Capitolo 13

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Will pov's

Lo guardai fino a che non scomparve dietro le cabine. Perché faceva così? Non avrebbe fatto la stessa cosa per me? Non era stata esattamente una giornata positiva. Non riuscivo a trovare la forza di alzarmi per andare ad avvisare i miei fratelli di tutto ciò che era successo. Non sapevo come avrei trovato la forza di partire con Nico la mattina dopo. Ma mi convinsi che dovevo farcela per lui, così mi avviai.
Pensai tutto il tragitto a come comunicare la notizia, ma non ce ne fu bisogno. Una volta arrivato lo trovai tutti ad aspettarmi. Mi fissavano, tristi, arrabbiati e confusi. Tutti erano voltati verso di me, ma fu Austin a fare un passo avanti e parlare. - Perchè non ci hai detto niente prima di decidere?-
-Non iniziare, non avrei comunque permesso che andasse uno di voi-
Lo ammonii subito.
-Non è giusto che vada tu-
-Non pensavo che ci fosse qualcuno a volere la priorità sulla missione suicida-
-Non per quello e tu lo sai. E poi non dire così-
-E' giusto così, è meglio così-
Calò il silenzio e lo sguardo che io ed Austin ci scambiammo in quei secondi disse tutto. Non voleva che partissi ma mi aveva capito, sperava che tornassi ma faceva la muta promessa di essere responsabile in caso contrario. Avevamo discusso talmente tante volte sul nostro destino "accidentato" da non esserci più il bisogno di esprimerci.
-Allora lascia che ti aiutiamo a preparare il tutto-  concluse sconsolato mentre gli altri annuivano. Adoravo i miei fratelli. In pochi minuti mi avevano fatto ritornare un minimo di speranza. Passai tutto il pomeriggio con loro, con l'idea di rivederli dopo l'impresa che cresceva e martellava nella mia testa. Alla fine rimasi solo con Austin.
-Spero che vada tutto bene-
Disse rompendo il silenzio che si era instaurato.
-Lo so-
Dissi sorridendo.
-Sai, con me ci sarà Nico- dissi distogliendo lo sguardo.
-Dopo tutto quello che ti ha fatto, come fai ad essere contento che fra tutti ci sia lui con te?-
-Non sono contento, preferire che non corresse questo genere di pericoli...ma a parte questo, si è comportato così perché non voleva che andassi in questa impresa-
-Se lo dici tu...-
-Non lo dico io Austin, perché ti fa così fatica credere che possa tenere a me? Pensavo che tu avresti capito, me le ha dette lui queste cose-
Mi guardò un po' scettico, poi sorrise.
-Va bene, se ci credi tu, ci credo anche io- disse porgendomi una mano per aiutarmi
-Grazie- 
Lo abbracciai per poi salutarlo e dirigermi verso la cabina di Nico.

Nico pov's

Ero tornato alla mia cabina abbastanza su di giri. Non volevo che venisse con me. Mi stesi sul letto con i miei pensieri che continuavano a frullare nella mia testa. Non avevano fine, non riuscivo a spegnere il cervello. E più volte analizzato la situazione più la rabbia si afievoliva, più la tristezza cresceva. Si sarebbero avverati e non avrei potuto farci niente.
Restai a letto tutto il giorno, a parte quando mi venne in mente di preparare lo zaino. 
Solo a quel punto mi dissi che dovevo veramente alzarmi e iniziai a vagare cose per la stanza senza veramente sapere cosa stessi cercando.
Una volta che ebbi messo quello che mi era sembrato utile nella sacca tornai a letto, a fissare la sacca.
La cosa non mi aiutava a pensare, per questo la seconda volta che mi alzai fu per nasconderla in bagno, lontana dalla mia vista. La nascosi come se con essa potessi nascondere anche la partenza imminente.
Ma evidentemente non potevo. Presi il libro e provai a leggere, con il solo risultato di arrivare a fine pagina senza aver concluso niente. Utile. Mi prese sonno, così piegai la pagina e lo posai nel comodino, cercando di dormire. Amavo quello stato di dormiveglia in cui mi ritrovai. Era come se tu fossi reale, ma non dovessi preoccuparti di niente, non sei sveglio, tutta la realtà è come sfumata, come se stesse scappando nel mondo dei sogni. Forse il tuo inconscio non la lascia andare perché nel profondo sai che tutti i tuoi problemi sono reali e quei pochi minuti in cui sembrano svanire sono come una ventata d'aria fresca. Proprio mentre stavo decidendo dove andare in letargo suonò il campanello. Aprii le finestre e poi la porta, sapendo già chi mi sarei ritrovato davanti.
Non mi sbagliavo, Will aspettava di entrare, guardandomi negli occhi. Tornai dentro lasciando la porta aperta dietro di me, ovviamente lui varcò la soglia e si piazzò davanti a me.
-Scusa...mi dispiace, perdonami...-
Risi ironicamente alle sue parole mentre lui mi guardava confuso.
-Non sono arrabbiato con te, non più credo-
- Perché te ne sei andato oggi?-
Chiese parendo ancora più confuso dalla mia affermazione
- Perché in quel momento lo ero! Perché non mi vuoi capire?-
-Io vorrei, ma non è così semplice... comunque sarò con te, voglio assicurarmi che non ti ammazzi-
Non capiva proprio niente
-Ma neanche io voglio che TU ti ammazzi-
-Prometto che non succederà-
Disse sorridendo debolmente.
-Non fare promesse che non puoi mantenere- sbottai voltandomi
-Sono stufo di vedere ogni persona a cui tengo fare una brutta fine-
Per qualche secondo sembrò che entrambi avessimo smesso di respirare, poi mi prese il polso e mi fece voltare verso di lui.
-Tu tieni a me?- chiese con un sorriso furbo, ma con un tono fin troppo serio
-Will Solace sei un cretino-
Replicai concentrandomi sul colore Delle mie guance.
Mi accorsi solo in quel momento della distanza tra di noi, eravamo a 20 cm l'uno dall'altro e il mio respiro era sempre più irregolare. Non capivo niente di ciò che stava succedendo e non capivo perché la sua vicinanza non mi desse fastidio. Alzai lo sguardo e lo vidi, lo vidi così come lo avevo visto nel sogno.
-Will, tu...tu eri svenuto, eri svenuto, sembrava quasi che tu fossi...- mi si ruppe la voce.
-Sembrava quasi che tu fossi morto- dissi serio e cercando di contenermi. Cercai una qualsiasi sorta di reazione in lui, ma l'unica cosa che percepii fu l'indecisione. Non sapeva se fare o non fare qualcosa.
Poi la fece.
Fece un passo avanti.
Un passo verso di me.
Più vicini.
Mi abbracciò.
Ero rigido, rigido come uno stuzzicadenti. Poi la sua mano passò dietro la mia schiena e mi rilassai. Mi rannicchiai sul suo petto e Poggiai la testa sulla sua spalla, mettendomi in punta di piedi. Fino a quando la sua maglietta iniziò a bagnarsi Delle mie lacrime e lui se ne accorse.
Mi alzò il mento e mi guardò negli occhi.
- Non succederà niente - fece un debole sorriso seguito dal mio.
- Smettiamo di parlarne e non provare mai più a toccarmi senza permesso - dissi non del tutto ironico. Prima che potesse rispondere qualche cavolata qualcuno bussò alla porta e io sobalzai facendo uno scatto indietro e spingendolo via.
Mi guardò ferito facendomi sentire uno stupido senza alcuna ragione.
Andò ad aprire e me ne restai lì come un cretino. Era Austin - ho interrotto qualcosa? -
- Sì, brutto...-
- Non hai interrotto niente, stavamo per venire a cena -
- Già a proposito della cena...ho chiesto a Chirone se potevamo fare una piccola eccezione -
- Che genere di eccezione? - chiese sospetto.
- Non mi guardare così, ti piacerà, ho chiesto se Nico potesse mangiare con noi, intendo al nostro tavolo -
- E? - lo incitò Will che intanto aveva iniziato a guardare il fratello con un sorriso da orecchio ad orecchio.
- C'è voluto un po' per convincerlo ma alla fine ha detto di sì -
Pensai che fosse il caso di dire la mia.
- Mi dispiace che abbiate fatto tutta questa fatica per me, ma non credo che verrò a cena, ne tantomeno al vostro tavolo - Will mi guardò deluso, quasi ferito e quello bastò a farmi sentire male. Nonostante questo non volevo stare al tavolo con loro.
- Ma io non ho mai detto che tu avresti avuto una scelta - sgranai gli occhi, mentre Austin guardava con espressione furba il fratello.
Poi si voltò verso di me
- Ora tu verrai a cena, perché devi mangiare prima dell'impresa e ti siederai al nostro tavolo perché sono ordini dei dottori -
Detto questo mi prese il polso e mi trascinò letteralmente fuori. Andammo fino al padiglione della mensa in silenzio e poi mi fecero sedere con loro. Mi sentivo teso come una molla, ma tutti facevano il possibile per famri rilassare e sembrava venirgli naturale. Forse non ci provavo abbastanza. Forse non aveva importanza perché il giorno seguente sarei partito per un'impresa da cui probabilmente non sarei tornato. Non era la prima volta, ma c'era qualcosa di diverso. O meglio qualcuno. Qualcuno a cui tenessi, più di quanto ammettevo con me stesso. Perso nei miei pensieri non potei comunque evitare di notare le dita di Will quasi sulle mie. Ma lui non sembrava accorgersene. Perché io si? Mi accorgevo sempre di tutto quello che faceva. Ritrassi la mano, ma non fui molto discreto, infatti si voltò verso di me e lanciò un'occhiata al mio piatto. Non avevo neanche iniziato a mangiare, non avevo molta fame.
- Noi andiamo - annunciò guardando prima i suoi fratelli poi me.
- È tardi e dobbiamo svegliarci presto, perciò -
- Ciao - completò Austin.
Si alzò e dopo qualche secondo di perplessità lo seguii perché con quel noi intendeva me e lui. Lo raggiunsi accelerando il passo.
- Guarda che potevi restare con loro -
- Come ho detto si è fatto tardi - disse in tono indifferente. Ci rimasi un po' male, poi mi chiesi perché. Camminai in silenzio fino alla cabina. Arrivati alla cabina mi appoggiai allo stipite della porta.
- Lo so che non deve essere facile per te parti...-
- Senti qual'è il tuo problema? - disse arrabbiato. Lo guardai confuso.
- Che intendi? -
- È tutto il giorno che ti comporti in modo strano -
- Non è facile per me - dissi riferendomi a qualcosa che lui non poteva capire
- Neanche per me lo è, sai ci sono persone che non sono mai uscite nel mondo esterno, persone che non sono coraggiose come Jason Grace o Percy Jackson -
- Cosa c'entrano loro adesso? So che sei in tensione, ma sto cercando di dirti che ti capisco -
- Come puoi capirmi Nico? Tu sei stato in 100 imprese e hai fatto di tutto, mentre io...bhe non sono mai uscito di qui. Neanche mia madre mi vuole, sai dal giorno che sono arrivato al campo non mi ha mai cercato, perché non ho niente di speciale, niente che mi renda una persona diversa dalle altre. Niente.- avrei voluto dirgli che si sbagliava di grosso. Aveva le lacrime agli occhi e non sapevo come aiutarlo.
- Ma nelle mie imprese io ero da solo, tu domani e fino alla fine dell'impresa non lo sarai. Oggi non mi volevo allontanara in quel modo, ma non scherzavo sul contatto fisico, non ci sono abituato, non sono abituato al campo, non sono abituato a niente di tutto ciò -
L'ombra di un sorriso iniziò a formarsi fra le sue labbra
- Non sono molto, ma avrai me -
Aggiunsi. A quel punto pensai che mi avrebbe mandato al Tartaro perché non sono bravo a consolare la gente. Invece con mia grande sorpresa mi abbracciò per la seconda volta in una giornata. Per la seconda, ma completamente diversa. Ero io il suo sostegno, non il contrario. Potrai anche le mie braccia intorno a lui, sentivo il suo battito cardiaco attraverso la maglietta, accelerato almeno quanto il mio. Percepivo il calore che trasmetteva alla mia pelle fredda e forse per quello mi sentii molto più freddo quando mi lasciò andare. Mi prese per i polsi con quel suo tocco ormai tanto familiare. Vicino a lui, la sua fronte poggiata sulla mia, il suo respiro sulle mie labbra e tutta la scena invisibile ai miei occhi chiusi ma allo stesso tempo così chiara.
- Grazie - sentii ogni singola lettera di quella parola. Il suo respiro passare sulle lettere con quel suono dolce. Una lacrime scese lungo la sua guancia, fino a terra. Poi sorrise guardandomi negli occhi per qualche secondo e infine se ne andò.
Quegli attimi. Che dire di quegli attimi. Dato che ci pensai tutta la notte, erano veramente solo attimi? Quei pochi secondi che mi erano bastati per memorizzare il particolare celeste dei suoi occhi, per mescolarlo con il nero dei miei. Avevo le farfalle nello stomaco che a pensarci bene sembravano con il loro battito alleggerirmi ogni volta. Dopo poco mi accorsi che il mio piano di non commettere lo stesso errore due volte era fallito.
Era fallito miseramente nel momento in cui avevo conosciuto Will Solace.

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