Capitolo 10

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Nico pov's

Mi trascinai fino alla mia cabina cercando di impedire a qualsiasi emozione di toccarmi. Sapevo che se mi fossi lasciato andare sarei crollato. Crollai in ginocchio sul mio pavimento scuro, freddo e che in quel momento mi sembrava l'unica cosa a sorreggermi. Le lacrime minacciavano di uscire, le lasciai fare. Bruciavano contro la mia pelle, ma me lo meritavo. Se solo avessi potuto spiegargli il perché di tutto ciò...ma non potevo perché sarebbe finita anche peggio. Lo preferivo vivo e pieno di odio a morto e irrecuperabile. Non ebbi la forza ne la voglia di spostarmi, mi stesi sul pavimento aspettando che quel mal di testa che mi aveva assalito se ne andasse. Ovviamente pensai a lui, al sogno e a ciò che ero per lui per tutto il pomeriggio. Ma almeno era al sicuro, mi dissi.

Will pov's

Vuoto. Ecco come mi sentii. Penso che sia la parola giusta per descrivere cosa stavo provando. Così tanta tristezza non può essere trattenuta, non può essere sfogata. Ma era tutto ciò che sentivo. Quindi quando esplosi mi sentii semplicemente vuoto. Mi ero illuso di poter essere qualcosa di speciale per qualcuno. Ma come avrei potuto, di fronte ai figli di Poseidone e di Giove sarei restato comunque solo un mediocre figlio di Apollo. Perché per noi è nella norma essere belli, ma c'è qualcuno che va oltre questo quando ci vede? Non ti viene da pensare ad Apollo come ad un gran genio, oppure ad un semidio dai grandissimi poteri. Pensi solo al fatto che è il probabilmente il Dio più bello dell'Olimpo e nient'altro. Mi aveva sbattuto in faccia che non gli importava niente. Ero andato via cercando di non far scendere le lacrime finché non mi fossi allontanato abbastanza. Avevo fallito miseramente. Ma che importava. Attraversai la porta dell'infermeria, fui invaso dal familiare odore di pulito e medicinali. Cercai di tenermi occupato per tutta la giornata, il mio lavoro mi aiutava spesso a distrarmi. Non saltai i pasti anche se non avevo per niente fame, per evitare le ramanzine dei mie fratelli. Presi posto accanto ad Austin che intanto mi guardava cercando di capire cosa fosse successo. Non doveva essere molto difficile da intuire.
-Non hai ancora fatto pace con lui- affermò.
-Gia-
-Pensi davvero che valga la pena starci così male Will, potresti trovare di meglio- in condizioni normali lo avrei incenerito con lo sguardo. Ma quelle non erano condizioni normali così mi limitai a fissare il mio piatto.
-Ci tieni così tanto?- chiese alla fine della sua accurata analisi.
Annuii pensando che non ci tenevo e basta, era diventato una delle persone che amavo di più in quel campo. Ma non lo dissi, perché era la cosa più stupida e dolorosa da dire. Purtroppo anche la più vera. Avrei dovuto essere arrabbiato con lui, odiarlo.
Intanto Austin mi guardava preoccupato, e chi poteva biasimarlo, dovevo sembrare uno zombie.
-Eccolo che arriva- disse con tono di disprezzo.
Facendo la cosa più stupida che potessi fare, mi voltai. Il peso che avevo sul petto sembrò raddoppiare vedendolo andare al suo tavolo come se niente fosse. Non avrei mai pensato che un giorno me ne sarei andato per il suo arrivo, ma fu esattamente quello che successe.

Nico pov's.

Sapevo che a pranzo lo avrei incontrato, e mi dissi che far credere che non me ne fregasse niente, avrebbe aiutato anche lui. Andai al padiglione tenendo lo sguardo sempre fisso davanti a me, se avessi incrociato il suo sguardo sarei crollato sicuramente. Ma in pochi secondi mi ero voltato per guardarlo. Stava andando via. E sapevo bene che non era una coincidenza che avesse scelto proprio quel momento. Non potevo immaginare il suo odio nei mie confronti. Ed era meglio così, perché mi avrebbe sgretolato lentamente.

*Due giorni dopo*

Continuai a far finta di niente e ci riuscivo abbastanza bene. Però dentro ogni volta che lo incrociavo mi sentivo cadere il mondo addosso. Anzi più che altro mi sentivo come se il mio cuore avesse all'improvviso deciso di sprofondare nel mio stomaco. Perché lui mi ignorava, ma io sentivo la sua presenza anche a dieci metri di distanza. Le poche volte che incrociai il suo sguardo i suoi occhi non mi sembrarono quelli di prima, forse perché i miei erano diversi quando parlavo con lui. Ogni volta sentivo quella voce che mi sussurrava quanto fossi debole, ogni volta mi venivano i brividi. Sperai di avere torto. Sperai che fosse stato soltanto un sogno. Ma sapevo che non era così. Mi affrettai a finire il pranzo per andare ad allenarmi. Ma mentre duellavo mi prese il dubbio che tutto questo non fosse bastato. Sapevo quanto un sogno fosse difficile da cambiare. Ma dovevi almeno provare. Mi ero ripromesso che non avrei fallito, che lo avrei protetto, ma questo mi ricordava un'altra promessa andata a finire male. Mi ero accorto di quanto tenessi a lui solo quando le lacrime si erano asciugate.
E avevo capito che piangere non bastava. Una risata isterica mi saliva dal fondo della gola. La voglia irrefrenabile di urlare dalla bocca dello stomaco. La voglia di addormentarmi e scordare tutti nei mie pensieri. E l'unica cosa che ero capace di fare era rimanere a fissare il vuoto.
Come poteva piacermi in quel modo? Non era lui il mio tipo. Era un paradosso lo stare in sua compagnia. Però quella stesso compagnia era stata la cosa migliore di quelle settimane.
In ogni caso non me dovevo più preoccupare.
Negli ultimi giorni cercai di togliermelo dalla testa. Ma tutti i miei progressi svanivano nel momento esatto in cui incrociavo quel celeste nei suoi occhi.

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