Flashback

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Sono ore che siamo chiusi in questo commissariato, senza sapere l'uno dell'altro. Dopo aver portato via mio padre, gli agenti  hanno perquisito tutta la casa In cerca di chissá che cosa. Ricordo ancora la faccia scandalizzata di mio fratello, quando venne scortato da un agente in salotto e fatto sedere bruscamente sul divano accanto a noi. Non riuscì ad emettere nemmeno mezza parole. Sicuramente credeva ancora di sognare. Dopo aver messo a soqquadro tutto, siamo stati messi in una volante e portati qui. L' unica cosa che ci hanno detto, é che mio padre è in guai seri.

Una volta giunti in centrale ci hanno chiuso in stanze separate per interrogarci; sono stata tartassata di domande su chi fosse mio padre, come si procurava i clienti, dove teneva i soldi. Io non ho risposto nemmeno a mezza, di quelle domande. Dopo due ore di interrogatorio pressante, mi accompagnano in  sala d'attesa dove ci sono già ad aspettarmi, mia madre e mio fratello. Appena entro ci guardiamo tutti e tre negli occhi, ma non abbiamo il coraggio di dirci nulla. Sono prossima ad una crisi di pianto, ma devo tenere duro , per loro. Mi siedo vicino a mio fratello, e  solo in quel momento, mi rendo conto che sia io che lui siamo ancora in pigiama. Siamo in un maledetto commissariato con indosso un maledetto pigiama. Noto che anche lui si è reso conto solo ora del nostro abbigliamento; ci guardaimo negli occhi, ed inevitabilmente scoppiamo a ridere. Io e Jason siamo sempre stati cosi, sin da piccoli. Anche nei momenti meno opportuni, ci basta uno sguardo per scoppiare a ridere. La goliardia dura poco, e dopo qualche minuto Jason si alza:  < vado a prendere un caffé ne vuoi uno?! > mi riscuoto dai miei pensieri e mi accorgo che Jason si sta rivolgendo a me. < no J > queste sono le uniche parole che riesco a pronunciare, così mio fratello si avvia verso la macchina del caffé. Non lo avevo mai visto così abbattuto. Nemmeno io mi ero mai sentita come mi sento in questo momento. Sembra l'inferno.

Mi giro ad osservare mia madre in cerca di un pò di conforto, e inizio ad osservarla: Ha la coda , di solito impeccabile, tutta fuori posto, i vestiti spiegazzati e si torce le mani nervosamente. é visibilmente preoccupata, scatta sulla sedia ad ogni minimo rumore, come se sperasse che da un momento all'altro da una di quelle porte possa uscire mio padre sorridendo e affermando che é stato tutto un malinteso. Mi rendo conto in quel momento, che devo essere io di conforto per lei, cosi mi alzo dalla mia sedie e mi posiziono accanto a lei. Si accorge di me, e inizia a guardarmi con gli occhi pieni di lacrime. In questo momento non trovo nessuna frase o parola di conforto che possa aiutarla, cosi mi limito a tenerle la mano sprenado di infonderle un pò  di forza. Poco dopo ci raggiunge anche mio fratello, si siede accanto a me e mi prende la mano. Restiamo li immobili e ignari per un tempo indefinito, cercando di farci forza a vicenda, non immaginandoci nemmeno lontanamente che il peggio deve ancora arrivare; questo è solo l'inizio della fine.  

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