L'abitazione ducale era una immensa tenuta circondata da verde e alberi centenari.
Era una rarità trovare tutto quel verde e quello spazio in piena Londra e più si avvicinava alla casa più Lucy si sentiva a disagio.
E anche le responsabilità che stavano per investire Cris sembravano sempre più vere.
Era davvero il figlio di un Duca.
Il suo portamento perfetto nonostante l'altezza smisurata, il naso importante e il temperamento fiero avrebbero dovuto già svelarle la sua appartenenza alla nobiltà.
Scesero dalla carrozza e il maggiordomo vestito di nero li accompagnò nelle stanze già listate a lutto.
Tutto sembrava scuro. Le stanze, le tende, i mobili, i domestici, l'aria. Possibile che in pieno giorno non ci fosse un filo di luce?
Stringendosi forte a suo marito rabbrividì piano e sperò che presto sarebbero tornati al Club.
A casa.
“Il Duca vuole vedervi solo.” ordinò quasi il maggiordomo.
La mano con cui continuava a stringerlo a sé non accennava a liberare la presa. Una sensazione di disagio opprimeva il petto di Lucy.
Aveva la paura pazza che fosse in pericolo. Come poteva essere in pericolo un uomo grande e grosso come Cris?
Eppure continuava a stringerlo a sé e lo guardava con gli occhi sgranati.
La mano grande di Cris corse ad accarezzarle dolcemente una guancia e con uno sguardo rassicurante le disse:
“Tornerò subito, Lucy”
“Non voglio che entri solo.”
“Non importa. Non mi può più fare male” e dopo essere stato richiamato nuovamente dal maggiordomo disse: “L'unica cosa che mi serve è sapere che starai qui. Che mi
aspetterai.” le sussurrò appoggiando la fronte alla sua.
“Ti aspetterò” gli sussurrò di rimando Lucy e il suo tono dolce e innocente lo raggiunse come il vento. Delicato e capace di infondere forza.
Nel buio dell'anticamera del Duca Lucy sentì dei respiri tesi che fino a quel momento non aveva neanche notato.
Respiri di tre ragazze che la guardavano con gli occhi sbarrati.
Le sorelle di Cris. Una massa scura in tutto quel buio.
“Siete le figlie del Duca?” chiese anche se sapeva già la risposta.
“Sì” rispose veloce la più grande e come i convenevoli volevano: “E voi siete la moglie del futuro Duca?”
“Sì” rispose anche lei.
“La moglie del Diavolo.” sussurrò una vocetta piccola piena di curiosità.
Nonostante Lucy si sforzasse, strizzando gli occhi, il buio era troppo scuro per distinguere le loro figure o per capire quanti anni avessero.
Non le percepiva come tre ragazze separatamente. Sembravano un'unica entità scura.
E quando il suono delle urla e di vetri rotti oltrepassò le pareti robuste e invase la loro quiete le sembrò di vederle stringersi forte.
Come preda di un istinto primordiale Lucy si avvicinò alle ragazze e, sedendosi vicino a loro, strinse una giovane mano.
Confortando e traendo conforto.
Riccioli neri si appoggiarono delicatamente alla sua spalla.
“Grazie.” le sussurrò quella che doveva essere la sorella maggiore.
Sembrava così stanca e triste, bisognosa di qualcuno che l'aiutasse. Che l'aiutasse a gestire il peso della perdita e la responsabilità di avere due sorelle più piccole che
sembravano pendere dalle sue labbra. Con le lacrime agli occhi Lucy la strinse ancora più forte e pianse.
Il silenzio scese calmo su tutti loro, ci fu un veloce andirivieni di domestici e poi Cris uscì da quelle stanze.
“E' morto.” disse con la voce stanca e provata.
Un sussulto scosse la ragazza appoggiata a lei e Lucy poté quasi giurare di averla sentito sussurrare una preghiera di ringraziamento.
Con una imprecazione Cris si mosse rapido per aprire le imposte del corridoio e una luce forte e serena calò su di loro.
La luce tranquilla del mattino.
Vide il corpo di suo marito completamente rigido e le sue spalle si muovevano come scosse da singhiozzi. Avrebbe voluto correre verso di lui e consolarlo ma la ragazza continuava a tenerla stretta.
Quando sentì la sua risata capì che non stava piangendo. Si voltò verso di loro e la sua risata continuò a risuonare forte tra le pareti spoglie.
“Il bastardo ha sperperato tutte le sue ricchezze” disse fissandola: “pensava che non avessi i soldi per pagare i suoi debiti” ancora quella risata strana e infelice: “L'ho deluso ancora una volta.”
Cris si rigirò tra le dita l’anello con il sigillo d’oro massiccio su cui si posarono i raggi di luce del sole.
Era un Duca.
La vendetta che aveva aspettato per tanto tempo si era finalmente realizzata.
E allora perché le urla forti di suo padre risuonavano ancora nelle sue orecchie?
Chissà cosa si era aspettato di sentirsi dire da lui.
Chiedere affetto a quell'uomo sarebbe stata un'eresia ma per qualche strano motivo si era illuso che in punto di morte anche un bastardo potesse cambiare.
Potesse pentirsi di tutti i propri errori.
Non suo padre.
Non il Duca di Kent.
Le uniche parole che gli aveva rivolto erano solo delle accuse e delle maledizioni.
Come poteva essere così ricco? Come poteva essere lui il suo unico erede? Perché Dio non gli aveva dato un figlio maschio legittimo?
E poi nell'ultimo impeto di rabbia lo aveva visto distruggere tutto ciò che gli capitava tra le mani.
Sentendo il peso dell'anello ducale e il calore che esso ancora emanava si ritrovò a pregare di non diventare mai come lui.
Mai un mostro.
Si avvicinò a Lucy. La vide seduta assieme a quelle che dedusse essere le sue sorelle.
Le figlie legittime di suo padre.
Quelle nate dal lato giusto del letto.
Peccato, disse quasi a sé stesso. Peccato che nessuna di loro fosse stata un maschio, a quest'ora tutti loro si sarebbero risparmiati ulteriori umiliazioni.
Sedevano tutte e quattro strette su una vecchia panca di legno e non c'era posto per lui.
Un'occhiata agli sguardi tristi e disperati delle sorelle gli bastò per capire che anche se ci fosse stato posto per lui non lo avrebbero fatto sedere.
Appoggiò la schiena alla fredda parete di marmo e, con un rumore poco elegante di membra che impattavano contro una superficie dura, si sedette su un altrettanto freddo pavimento.
Possibile che in quella casa fosse tutto freddo e senza anima?
Quanto di suo padre aveva riempito quelle stanze?
Sentì la mano di Lucy accarezzargli dolcemente i capelli e piano piano i suoi nervi iniziarono a distendersi.
Prese la mano che lo stava accarezzando, la strinse tra le sue e se la portò alle labbra.
Baciare la sua delicatezza e respirare il suo odore dolce e fresco sembrò quasi riportarlo alla vita.
“Siete nostro fratello?” una domanda sussurrata giunse alle sue orecchie. Era una bambina quella che parlava. Sembrava piccola e delicata con il suo vestitino nero ed era l'unica che sembrava avere il coraggio di guardarlo.
“Sì.” rispose lui guardando verso di loro. Verso le sue sorelle.
Anche da sedute seguivano un ordine preciso, dalla più grande alla più piccola, e sembravano possedere un'eleganza calma e ordinata che a lui non era mai appartenuta.
Tutte erano immobili tranne la più piccola.
La prima ,che era seduta accanto a Lucy, era la maggiore, la più alta e aveva il portamento severo delle sorelle più grandi.
Poi veniva la seconda, la sorella che stava in mezzo, che continuava a stringere la bambina al suo fianco per non farla allontanare e poi la piccolina che non sembrava
riuscire a stare ferma.
La bambina continuò a sporgersi dalla panca per vederlo meglio oltre le sorelle e poi come ricordandosi una cosa importantissima si rivolse a loro:
“Allora il cugino Dawson non ci potrà più buttare fuori di casa.”
“No” rispose la più grande.
“Ci butterà fuori lui, Johanna?” chiese ancora la bambina.
A quella domanda non ci fu risposta.
“Quanti anni hai, piccola?” chiese lui in un impeto di curiosità.
“Ho cinque anni” gli disse mostrandogli la manina aperta, piccola e morbida, con il
numero dei suoi anni, e dopo avergli offerto un sorriso sdentato chiese alla maggiore:
“Posso sedermi anche io per terra?”
Quella rispose con un cenno di negazione il silenzio.
“Perché?” chiese la piccola con un tono triste, quasi in preda alle lacrime: “Perché,
Johanna?” chiese ancora con il tono di voce sempre più piagnucolante.
Quando nessuna risposta arrivò dalle sorelle la piccolina si alzò, nonostante le proteste sommesse delle altre, e andò a sedersi vicino a lui.
“Io mi chiamo Madeleine ma tutti mi chiamano Mindy e voi?” il tono
improvvisamente di nuovo sereno.
“Io mi chiamo Cristopher ma tutti mi chiamano Cris”
“Anche voi avete un soprannome” gli disse entusiasta e alzò una mano a sfiorare i suoi ricci neri: “E abbiamo anche gli stessi capelli.” mentre un risolino scuoteva le sue piccole spalle.
Poi vedendo il suo volto triste e il modo in cui stritolava la mano della moglie gli sussurrò piano:
“Avete parlato con nostro padre”.
Non una domanda. Quella di Mindy fu un'affermazione.
Quando lui chinò la testa in un sì gli si avvicinò ancora di più e come cercando di consolarlo gli chiese con una vocina piccola e terrorizzata:
“E vi ha fatto del male?”
Un sussulto lo scosse fin nel profondo e la mano di Lucy prese a tremare nella sua.
Alzò lo sguardo verso le sorelle maggiori e con voce alta e piena di disgusto verso l'immensa cattiveria del padre chiese loro:
“Vi ha mai fatto del male?”
Entrambe sussultarono nei loro posti, scosse dalla domanda inusuale e dalla sua voce alta, ma continuarono a tacere e si ostinavano a non incontrare il suo sguardo.
Si rivolse a Mindy quasi urlando:
“Vi ha mai fatto del male?” La bambina lo guardò terrorizzata e sembrava quasi aspettare il momento giusto per correre dalle sorelle.
“Dio” disse passandosi le mani tra i capelli: “Quel grandissimo...”
“Cris non dire quelle parole davanti alle ragazze” gli ricordò sua moglie che gli stringeva forte la mano e aveva la voce provata.
Quella triste e sordida scoperta aveva sconvolto anche lei.
Gli basto allungare una mano per accarezzare i boccoli della piccola Mindy per vederla scostarsi velocemente da lui con gli occhi azzurri spalancati.
Il bastardo le picchiava davvero.
Guardando sua moglie, il suo unico punto di riferimento in quel mare di ingiustizie, e disse con la voce venata dalla rabbia:
“Credo sia stato un bene crescere senza di lui.”
Piano e guardando la piccola negli occhi la sua mano si andò a posare delicata sulle spalle e strinse a sé quel corpicino impaurito.
La bambina lo guardò incerta e ancora un po' spaventata.
Lui le accarezzò i capelli e sentendo il suo petto caldo alzarsi e abbassarsi lieve Mindy si ritrovò a pensare che le piaceva.
Le piaceva suo fratello.
Mai il padre le aveva accarezzato i capelli.
“Tu sei Johanna e tu?” chiese Cris mentre Mindy si raggomitolava sempre più vicino a lui.
“Elizabeth” disse piano la sorella di mezzo e gli occhi di lei si fissarono nei suoi.
Occhi grandi e neri. Gli stessi occhi che lo guardavano ogni giorno alla specchio.
Come se il fatto di essere fratelli crollasse improvvisamente su di lui, Cris trovò strabilianti somiglianze tra di loro.
Tutti e tre avevano gli stessi capelli neri e ricci, in Johanna ritrovava il suo temperamento fiero ed Elizabeth aveva i suoi stessi occhi.
Erano le sue sorelle. E il pensiero che qualcuno potesse avere fatto loro del male gli faceva male dentro. Male all'anima.
“Avrei tanto voluto proteggervi” disse con voce piena di rimpianto e una sensazione improvvisa d'affetto invase tutto il suo corpo.
Era così strano provare dell'affetto per delle sconosciute? Si chiese Cris, mentre il suo cuore che batteva forte come impazzito gli dava già la risposta.
Loro non erano delle sconosciute.
Loro erano una parte di sé e il suo cuore le aveva riconosciute immediatamente.
Non era l'unico a essere stato ferito dal padre.
Anche loro erano delle vittime. Vittime esattamente come lui.
Vittime di un padre incapace di amare.
Quel giorno non era solo diventato un Duca.
Quel giorno era diventato un fratello, pensò stringendo ancora più forte il corpicino adesso addormentato di Mindy, e improvvisamente la sfida più grande non fu più diventare un bravo Duca.
La sfida più grande diventò essere un bravo fratello.
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Il Diavolo e la Luce
Historical Fiction!COMPLETA! Se avessero chiesto a Lucy Northwood con chi voleva sposarsi lei con certezza avrebbe risposto: William Sherwood. Ama quell'uomo fin da quando era piccola e ha già fatto i piani per il proprio futuro. Peccato che i debiti accumulati dal...