Capitolo 33

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Aprì gli occhi lentamente cercando di capire dove fossi. I ricordi della sera prima mi tornavano in mente: Sahar che se ne andava, i miei che non mi degnavano manco di uno sguardo.
Uscì di casa andando in un locale a caso pur di bere e dimenticare tutto. Era una cosa che non facevo da tempo, parecchio. Ero un po' arrugginito, ma non mi importava nulla.

Mi ricordai, poi, che incontrai la mia dea, ma che rifiutai ogni suo tentativo di avvicinamento. Non sapevo perché l'avevo fatto, ma mi sembrava la cosa giusta.

Mi alzai lentamente uscendo dalla stanza, ormai solo mia.
Mi spogliai fermandomi a guardare il mio riflesso su quello specchio: avevo un'aspetto orribile.
Notai dei graffi sui miei fianchi: Sahar.

Sorrisi incoscientemente pensando a quando facevamo l'amore che la maggior parte delle volte dovevo inseguirla per tutta la casa o addirittura fuori, al laghetto. Come mi piaceva il modo in cui pronunciava il mio nome, un modo che solo lei riusciva a pronunciare.

La tristezza si fece spazio sul mio volto e un vuoto nel mio cuore. Quella pazza mi mancava nonostante tutto. Non è amore, ma semplicemente abitudine.

Entrai in doccia e mille pensieri mi invasero il cervello. Cosa starà facendo? Dov'è? Con chi è?
Perché mi importa sapere di lei?

Una settimana dopo

Erano passati solo qualche giorno, ma sembrava un'eternità: sentivo come la sua mancanza, un vuoto dentro me. Era tutto noioso e buio.

Continuavo a ripetere a me stesso che era solo abitudine, ma a chi voglio prendere in giro? Lei mi piaceva, ma dovevo assolutamente dimenticarla perché io amo la mia dea.

Ero così perso che presi la macchina e partì per una meta a me sconosciuta.
Non me ne resi conto che ero davanti a casa sua.
Cosa ci facevo lì?

Stupido lei non ti vuole più è presto vi lascerete, lasciala stare!

Aspettavo che uscisse o che si affaccasse dalla finestra. Sentivo solo il bisogno di vederla anche solo per qualche minuto.

La casa sembrava vuoto e non mi sbagliavo.
Qualche minuto dopo arrivò suo fratello, Sufian.
Salì in casa uscendo cinque minuti dopo con una borsa in mano. Non aveva un bell'aspetto, era abbastamza stanco.

- Sufian- lo chiamai raggiungendolo.
Non sapevo manco io cosa stavo per fare, ero incosciente.

- Vattene via! Non ti basta quello che hai fatto a mia sorella? Eh? Per colpa tua adesso lei sta male- urlò arrabbiato.

- Cos'ha Sahar?- chiesi preoccupato.
- Non t'importa. Vattene- disse salendo sulla sua auto e sfrecciando via.

Senza perdere tempo lo seguì con la mia macchina.

Il mio cuore iniziò battere forte quando arrivammo: mille paranoie il mio cervello iniziò a fare.
L'ospedale.

Iniziai a tremare e il mio cuore batteva forte  quasi da voler uscire.
Cercai di calmarmi e scesi seguendolo senza farmi vedere.

Lei era lì. Distesa su quel letto bianco con filo attaccati alle braccia.

- Cosa ci fai tu qui? Ti avevo detto di lasciarla stare!- dissi Sufian sbucando da in fondo al corridoio.

- Che cos'ha?- chiesi disperato.
- Non ti importo!
- TI HO CHIESTO CHE COS'HA!?- urlai con le lacrime agli occhi.

- Per colpa tua, dovrà abortire. O lei o il bambino. E sinceramente non lascerò che mia sorella muoia per colpa di un cretino. Avrà tanti figli in futuro insieme ad un uomo che la ami davvero.

Sahar's Story [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora