Scossi la testa, risoluta. Non lo avrei fermato, non ora che non ce n’era motivo. Fermare qualcuno era una grossa responsabilità. Se avessi iniziato a fermare chiunque, in qualunque momento, la bellezza del gesto si sarebbe sciupata. Sarebbe stata corrotta.
Scesi nuovamente dalle sue gambe, e, rossa in viso, afferrai la parrucca, rigirandomela fra le dita. Era davvero una bella parrucca, e i capelli con la quale era stata costruita non erano sintetici, ma naturali. Capelli appartenuti ad un’altra donna e che io, in maniera del tutto anonima, avrei preso in prestito. Chissà quanto l’aveva pagata, pensai, e mi sentii in colpa. Ero un peso morale, nonostante lui continuasse a ripetermi il contrario, ed anche economico.
“Uhm, riepilogando. Io dovrei indossare quei vestiti, questa parrucca e quelle lenti a contatto, dico bene?”
Ashton sorrise, stringendomi un po’ a sé. Rabbrividii sentendo le sue mani sui miei fianchi e il suo mento poggiarsi sulla mia spalla, come farebbe un bambino con la sua mamma quando è troppo stanco e proprio non ce la fa più.
“Esattamente. Dafne, credimi, è l’unico modo per poter uscire di qua. E siccome non penso tu voglia restare chiusa in questa abnorme casetta, dovrai fare uno sforzo e… mascherarti”
Sospirai. In effetti sì, volevo uscire. Non ne potevo più di starmene chiusa in quel bugigattolo. A volte sentivo come se mi mancasse l’aria; altre, la nostalgia della sabbia fine e dell’erba fresca sotto i piedi; altre ancora, più semplicemente, sentivo la mancanza delle stelle che, ahimè, non vedevo da un pezzo.
“D’accordo, indosserò tutto ciò che vorrai, anche di più, se necessario. Ma prima hai accennato anche a un cambio di nome, se non sbaglio”
Glielo rammentai. In effetti cambiare nome, sebbene si trattasse di un cambiamento rapido e non permanente, mi seccava. Già, perché io andavo fiera del mio nome. Andavo fiera del suo significato; della storia che si portava appresso, come farebbe un viandante con la sua sacca di tela.
“Dafne…”
“Sai cosa significa il mio nome, Ash?”
“Ash? Solo tuo fratello mi chiama così” sorrise, scompigliandomi piano i capelli. Erano piuttosto simili a carezze, le sue. D’altra parte, avevo una gran voglia di fare le fusa.
“Rispondimi, non divagare” lo corressi, sorridendo a mia volta.
“No, sinceramente non ne ho la minima idea. Perdonami, ma non sono un uomo di cultura, come dire”
Poggiai la testa alla sua spalla, e poggiai la parrucca sul tavolo di vetro.
“Deriva dal greco, e significa “pianta di alloro”. È un nome di etimologia classica, ed è strettamente collegato al mito della ninfa Dafne, che preferì tramutarsi in pianta piuttosto che cedere a un amore non desiderato. La leggenda narra del Dio Apollo che, innamorandosi della ninfa, prese a inseguirla, nel disperato tentativo di conquistare il suo amore. Nel momento in cui stava per essere raggiunta, Dafne supplicò suo padre Peneo di salvarla. Egli, per aiutarla, la trasformò in una pianta di lauro.
Luke era rimasto particolarmente affascinato da questa storia. Non penso che i miei genitori mi abbiano chiamata così in quanto fan sfegatati della cultura greca, però io, quando studiavo ancora al classico, mi documentai. Scoprii così il significato e l’origine del mio nome, e ne rimasi piacevolmente sorpresa. Anche Luke lo rimase, quando gliene parlai. E sai cosa soleva dirmi? Che in quanto “alloro”, utilizzato per incoronare gli imperatori, come Giulio Cesare, sarebbe stato imperatore anche il ragazzo del quale mi sarei innamorata. Sarebbe stato mio compito incoronarlo imperatore del mio cuore”
Sorrisi, e mi asciugai una lacrima che aveva preso a scorrermi lungo la guancia. Parlare di Luke e dei bei tempi passati mi faceva sempre uno strano effetto. Era come se stessi parlando di fatti remoti, remoti a tal punto che chiunque ne aveva perso le tracce, eccezion fatta per la mia testa.
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Ricordaglielo anche quando in cielo brilla il sole
FanfictionHo iniziato a scrivere questa storia il 25 aprile 2014 alle ore 21:09 e 28 secondi. Non so ancora quando metterò la parola "fine", ed anche se sono curiosa di sapere quando ciò avverrà, so che quello è un momento ancora lontano. Vorrei potervi dire...