Flashback

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L'udienza

I giorni dopo l'arresto furono un turbinio di confusione; il nostro giardino fu invaso da giornalisti, ogni volta che mettevamo piede fuori casa venivamo assaliti per essere intervistati, ad ogni passo venivamo seguiti dai paparazzi o tartassati di domande; all'inizio mia madre cercava di rispondere, ma ogni sua parola poi veniva riportata in modo falso e menzognero da telegiornali e testate giornalistiche in modo da far apparire mio padre colpevole, così smettemmo di rispondere, e per evitare ulteriori malintesi fummo costretti a chiedere aiuto ad alcuni amici di famiglia che curassero le nostre pubbliche relazioni. Dopo una settimana dall'arresto l'avvocato di mio padre riuscì ad ottenere un udienza per fissare la cauzione; eravamo tutti abbastanza positivi. Mio padre non aveva precedenti di nessun genere, non aveva denunce o multe non pagate, quindi pensammo che sarebbe stato un gioco da ragazzi ottenere un uscita su cauzione.

La notte prima dell'udienza non riuscii a chiudere occhio, e l'indomani mattina mi resi conto che anche mia madre e mio fratello avevano avuto la mia stessa difficoltà. Facemmo colazione in un silenzio tombale; io non riuscii ad ingoiare nemmeno un boccone dei miei cereali con yogurt, così lo buttai senza nemmeno averlo toccato. I silenzi in casa nostra oramai erano diventati assordanti. Da quando avevano arrestato papà mi accorsi che mamma non era più la stessa. Sembrava si dispiaciuta e si faceva in quattro per scagionare nostro padre, ma non la vedevo turbata come invece lo eravamo io e Jason.
Uscimmo di casa alle 8:35; l udienza era fissata per le 9:15 e da casa nostra al tribunale ci volevano 20 minuti con il traffico, quindi eravamo in largo anticipo, avremmo potuto aspettare ancora e prenderci un momento per noi, ma la casa era diventata soffocante, quindi tanto meglio. Il giardino era disseminato come sempre da giornalisti. Notai però che  erano molti meno. Eravamo una delle famiglie più ricche della California, ma eravamo anche molto restii alla vita mondana e al gossip, e non avevamo mai dato adito a voci o pettegolezzi, quindi potete ben immaginare che storia succulenta era per i giornali il fatto che mio padre fosse finito in galera.
Arrivammo in tribunale prima del previsto, e capii all'istante come mai poco fa il giardino fosse mezzo vuoto: le scale del tribunale erano gremite di giornalisti tutti in attesa del nostro arrivo. prima di scendere dalla macchina Thomas, il nostro addetto stampa, ci redarguì vietandoci categoricamente di rilasciare interviste. Ancora non erano chiari i capi d'accusa, di conseguenza qualsiasi cosa avessimo detto poteva essere usata contro di noi o addirittura farci apparire come complici di nostro padre. Io dal canto mio non avevo proprio intenzione di parlare con nessuno, meno che mai con i giornalisti. Era dall'arresto di mio padre che non vedevo ne sentivo i miei amici o il mio ragazzo Chris; ero troppo sconvolta anche solo a pensarci, immaginate parlarne con qualcuno. Scendemmo velocemente dall'auto, mia madre camminava a testa alta non degnando nessuno di uno sguardo; io ero dietro di lei, incollata a mio fratello e camminavo a testa bassa. Venimmo subito accerchiati; venivo spinta e schiacciata da una parte all'altra e fu un impresa arrivare fin sopra le scale senza urlare o dare di matto prendendo tutti a sberle in faccia per farli spostare.
Una volta dentro ci avviammo verso l'aula dove si sarebbe tenuta l'udienza e ci sedemmo dietro il banco degli imputati. L'aula era così affollata che erano rimasti solo posti in piedi. Mi guardai intorno in cerca di qualche viso familiare, ma non vidi nessuno. I nostri amici piano piano si stavano allontanando da noi; oramai eravamo una famiglia colpita dallo scandalo, non potevano permettersi di farsi vedere in nostra compagnia. Restai un po' delusa notando l'assenza di Christal, la mia migliore amica, e di Chris.  Non potevo biasimarli, ero sparita e li avevo tenuti lontani nonostante loro avessero cercato in tutti i modi di starmi vicino, però riflettei e pensai che avevano rinunciato abbastanza facilmente, e la loro assenza di oggi ne era la prova. entrò il giudice e poco dopo nostro padre. Rimasi sconvolta nel vederlo; non era più l'uomo distinto che conoscevo, ora era sciupato e spettinato, aveva il viso scavato e lo sguardo cupo. Fu condotto da due agenti al suo posto, proprio davanti a noi. Si sedette senza nemmeno voltarsi.

Quella che all'inizio doveva essere una semplice udienza per fissare la cauzione ben presto si rivelo un udienza di condanna; vennero letti i capi d'accusa che comprendevano riciclaggio, frode fiscale, falso in bilancio e chi più ne ha più ne metta. Alla fine venne condannato in primo grado a 15 anni da scontarsi in una prigione federale. A quelle parole restai di sasso; non ero ancora un esperta in fatto di legge, le mie conoscenze si fermavano ai libri universitari, ma anche un ignorante avrebbe saputo che quella condanna era esagerata. Non fu fissata nessuna cauzione; mio padre doveva rimanere in galera. Mi voltai a guardare mia madre e la vidi impassibile a quella notizia; dal canto suo Jason stava inveendo contro gli avvocati di mio padre, stupiti anche loro dalla piega che aveva preso l'udienza, ma affermando con certezza che ci saremmo rifatti all'udienza d'Appello. Distolsi lo sguardo e lo puntai sulle spalle curve di mio padre; era ancora seduto e si teneva la testa tra le mani. quella era la mia ultima occasione per parlare con lui. Mi alzai di scatto e a passo spedito mi avviai verso di lui; l'aula era in trambusto, nessuno si aspettava di avere già una condanna, quindi per me fu abbastanza facile raggiungerlo. Arrivai alle sue spalle, e mi nascosi sotto la scrivania. Gli diedi una botta al ginocchio per attirare la sua attenzione; appena mi vide inizio a guardarsi intorno, poi si abbasso verso di me < Lex che ci fai qui sotto, alzati e vai via o passerai dei guai>
< non mi importa, ti prego dimmi come posso aiutarti, so che sei innocente, non posso perderti per tutto questo tempo, ti prego permettimi di fare qualcosa, cerchiamo un altro avvocato e cacciamo questi incompetenti> le lacrime iniziarono a scorrermi sul viso; lo sguardo di mio padre si addolci, e mettendomi una mano sulla guancia mi asciugo le lacrime. Io mi beai di quel tocco, ma ben presto la sua mano venne scansata bruscamente. Lo stavano portando via, chissà quando avrei potuto rivederlo. Mi alzai dal mio nascondiglio e cercai di seguirlo. Ero disperata non poteva finire cosi, dovevo almeno abbracciarlo, così mi misi a correre e poco prima che varcasse la porta gli saltai al collo. Sentivo mani che cercavano di dividerci, ma la mia presa era ben salda, non volevo lasciarlo. Mio padre mi restituì l'abbraccio, e poco prima che riuscissero a dividerci mi sussurro all'orecchio poche semplici parole, che racchiudevano tutto < Seattle, studio legale Brown, li troverai il modo per aiutarmi>.

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