< A quanto pare quest'inverno ci terremo caldo a vicenda, questa stanza è un cubicolo, il mio bagno è più grande. Come cavolo sono riusciti a far entrare due scrivanie qui dentro resterà uno dei misteri irrisolti della mia vita; forse oltre ad essere i migliori legali di Seattle, sono anche i migliori giocatori di tetris.>Scoppio in una fragorosa risata e le do ragione; quest'ufficio è un buco, a stento riusciamo a passare tra una scrivania e l'altra.
Noto all'istante la pila chilometrica di scartoffie poggiata sulle nostre scrivanie <credo che questi siano i nostri incarichi per i prossimi sei mesi>. Nel frattempo Camille è riuscita a sedersi al suo posto, ha acceso il laptop ed è intenta a leggere le mail.
< Mi dispiace deluderti cara Lexie, ma sulla mail che ci hanno inoltrato sui nostri nuovi e cazzutissimi laptop, c'è scritto che questo è il nostro primo incarico, assegnatoci per valutare la nostra preparazione e le nostre competenze legali, appena lo termineremo verremo valutate e ci verrà assegnato un secondo incarico, e via cosi per i prossimi sei mesi>. Guardo con la bocca spalancata la pila di scartoffie.< Stai scherzando, vero? è umanamente impossibile, non possono veramente pretendere che due persone facciano il lavoro di dieci. E sentiamo, quanto tempo abbiamo per portare a termine l'incarico?> Camille picchietta sulla tasieta < qui sulla mail non lo dice, ma fanno ben intendere che prima finiamo, meglio saremmo valutate, quindi direi di metterci subito a lavoro. Prima però proviamo il bar. Ci sono passata davanti poco prima della riunione, e ho notato dei cornetti dall'aria invitante.> Camille mi guarda sorridente come ad invogliarmi ad accettare la sua proposta; lei non sa che mi ha convinta non appena ha detto " cornetto ".
Ci avviamo verso il bar. Lo troviamo quasi completamente deserto, tavoli e sedie sono vuoti, mentre al bancone sono presenti tre o quattro persone, tra qui l'avvocato Morrison, affiancato da una spilungona mora. Sono intenti a chiacchierare sorseggiando un caffè, incuranti della nostra presenza. Sia io che Camille lo notiamo all'istante, ci guardiamo con gli occhi sbarrati, e ci facciamo sengno a vicenda di tornare in ufficio, prima che lui ci veda; con molta non chalance cerchiamo di tornare sui nostri passi . Camminiamo all'indietro, cercando di non dare nell'occhio. Sto trattenendo il respiro, ce l'abbiamo quasi fatta. Altri due passi e siamo fuori dal bar, ma proprio all'ultimo momento Camille urta accidentalmente un tavolino, producendo un rumore disumano.
Morrison e la donna accanto a lui si girano all'istante, guardandoci con sguardo interrogativo. Camille prende subito la parola < Ecco ehm salve. Scusate, non avevo visto il tavolino, non volevamo disturbare; siamo venute per prenderci un caffè cosi da poter iniziare alla grande il nostro lavoro>. Morrison sposta subito il suo sguardo verso di me, e inizia a fissarmi con quei suoi intensi occhi verdi. Non so cosa mi stia succedendo, ma non riesco a distogliere lo sguardo, e a stento mi accorgo che mi sta rivolgendo parola.< Lei è la signorina Thompson giusto?> oh cavolo, si ricorda già il mio nome. Inizio a sudare freddo, e deglutisco a fatica prima di rispondere. < Ehm si sono io, molto piacere>. Lui continua a fissarmi senza battere ciglio. < Questa mattina è già arrivata in ritardo, non crede di aver perso già troppo tempo? In questo ufficio i fannulloni hanno vita breve. Oggi sono clemente, e non la sbatto fuori, ma penso sia meglio se questa sera lei resti un ora dopo la fine dell'orario d'ufficio, per recuperare il tempo che sta perdendo. Si ricordi però, la tengo d'occhio, e la prossima volta potrei non essere così incline a dare seconde opportunità.> Merda, ci mancava solo una ramanzina il primo giorno di lavoro. < Si signor Morrison, ha ragione mi scusi, non perderò più tempo, torno subito nel mio ufficio>. Con un ultima occhiata annuisce nella mia direzione, rivolge qualche parola alla donna accanto a lui, gira i tacchi e se ne và. Mi volto verso Camille, che mi lancia occhiate dispiaciute, e le faccio segno di tornare nel nostro buco di stanza.Una volta tornate ci sediamo entrambe alle nostre scrivanie; io inizio a dare uno sguardo alla pila infinita sulla mia scrivania. Sento lo sguardo di Camille su di me, cosi alzo la testa e la trovo a guardarmi.
< Lexie mi dispiace, è tutta colpa mia, se non avessi urtato quel maledetto tavolino ora non saresti costretta a rimanere qui più del dovuto. Sono una stupida maldestra, mi dispiace.> Le sorrido. < Ma smettila, non è colpa tua, anzi. È colpa, in primis, di quella stronza della receptionist che mi ha fatta arrivare in ritardo, e poi di quel dittatore di Morrison; credo che mi abbia presa di mira>.
< Hmm , si credo tu abbia ragione. Alla fine questa mattina sei arrivata solo con 5 minuti di ritardo alla riunione, mi sembra troppo eccessivo farti restare un ora in più>.
< Lo so Camille, ma lui è uno dei capi, ed è meglio non controbattere. Devo a tutti i costi arrivare trà i dieci migliori> la vedo annuire e prendere il fascicolo in cima alla pila. < Allora mettiamoci a lavoro>La giornata passa velocemente e alle sei Camille si alza e inizia raccogliere le sue cose. < Ti avrei fatto volentieri compagnia, mi diapiace lasciarti da sola, alla fine ti ho convinta io ad andare a prendere un caffè, però ho un appuntamento importante che non posso rimandare, puoi perdonarmi?>.
< Ma scherzi?! Vai tranquilla, non ti preoccupare, ci vediamo domani>. Camille mi sorride, si avvicina e mi da un abbraccio. Io resto di sasso. Non sono abituata a dimostrazioni d'affetto cosi spontanee e sincere, specie se provengono da persone che conosco da meno di dodici ore.
Nel mio cervello qualcosa si smuove; vorrei tanto ricambiare l'abbraccio, sto pensando seriamente di farlo, ma le mie braccia non accennano a muoversi. Camille intuisce la mia rigidità, si stacca e mi sorride. < A Domani allora, ti porterò un caffè e un cornetto gigante per farmi perdonare>. Io scoppio a ridere. < Ok, lo accetto molto volentieri. Buona serata, divertiti anche per me, a domani>. Con un ultimo sorriso esce e si chiude la porta alle spalle. È una ragazza speciale e sarebbe una buona amica, ma non posso avere amici in questo momento della mia vita, devo risolvere questioni più importanti.
Ricomincio a lavorare. Mi concentro talmente tanto, che, quando mi ritrovo ad alzare la testa dai vari fascicoli, fuori è già buio. Accidenti, ma che ore sono? L' orologio del Laptop segna le otto e un quarto. Caspita, sono rimasta più del previsto, é ora di togliere le tende. Raccolgo le mie cose e mi avvio verso l'ascensore. Sono talmente assorta nei miei pensieri, che vado a sbattere contro una colonna. Sto per cadere all'indietro ma la colonna mi sorregge con una mano... Aspetta... Le colonne non hanno le braccia. Alzo la testa e mi ritrovo un paio di occhi verdi che mi guardano divertiti.
< Deve stare più attenta a dove mette i piedi potrebbe cadere e farsi male. È stata fortunata a trovare il mio braccio, altrimenti sarebbe finita a terra>.
In preda al panico mi scanso all'istante da lui, e inizio a blaterare senza senso delle scuse.
Lui, con un sorriso da mozzare il fiato, ricomincia a parlare:
< Non si preoccupi, non c'è problema, anzi, sono felice di constatare che è rimasta più del dovuto in ufficio. Le faccio i miei complimenti>. Io gli restituisco un sorriso timido. Nel frattempo le porte dell'ascensore si aprono.
Restiamo entrambi per un attimo a fissarle; sono come paralizzata, dovrei entrare in quel maledetto ascensore ma non riesco a muovermi. Da quando sono diventata così emotiva e cacasotto? Fortunatamente è lui a rompere il silenzio e fare la prima mossa
< Prego prima le signore>. Oltre ad essere dannatamente sexy, è anche un gentleman. Rinsavisco all'istante, ed entro velocemente nell'ascensore. Lui mi segue, schiaccia il pulsante per il pian terreno e le porte si chiudono.
L'aria si fa carica di tensione, io tengo gli occhi fissi sulle mie scarpe e spero mentalmente che questo stramaledetto ascensore si sbrighi a scendere. Dopo un tempo che sembra non finire mai, le porte si aprono e io mi precipito fuori.
< Ehm allora a domani Signor Morrison, e mi scusi ancora per prima.>
Lui mi segue fuori dal palazzo. < Non si preoccupi, anzi é stato un piacere sorreggerla. A domani, e mi raccomando questa volta puntuale>. E con un ultimo sorrisetto si avvia verso la sua auto.
Io resto ancora un po' a fissare il vuoto, sconcertata per quella strana frase finale. Finalmente ritrovo un po' di lucidità mentale e mi avvio a piedi verso casa. Mi è sempre piaciuto fare lunghe passeggiate, mi danno modo di pensare.Oggi non è andata come speravo, anzi è andata anche peggio. Il mio obiettivo era farmi notare il meno possibile e passare inosservata. E invece che faccio? Arrivo tardi alla riunione, mi faccio beccare a bighellonare in giro per il bar dall'ultima persona che deve sapere della mia esistenza qui, e in più,non soddisfatta, gli cado tra le braccia come una rincoglionita . E ciliegina sulla torta, mi sono creata già una nemica.. L'oca giuliva. Non so che problemi abbia, o perchè si sia comportata in quella maniera, nemmeno mi conosce, ma devo stare molto attenta perchè potrebbe crearmi non pochi problemi.
Il mio obiettivo non è arrivare tra i primi dieci per ottenere il lavoro. Per me riuscirci è una questione cruciale e di vitale importanza, non posso permettermi di fallire. Arrivare alla fine, mi permetterà di scoprire tutti i segreti, e le magagne che ci sono in quest'ufficio. E per farlo devo riuscire ad avvicinarmi al signor Brown, è lui che possiede tutte le risposte che cerco e che mi servono. Una volta ottenute, sarà tutto finito, potrò buttarmi il passato alle spalle e iniziare una nuova vita, per quanto sia possibile.
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Undercover Love #wattys2018
RomanceLexie è nata e cresciuta in California insieme ai suoi genitori e suo fratello Jason. Si é trasferita a Seattle dopo essere stata presa per uno stage in uno degli studi legali migliore del paese. All' apparenza sembra una normalissima ragazza che ce...