aveva sempre aspettato”
Lucy allungò le braccia e tentò di consolarlo stringendolo forte a sé.
Ma non c'era contatto o parole che avrebbero potuto consolarlo.
“Tornai dai miei nonni in campagna. Lì stavo bene. Ero felice. Finché mio padre non si ricordò di quel piccolo bastardo che aveva messo al mondo. Quel piccolo così uguale a lui” sospirando piano come se soffrisse ancora continuò: “Ero un fastidio per lui. Mi portò via dai miei nonni e mi mandò in quell' inferno. Con la speranza di liberarsi una volta e per sempre di me. Sperava che morissi tra privazioni, stenti e punizioni corporali. Ma io fui più forte. Sono sempre stato più forte.”
“E perché adesso vuole te?” gli sussurrò piano Lucy che gli accarezzava piano i capelli che gli coprivano la fronte.
“Perché?” le disse guardandola negli occhi: “Perché quel vecchio maledetto ha avuto solo femmine dalla sua perfetta moglie nobile” e con uno scintillio diabolico negli
occhi: “Solo tre fottutissime femmine. E in punto di morte ha scoperto quanto gli dispiacerebbe che tutti i possedimenti passassero a un suo lontano cugino”
“E si è ricordato di te” concluse per lui Lucy che alzò la testa dal suo petto per osservargli il volto.
“Quanto è comodo per lui ricordarsi di me solo adesso. Adesso che vuole un erede che abbia il suo stesso sangue. Ma io voglio il suo nome. Voglio il suo titolo. Voglio
tutte le sue proprietà. Voglio ogni cosa. E lo voglio per mia madre. Lei non è mai diventata duchessa, ma suo figlio diventerà Duca” e come mosso da qualcosa più grande di lui le disse stringendole le mani: “Come è strano il destino.”
Lo stesso destino che aveva messo il Diavolo sulla sua stessa strada, pensò Lucy.
“Perché io? Perché hai scelto me?” la stessa domanda che gli aveva fatto tanto tempo fa.
La risposta di Cris, stavolta però, fu molto diversa.
Finalmente la verità sgorgava dalle sue labbra.
“Mesi fa mi aveva fatto chiamare al suo capezzale. La morte si stava impadronendo di lui e mi fece una proposta che sapeva non avrei rifiutato. Mi propose di
riconoscermi, di darmi ogni cosa a patto che sposassi una donna nobile. Una donna che fosse degna di diventare la prossima duchessa di Kent” la determinazione oscurò
i suoi grandi occhi: “Nessuno avrebbe potuto essere più degna di te. Dopo averti vista ho voluto solo te” e accarezzando il suo corpo con le mani calde e possessive le disse
in un sussurro pieno di passione: “Voglio solo te.”
Reprimendo un brivido di desiderio fermò le sue mani e gli chiese:
“E adesso?”
“Adesso sta morendo. Mi vuole lì per firmare i documenti che ha redatto il suo avvocato. Mi basta una firma e la mia vendetta sarà compiuta.”
La parola vendetta risuonò come un colpo di frusta tra le sue labbra.
Vendetta, pensò Lucy, e chiudendo gli occhi ripensò con il cuore denso di tristezza a sua madre, quella povera donna che si era uccisa per il troppo amore.
Lei era morta e loro?
Che fine avrebbero fatto loro?
Dove li avrebbe portati tutto il suo desiderio di vendetta?
Si ritrovò a sperare e a pregare che la loro fine non fosse così tragica.

Il Diavolo e la LuceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora