Capitolo 16 ( Notti magiche)

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Ci sediamo tutti e tre intorno all'amplia penisola che divide la cucina dal salotto, e tra una chiacchiera e l'altra mangiamo le nostre pizze direttamente dal cartone. Riesco a malapena a mangiare due tranci della mia, il resto viene ingurgitato da Simon. Lo guardo in cagnesco, sperando che capisca di dover smettere di ingozzarsi, ma lui con un'espressione da ebete e l'ultima fetta di pizza infilata nella bocca, fa finta di non capire. Evito accuratamente di prenderlo a sberle in faccia e mi accontento di quel poco che mi ha lasciato. Finito di mangiare, mentre quei due continuano a battibeccare, prendo i cartoni e le bottiglie vuote di birra, e getto il tutto nella pattumiera sotto il lavello. Un rumore di vibrazione attira la mia attenzione; mi volto verso di loro e noto Simon con il telefono tra le mani. Un'espressione indecifrabile gli attraversa il viso. Con la mano destra compone un breve messaggio, poi blocca il telefono e lo getta sul divano. Il tutto non passa inosservato a Camille, che prontamente ricomincia a tampinarlo di domande. "Chi era, la ragazza a cui hai dato buca? O qualche altra povera tizia a cui hai spezzato il cuore dopo aver passato con lei una notte di fuoco?". A quella domanda le mie orecchie scattano sull' attenti, come fossi un cane da caccia; ho urgenza di sapere la sua risposta. Di rimando Simon guarda la sorella "in realtà era la tua coscienza, che dice di farti i cazzi tuoi"; come era prevedibile a quella risposta Cami si scaglia di nuovo contro il fratello, dando inizio al round numero due della serata. Con un alzata di occhi decido di farmi da parte, e mi avvio verso il divano,con l'intenzione di affondarci dentro, ma una portafinestra alla mia destra cattura la mia attenzione. Cambio direzione, avviandomi verso di essa. Scosto un po' il pesante drappo grigio e guardo attraverso il vetro. Con mia sorpresa noto che l'appartamento non affaccia sulla strada come avevo immaginato, ma bensi su un enorme balcone. Faccio scorrere la portafinestra, ed esco. Resto quasi senza fiato; lo spazio è amplio. Il pavimento è composto da lunghe travi di legno grigio che corrono lungo tutta la lunghezza; di fronte un parapetto di vetro mostra la città in tutta la sua bellezza. Ai due lati, piante di ogni genere, posizionate in vasi di ogni genere e dimensione, arricchiscono l'ambiente, donando all'ambiente un aspetto selvaggio. Al centro sono posizionati un basso tavolino di vetro e ferro, e quattro pouf grigio chiaro, dall'aria estremamente comoda. Il soffitto è ricoperto da tralicci di edera.
"Ti piace? L'ho arredato io." Quelle parole arrivano come un sussurro al mio orecchio, solleticandomi il collo, e spostandomi qualche ciocca di capelli. Mi volto quel tanto che basta per averlo nel mio campo visivo e annuisco senza fiato. Una leggera brezza si alza, portano il suo profumo di menta e fiori di bach. Inspiro profondamente quella fragranza, quel tanto che basta per farla arrivare dritto al mio cuore. Lo sento respirare dietro di me, tanto vicino da percepire il calore irradiarsi dal suo corpo. Una miriade di farfalle esplodono nel mio stomaco, ed un calore si accende nel mio basso ventre. Come se non bastasse tutto questo a farmi quasi svenire dal piacere, si sposta di qualche centimetro, sfiorandomi la schiena con il suo ampio torace. "E non hai ancora visto il meglio" e con un gesto fa scattare un interruttore. Mille piccole luci soffuse si accendono sopra di me, nascoste tra le foglie d'edera, come fossero tante minuscole lucciole. Mi volto verso di lui. "E' bellissimo", e lo dico pensando alle piccole luci, al terrazzo, al panorama, ma soprattutto a lui, cosi vicino in questo momento, talmente tanto che riesco a scorgere le piccole luci specchiarsi nei suoi occhi. "Anche tu". È un sussurro, talmente impercettibile che penso di averlo solo immaginato, ma a quel sussurro si aggiungono le sue lunghe e calde dita sulla guancia, e forse non ho immaginato quelle parole, forse dovrei scansarmi, o forse no, e intanto le sue dita scendono lungo la mia mandibola, disegnando il contorno del mio viso. Siamo così vicini che i nostri respiri si fondono, i nostri petti si toccano. Non riesco a muovermi, ma anche volendo non mi sposterei di mezzo millimetro. Ho la mente ed i sensi annebbiati, riesco solo a pensare a quelle labbra rosa e carnose così vicine alle mie, e vorrei morderle, succhiarle, assaporarle, fonderle con le mie in un bacio senza tempo. Siamo vicini, molto vicini, sta per succedere....
"ehi che fate, continuate la festa senza di me?" e d'improvviso la magia si rompe, i nostri corpi si allontanano, la sua mano con lui, lasciando un senso di torpore nel punto in cui fino a poco prima era adagiata. Mi schiarisco la gola ed abbasso lo sguardo. Lui raggiunge sua sorella, le toglie le birre dalle mani e si dirige verso il tavolino, occupando uno dei quattro pouf. Io guardo Camille, scandagliando il suo viso in cerca di qualche indizio che mi faccia capire se ha afferrato o meno la situazione in cui ci ha appena beccati, ma lei è già oltre, troppo ubriaca per cogliere qualsiasi cosa abbia visto. Si posiziona di fianco al fratello, in maniera a dir poco sgraziata, ricordandomi uno scaricatore di porto, e io di seguito accanto a lei, ritrovandomi di fronte Simon. Non ho il coraggio di guardarlo, e nemmeno di parlare, sono ancora profondamente scossa dal momento appena trascorso. Li sento borbottare, ma non capto il significato delle loro frasi, troppo persa nei miei pensieri. Riesco ancora a sentire il profumo della sua pelle e il suo tocco delicato sulla mia guancia. Un rumore insistente mi riporta alla realtà, giusto in tempo per scorgere il posteriore di Simon avviarsi verso l'interno della casa; e che posteriore. Sodo, alto, fasciato alla perfezione dai jeans. Torna poco dopo con un aria divertita sul viso. "Che c'è di tanto divertente? Chi era?" chiede Camille, biascicando ogni parola. Lui di rimando guarda la sorella "la domanda giusta è, chi è? E la risposta esatta è, Luke, che sta salendo proprio in questo momento." Mi volto verso Camille, e la vedo sbiancare; ora capisco perché Simon stava ridendo. Sa benissimo che effetto che ha Luke sulla sorella.
"Che cosa vuol dire sta salendo? Che diavolo è venuto a fare? Cosi, senza avvertire. Oh mio diooooo!" si alza di scatto ed inizia a camminare per la veranda con le mani nei capelli.
"Mi ha cercato venti volte sul cellulare, dato che non otteneva risposta ha deciso di venire a prendermi." Camille, ancora con le mani tra i capelli, guarda il fratello con sguardo omicida. Poi con uno scatto felino si avventa su di me, facendomi quasi cadere dal pouf.
"Tu, inventati qualcosa e mandalo via. Guarda come sono conciata. Se in occasioni normali a stento mi rivolge la parola, dopo sta sera potrei diventare definitivamente invisibile." La guardo con aria compassionevole; effettivamente ha un aspetto di merda. Capelli arruffati in una coda sbilenca, pantaloni della tuta di tre taglie più grandi e macchiati di candeggina e una canotta da far invidia ad un muratore all'ora di punta in un giorno d'estate. Evito di esporle i miei pensieri e molto delicatamente le prendo le mani, che fino a quel momento stavano stringendo con forza il bavero della mia camicia, e me le porto in grembo. "Cami, rilassati. Se ti alzi in questo preciso istante puoi correre in camera tua e darti una sistemata. Sei già bellissima così, non ti ci vorrà molto. Sei a casa tua, un territorio neutro, potrebbe essere la volta buona che tra voi due finalmente scocchi la scintilla." Non appena finisco la frase sentiamo bussare alla porta. Camille schizza in piedi. "Hai ragione Lex, sei un genio. Non farlo andare via ci metto un minuto". Si gira e con sguardo minaccioso punta l'indice contro il petto del fratello. "E tu. Questa me la pagherai", e mimando delle forbici corre in casa. I colpi alla porta si fanno insistenti. Guardo Simon, ancora in piedi vicino la porta finestra e gli faccio cenno di andare ad aprire. Lui si riprende dallo shock causato dalla non troppo velata minaccia della sorella di tagliargli i gioielli di famiglia, e va ad aprire. Io, sempre con la birra tra le mani, mi alzo e mi avvicino al parapetto per godermi il panorama. Tante piccole luci si stendono sotto di me; in lontananza lo skyline si erge in tutta la sua maestosità. Sono mesi che sono qui a Seattle, e ancora non sono riuscita a visitarlo. Ho sempre amato Seattle, sin dalla prima puntata di Grey'sAnatomy; avevo programmato di visitarla un giorno o l'altro, passare una settimana tra ferry-boat, ristoranti e musei. Avevo anche la scusa; dato che mio padre lavorava come consulente con uno studio legale del posto, avrei potuto accompagnarlo, visitare la città mentre lui era a lavoro, e di sera cenare in ogni sorta di ristorante. Invece le cose sono andate in maniera leggermente diversa; non sono qui come turista, ci vivo; le uniche parti della città che ho visitato sono state il tragitto che percorro tutti i giorni da casa fino all'ufficio, e i ristoranti in cui ho mangiato sono il take-away del ristorante cinese alla fine del mio isolato.
"C'è un bel panorama da qui non trovi?" mi volto e per la terza o quarta volta questa sera, ho perso il conto, mi ritrovo quei due occhi magnetici che mi osservano da una distanza ravvicinata. Abbasso lo sguardo, troppo codarda da riuscire a mantenere il contatto visivo, e torno a guardare di fronte a me. Di nuovo il suo profumo invade le mie narici, e non posso far altro che inspirarlo fino a raggiungere il mio cuore. Le nostre braccia si toccano, ma a nessuno dei due sembra creare fastidio. Mi volto di nuovo verso di lui, e lo trovo a fissarmi. Questa volta mantengo il suo sguardo, e rispondo alla sua domanda. "Sì, da mozzare il fiato."

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⏰ Ultimo aggiornamento: Oct 02, 2019 ⏰

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