Prologo

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Non puoi tornare indietro e cambiare l'inizio, ma puoi iniziare dove sei e cambiare il finale.
(C.S. Lewis)

Un anno prima

Ero seduta a bordo piscina, nella mia villa in California, e leggevo un libro particolarmente interessante. Mio fratello Jason dormiva nella sua stanza, e i miei genitori erano in casa a programmare le loro vacanze in Provenza. Quella mattina, senza alcun motivo apparente, mi ero svegliata in preda ad uno stato d'ansia ed insofferenza. L'estate era agli sgoccioli. Da lì a poco avrei dovuto sostenere gli esami per ottenere l'abilitazione come avvocato, avevo i nervi a fior di pelle, non facevo altro che studiare. Ma quella mattina,  non riuscivo a concentrarmi, così decisi di rilassarmi e prendermi qualche ora per schiarirmi le idee. Era una giornata soleggiata, gli usignoli cinguettavano sulle fronde degli alberi, l'aria era limpida e afosa. Era una mattina come le altre, o almeno lo era in apparenza.
Tutto accadde nel giro di pochi secondi. Un fruscio improvviso attirò la mia attenzione. Pensai che fosse Lucky, il cane del vicino in cerca della sua seconda colazione, cosi non prestai molta attenzione e tornai con lo sguardo sul libro che stavo leggendo. Qualche secondo dopo un movimento d'aria attiro di nuovo la mia attenzione, e quello che mi trovai davanti era tutt'altro che un cane; da dietro gli alberi iniziarono a spuntare delle figure nere. Balzai all'in piedi facendo cadere a terra il libro; dovevo e volevo scappare, ma il panico aveva avuto la meglio, lasciandomi immobilizzata sul posto. Fu questione di pochi secondi. Mi ritrovai il giardino invaso da agenti dell'FBI, che con passo felpato e nel silenzio più assoluto si avvicinavano alla casa. Uno di loro mi raggiunse, mi agguanto il polso e mi fece segno di rimanere in silenzio; obbedii senza opporre resistenza. Nel mentre, dall'interno, sentii un chiasso assordante. Mi voltai di scatto verso la portafinestra per vedere cosa stesse accadendo, ma il riflesso del sole ostacolava la mia visuale, così, con un forte strattone liberai il polso dalla presa dell'agente, e mi fiondai verso la portafinestra. La scena che mi si presentò davanti rasentava l'assurdo.
Mio padre era in ginocchio, con le mani sulla nuca, sovrastato da una decina di agenti. Mia madre, visibilmente spaventata, era bloccata in un angolo della cucina da due agenti. Mio fratello, incurante di tutto quel caos, dormiva ancora in camera sua. Sentivo le loro voci, le loro urla, ma non riuscivo a capire cosa stessero dicendo; era come se improvvisamente fossi stata chiusa in una bolla. Qualcuno mi raggiunse, credo l'agente che poco prima mi aveva intimata di rimanere in silenzio, strattonandomi lontano dalla scena. Come un automa mi spostai nella direzione che aveva deciso per me. Mille pensieri e altrettante domande mi balenarono in testa, ma una su tutti si fece largo: Cosa diavolo stava succedendo ?! Perché gli agenti erano lì, e perché stavano arrestando mio padre?
Il resto si svolse in maniera veloce, come se qualcuno avesse spinto il tasto forward sul telecomando.

Dopo aver letto i diritti a mio padre, lo ammanettarono, lo tirarono da un braccio, lo misero bruscamente in piedi e lo condussero fuori dalla cucina, passando per il salotto, ed infine fuori dal portone d'ingresso. Io e mia madre, che nel frattempo era stata lasciata libera dall'agente che la teneva immobilizzata, li seguimmo, ma fummo prontamente fermate per impedirci di avvicinarci troppo. Lo fecero salire bruscamente sul sedile posteriore dell'auto della polizia, e lo portarono in commissariato. Nel frattempo, da dietro le nostre spalle, sentimmo qualcuno inveire con veemenza; mi voltai e vidi un Jason arruffato e ancora mezzo addormentato, con addosso solo i suoi soliti pantaloni da football che oramai usava solo come pigiama, che veniva scortato fuori casa. Si strattonò con violenza dalla presa di un agente, e ci raggiunse, quasi annaspando. Mi guardo con aria interrogativa e spaventata; io gli restituii lo stesso sguardo, ma non riuscii a proferir parola, cosi presi la sua mano nella mia. Avevamo bisogno l'uno dell'altra.
Un agente in borghese, un pezzo grosso presunsi, ci raggiunse, e ci spiegò che dovevamo seguirlo .
Ricordo il momento in cui  scoprimmo, che mio padre era stato accusato di frode fiscale e furto. Lui, che era un uomo d'affari che aveva sempre seguito le regole senza mai prendere scorciatoie, una persona con cui fare affari puliti, corretta e ligia al dovere, proprio lui, era finito nel peggior guaio possibile.
Nessuno degli avvocati che assumemmo credeva alla sua innocenza, ma accettarono comunque il caso. Gli restavamo solo io, mia madre, o cosi credevo, e mio fratello. Dovevo fare qualcosa, dovevo scoprire cosa c'era sotto, e per farlo dovevo trasferirmi a Seattle. Da un anno a quella parte, mio padre aveva iniziato a curare gli affari di uno dei più rinomati studi legali del paese. Dovevo iniziare da lì, avrei trovato sicuramente le risposte a tutte le mie domande.

Undercover Love #wattys2018Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora