Capitolo 14 ( una lunga notte)

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< Cami, credo sia ora di smettere di bere, non credi?>. Osservo il tavolo davanti a noi; sopra vi giacciono, ormai vuoti, sei bicchieri di birra.
< Non fare la guastafeste Lex, sto benissimo.> nel dirlo si alza all'inpiedi, ma qualcosa va storto, e la vedo capitombolare a terra. Nessuna delle persone accanto a noi si accorge dell'accaduto, sono tutti alticci, cosi mi piego verso di lei per aiutarla a rimettersi in piedi. Le prendo le mani e inizio a tirarla verso di me; nulla da fare, non si smuove di un centimetro.  È più pesante di quello che pensassi, e le sue risate non mi aiutano nell'impresa. Comincio a sudare; Camille è poco collaborativa, continua a ridere e a dare pacche sul sedere di ogni persona che le passa davanti. Sto seriamente pensando di lasciarla li per terra; la prossima volta impara a bere di meno.
< Camille, ti prego, alzati e andiamo a casa, stai dando spettacolo.>
< Lex ma come sei noiosa, ci stiamo divertendo non vedi?>. Sbuffo sonoramente, le lascio le mani e mi accascio sullo sgabello; prima o poi dovrà alzarsi da sola. Dopo dieci minuti abbondanti  non accenna a muoversi, anzi sembra che voglia passare tutta la serata lì.
<Camille è tardi, dobbiamo andare. Alzati ti prego.> Lei alza la testa e mi fissa negli occhi, con sguardo stralunato.
< Non possiamo andare a casa, dobbiamo aspettare Simone, sono venuta con lui. Aspetta che lo chiamo. SIMONNN, SIMONNNN VIENIIII ANDIAMO A CASAAAAAAAAAAAA.> Esplodo involontariamente a ridere. Vederla lì per terra, che urla per chiamare suo fratello, è qualcosa di esilarante.
< Camill smetti di urlare, non può sentirti in mezzo a questo frastuono. Credo che non sia nemmeno qui. Hai detto che se n'è andato con una ragazza, ricordi?>
< Ahahahah si è vero. Ok, allora restiamo qui tutta la notte. Wooooaahhhh>. Inizia a sbracciarsi e a muoversi a ritmo di musica, tutto rigorosamente seduta a terra.
   Vado nel panico; anche se riuscissi a metterla in piedi e portarla fuori dal locale, come ci arriviamo a casa? Dovrei chiamare un taxi, ma  sono le due di notte, non mi fido ad andare in macchina con uno sconosciuto, specie con Camille in queste condizioni. Vedo un cameriere passare e lo fermo al volo. Mi faccio aiutare a rimettere Cami sullo sgabello, e ordino una bottiglia d'acqua e qualcosa da mangiare; proviamo a farle passare questa sbronza.

Dopo un litro d'acqua, due hamburger e quattro visite al bagno del locale, Camille è tornata leggermente lucida, e si reputa pronta per tornare a casa. Sono le tre passate, il locale si è svuotato, e cosi anche il marciapiede. Prendo il telefono e provo a chiamare un taxi; niente. Tra un " sono dall'altra parte della città" e un " signorina non sono in servizio", decido di prendere Camille sotto braccio e andare a piedi fino a casa sua. Ci incamminiamo in silenzio lungo le strade deserte; regna un silenzio surreale,si sentono solo il rumore dei nostri respiri e il ticchettio delle sue scarpe. Ad un tratto sento un clacson suonare, ed una macchina accostarsi. La ignoro, e sempre guardando dritta davanti a me, continuo a camminare, stringendo la presa sul braccio di Camille. Lo sconosciuto persiste con il clacson, e io accelero il passo, trascinando me e lei lungo la strada. < Lex non correre, non riesco a tenermi in piedi.>
<Camille zitta e cammina, qualcuno ci sta seguendo.>
Arriviamo ad un incrocio, stiamo per attraversare la strada, quando il passaggio ci viene sbarrato da un auto blu. Mi arresto di colpo. Camille, incurante di quello che sta succedendo, mi viene addosso. < Ma che.. perché ti sei fermata di botto? >. L'auto ha i finestrini abbassati. Il conducente si sporge da esso, e ci sorride. Ha il viso in penombra, scorgo solo metà viso. Un brivido inizia a percorrermi lungo la schiena, e un segnale d'allarme inizia a rimbombarmi in testa. Dobbiamo andarcene da qui il prima possibile. Ricomincio a camminare, sempre trascinandomi Camille dietro, ma la macchina da gas, e quasi investendomi, ci blocca di nuovo la strada. Ok Lexie, respira, stai calma, non far vedere che hai paura e tutto andrà bene.
< Ragazze cosa ci fate da sole a quest'ora?>. L'uomo è ancora in penombra, riesco solo a scorgere un luccichio all'altezza delle labbra; forse ha  un piercing.
< Stiamo tornando a casa, i nostri fidanzati ci aspettano dall'altra parte della strada, vede proprio lì>. Alzo un braccio e indico un punto indefinito davanti a me. L'uomo in auto si volta per vedere il punto che sto indicando. In meno di mezzo secondo inizio a correre, tornando sui miei passi. Camille, che finalmente ha capito cosa sta succedendo, cerca di tenere il passo. Mentre corriamo sentiamo l'uomo dell'auto imprecare, mettere la retromarcia e dare gas. Oh mio dio ci sta inseguendo.  Con la coda dell'occhio scorgo alla mia destra un insenatura tra due palazzi. Non ho molto tempo per pensare, così con uno strattone vi ci trascino me e Camille. Lo spazio è stretto, buio, angusto e puzza di carne in putrefazione. Ci accasciamo lungo il muro, stando ben attente a non toccare terra con il corpo o le mani. Vediamo l'auto blu passarci davanti e proseguire il suo cammino. Non ci ha viste. Entrambe tiriamo un sospiro di sollievo e ci guardiamo. Siamo una accanto all'altra, con la schiena poggiata al muro, e le gambe che tremano per lo sforzo dopo la corsa.
< Credo mi sia passata la sbronza. Non mi era mai successo cosi velocemente.> In altre circostanze questa sarebbe stata una situazione divertente, ma ero terrorizzata e infreddolita; ed ora come torniamo a casa?
< Scusa Lex, se non mi fossi ubriacata saremmo tornate prima, e non ci troveremmo in questa situazione. Mi dispiace.>
Ha ragione, è solo colpa sua, sono in collera con lei, vorrei urlarle addosso, ma non servirebbe a nulla.
< Tranquilla. Comunque dobbiamo trovare un modo per tornare a casa. Arrivarci a piedi è escluso.>
< Potrei provare a chiamare Simon. La notte tiene sempre il cellulare acceso, anche se dorme lo sentirà squillare.> Annuisco a quella proposta. La vedo frugare nella sua borsa e tirare fuori il cellulare.
< Merda è scarico.> La guardo allarmata. Non c'è mai fine al peggio.
< Come scarico, e ora che facciamo?>
< Hai con te il tuo cellulare Lex?>
< Si, ecco prendi>
Lo tiro fuori dalla borsa e glielo porgo. La vedo comporre veloce il numero, e portarsi il telefono all'orecchio. La prima telefonata va a vuoto. Dopo quattro chiamate senza risposta, finalmente Simon risponde.
< Simon sono Cami.Si lo so che stavi dormendo ma è urgente. Devi venire a prenderci, subito.> attimo di silenzio < non lo so dove siamo> ancora silenzio < ok ora ti mando la posizione. Ti prego fai in fretta, c'è un tizio che ci sta inseguendo.> mette giù e mi porge il telefono.
< Dovresti mandargli la posizione. Lo farei io, ma in questo momento non sono in grado.> La vedo cingersi le gambe con le braccia e dondolarsi sui talloni. Prendo il telefono, apro l'app e mando la nostra posizione all'ultimo numero nell'elenco delle chiamate effettuate.

Passano dieci minuti di totale silenzio. All'improvviso noto, alla mia sinistra, un auto accostare sul ciglio della strada. Sento spegnere il motore e una portiera chiudersi. Camille sta per alzarsi e uscire dal nostro nascondiglio, ma le afferro il polso e la rimetto a sedere. Si gira con sguardo contrariato < ma che fai è arrivato Simon, andiamo.>
< Come fai ad essere certa che sia veramente lui? Aspettiamo.>
Sentiamo dei passi sul marciapiede. Il cuore sta per uscirmi dal petto, non riesco a respirare per la paura; e se fosse di nuovo quell'uomo con l'auto blu?
<Camille sei qui?> . La voce di Simon risuona nell'aria notturna, e senza attendere oltre ci alziamo e usciamo dal nascondiglio. Camille corre incontro a suo fratello, buttandogli le braccia al collo.
< Ehy sono qui, sei al sicuro adesso.>  Faccio qualche passo verso di loro, senza avvicinarmi troppo. Vedo Simon alzare gli occhi da sua sorella e puntarli nei miei. < Tu stai bene?> non riesco a parlare, così annuisco. Lo vedo prendere una grande boccata d'aria < Ok, è ora di andare. Per questa sera direi che ne avete passate abbastanza. Andiamo. >  Ci avviamo tutti e tre verso il suv  grigio parcheggiato a pochi centimetri da noi; Simon, dopo aver aperto la portiera anteriore alla sorella, gira intorno l'auto e sale al posto di guida, mentre io salgo nel sedile posteriore, dietro Camille.
L'abitacolo è cado e confortevole. Finalmente mi sento al sicuro, e tiro un sospiro di sollievo.
Simon mette in moto l'auto, e senza voltarsi, mi chiede l'indirizzo di casa. Nell'abitacolo regna un silenzio tombale. Per tutto il tragitto non riesco a fare a meno di osservare il profilo di Simon, che viene illuminato, ad intervalli regolari, dalla luce dei lampioni. Il naso perfetto, le labbra definite e la mascella squadrata, tutto mi riporta con il pensiero a quella mattina nella sua cucina.
< Siamo arrivati>. Mi desto dai miei pensieri, volgo lo sguardo fuori dal finestrino, e mi accorgo che siamo davanti il mio palazzo.
< Bene, allora grazie per averci salvate, e per avermi accompagnata a casa. Sei stato molto gentile. Cami, noi ci vediamo lunedì in ufficio. Grazie per la serata " particolare".> Le stringo la spalla con una mano, e la sento ridere. Scendo velocemente dall'auto e mi avvio verso il portone. Sento una portiera aprirsi, mi volto e vedo Simon venirmi incontro. Vado in iperventilazione; e ora cosa vuole?
Mi raggiunge con due falcate e si posiziona davanti a me.
È talmente vicino  che, anche con il buio, riesco a scorgere le iridi dei suoi occhi. Mille pensieri mi frullano per la testa;Sono ormai senza fiato. Il cuore batte ad oltranza; sento il suo respiro solleticarmi il viso forse è venuto per scusarsi per come si è comportato l'ultima volta che ci siamo visti. Oppure vuole augurarmi la buona notte. 

Invece no.

< Tieni, hai dimenticato la giacca sul sedile> allunga un braccio verso di me. Attonita guardo prima la giacca,  poi il suo viso. Non mi guarda. I suoi occhi sono puntati su qualcosa oltre la mia spalla. Mi sento un idiota ad aver pensato, anche solo per un secondo, che si sarebbe scusato con me.  Non ha nemmeno le palle di guardarmi negli occhi. Non aspetto oltre,  gli strappo la giacca dalle mani, e senza nemmeno ringraziarlo apro il portone e mi precipito dentro.
Prendo l'ascensore,  e salgo al terzo piano. Entro nell'appartamento, sbattendomi la porta alle spalle. Sono infuriata; con me per aver di nuovo abbassato le difese,  con Camille per essersi ubriacata e avermi quasi fatta molestare da degli sconosciuti, e con Simon perché.... Beh perché è Simon. Odio la sua vicinanza, mi manda in confusione.
Mi ha ignorata di nuovo, come se non fossi nessuno, come se fossi l'ultima ragazzetta cretina di turno.
La verità di fondo è che, quella mattina nella sua cucina, per lui ero una qualunque ragazza che è solito portarsi a casa dal locale. 
Mi guardo intorno. Dalla finestra intravedo le prime luci del giorno; è quasi l'alba. Mi avvicino al vetro e mi perdo con i pensieri.  Sotto la luce di un nuovo giorno, Simon, Morrison, mio padre, e tutto ciò che mi circonda, sparisce all'improvviso, come se la patina che mi acceca da molti anni a questa parte fosse finalmente sparita. Tutti i problemi insormontabili, le paure, le perplessità scomparsi. Quell'alba mi stava rendendo libera; anche se solo per pochi minuti.

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