Un vociare agitato di fuori, nell'accampamento, destò Keira dal suo profondo sonno. Erano giorni, forse mesi, che non dormiva così, stile sasso, e ora voleva proprio sapere perché tutta quell'agitazione tra Elfi e Uomini.
Si tirò a sedere, sbadigliando e stropicciandosi gli occhi.
Dopo essersi messa l'arco in spalla e spada al fianco, si precipitò fuori a grandi passi, con l'aria scocciata e il muso, ma appena mise piede oltre la soglia, una mano la spinse nuovamente dentro , bloccandole il passaggio.
"Che diamine fai? Fammi uscire." Disse adirata. Se il buongiorno si vede dal mattino, quella era proprio una giornataccia.
Alzò lo sguardo verso l'Elfo che la bloccava e riconobbe il suo carceriere. I lunghi capelli castani, gli occhi verdi chiaro, tutto come allora, nella cella del Palazzo Reale.
"Ho l'ordine di tenerti qui dentro." Disse quello, guardandola un po' a disagio.
"Come, prego?"
"Pare che Thorin abbia scagliato un dardo a pochi centimetri dai piedi del mio Sire Thranduil, come avvertimento."
"Valar... è un pazzo." Mormorò la giovane.
"Così, una volta tornati, il mio Re ha ordinato che venissi sorvegliata sempre e che non ti fosse permesso di lasciare questa tenda." Concluse l'Elfo.
"Frena un attimo. Di grazia, potrei sapere cosa c'entro io con Thorin e le sue follie cerebrali?" Domandò confusa, incrociando le braccia e inarcando un sopracciglio.
La guardia stava per rispondere ma lei mormorò qualcosa e voltò i tacchi, intenzionata ad andarsene.
"Ferma! Abácare inya indio!*" Gridò lui.
Keira si fermò all'istante, sgranò gli occhi e si ricoprì di uno strato di sudore freddo.
Si voltò e lo guardò quasi spaventata.
"Come... come mi hai chiamata?" Domandò, deglutendo a fatica.
"Rispondimi!" Gridò, vedendo l'esitazione dell'altro.
"Seler inya Calime nà**." Disse allora l'Elfo.
Improvvisamente ogni rumore all'esterno scomparve.
"Indio inya nà***." Disse ancora lui, avvicinandosi.
"Non fare un solo altro passo verso di me." Intimò lei. Il cuore le martellava il petto e aveva quasi il fiatone.
"Keira..."
"No, Keira un bel niente! Mi hai tenuta in cella per quasi un mese! Che razza di zio sei? E perché non me lo hai detto? Insomma, ho passato una vita a pensare di essere rimasta sola in questo mondo e ora arrivi tu e te ne esci che sei il fratello di mia madre, ti pare normale una cosa simile?!" Sbottò. Tirò fuori tutto d'un fiato e subito dopo si accigliò, poi mise su un'espressione adirata attese la sua risposta.
"Non sapevo fossi tu la figlia di mia sorella, mi dispiace." Spiegò suo zio. "Dopo la morte di Calime non ho saputo più nulla di te. Tuo padre non si è mai degnato di farmi avere tue notizie, così ho creduto che fossi morta con lei."
Keira sospirò, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi. Non la stupiva l'atteggiamento che aveva avuto suo padre. 'Infondo avrebbe preferito la mia morte alla sua...'
"Qual è il tuo nome?"
"Almhir."
Quando Keira infine varcò la soglia dell'enorme tendone di Thranduil, seguita da Almhir, trovò il Re Silvano che girava vanti e indietro nevroticamente per la 'sala', con Bard, Legolas e Tauriel che lo osservavano in attesa di qualcosa, forse una decisione o altro.
"Mi spiace, Sire, non sono riuscito a fermarla." Disse subito Almhir, notando lo sguardo infervorato del suo Re non appena aveva visto la giovane.
"Che sta succedendo, Thranduil? Perché hai tentato di segregarmi in quella dannatissima tenda?" Chiese lei, arrabbiata. Quell'Elfo era uno stress per i suoi poveri nervi.
"Tu!" Esclamò lui con disprezzo, avvicinandosi a lei, sovrastandola con la sua altezza. "È tutta colpa tua." Le disse con cattiveria.
I fatti successivi si svolsero con una velocità incredibile: Thranduil sfilò la spada dal fianco di Almhir, cogliendolo di sorpresa, e fece per colpire la giovane. Legolas lo richiamò a sé, mentre Bard si mosse freneticamente sul posto e Tauriel emise un grido spaventato.
Quando la lama stava per trapassare la gola della Mezzelfa, il tendone fu investito da una luce bianca, abbagliante, che costrinse i presenti a coprirsi gli occhi.
Una figura avvolta in vesti azzurre apparve per un istante nella luce, i lunghi capelli bianchi fluttuavano in aria. Con un dito, egli toccò la lama della spada che brandiva il Re degli Elfi, mandandola in frantumi.
Quando la luce scomparve, tutti erano come imbambolati. Il tempo pareva essersi fermato.
Bofur aprì gli occhi, si sentiva strano. Una sensazione spiacevole si insinuò in lui, non appena si ricordò dei fatti della sera precedente.
Pensò subito alla sua Keira, che non vide dormiente accanto a sé.
Vi era uno strano silenzio nella Montagna. Si mise a sedere, e si portò le mani al volto per strofinarselo e svegliarsi del tutto, ma a svegliarlo, in realtà, fu qualcos'altro.
Insieme alle mani, al viso si portò anche un foglio di carta. Lo aveva sempre avuto in mano? Beh, in ogni caso non se ne rese conto fino a quel momento.
Se lo rigirò fra le mani e realizzò che la povertà della vita sugli Ered Lûin non gli aveva mai permesso di imparare a leggere.
Chiamò i suoi compagni, ancora addormentati – ecco perché tutto quel silenzio – e man mano che si svegliavano, inveivano contro di lui per aver interrotto il loro agognato riposo.
Quando finalmente anche Ori si riprese dal suo sonno, gli porse il pezzo di carta e lo pregò di leggere.
"È scritto in Lingua Corrente. Dalla mano direi che è una scrittura-"
"Ori! Vuoi leggere quel dannatissimo foglio?" Lo riprese il Nano, che nel frattempo aveva iniziato a sudare, avendo notato ancora una volta che Keira non si faceva viva.
"Va bene, va bene! Allora, dice:
'La decisione che ho preso mi porterà ad essere vista come una traditrice, ma credetemi, sto solo mantenendo una promessa fatta sul mio onore. Ciò che sto per fare è riportare le figlie di Bard a casa. Thorin non è e non sarà in grado di capire la mia scelta, e me ne dispiaccio. Inoltre, credo lo abbiate notato anche voi, è accecato da quello stupido Tesoro, non ragiona più. Ebbene, una guerra è ciò per cui sono nata e destinata a morire, ma dovrà essere una guerra giusta. Non combatterò al suo fianco ma nemmeno contro di lui. Combatterò il mio nemico e porterò a termine la profezia. Morirò con onore, senza rimpianti. Voi siete diventati la mia famiglia e il vostro ricordo rimarrà vivo nel mio cuore anche al di là di questo mondo.
Grazie.
Vostra, Keira.
Ps: lunghi giorni al Re sotto la Montagna.' " Ori mise giù il foglio.
Gli sguardi sperduti dei Nani vagavano da un viso all'altro, scambiandosi occhiate e alzate di spalle.
"Perché non me lo ha detto?" Mormorò Bofur, cercando vanamente la risposta negli sguardi degli altri.
"L'avresti fermata." Disse Kili, attirando l'attenzione su di sé. "Eppure era così chiaro..." Mormorò, ma capì dai loro sguardi che nessuno aveva afferrato. "Ragionate: per una come Keira, che ha un carattere forte e deciso, rinunciare ad una decisione presa è qualcosa di impensabile. Ebbene, ieri Thorin l'ha minacciata e lei non ci ha pensato due volte a lasciar perdere la causa."
"Ma non l'ha mai lasciata perdere." Concluse Fili, aggrottando la fronte. "È chiaro. Hai ragione, fratello."
Con il foglio stretto nel pugno, Bofur corse da Thorin, cogliendolo a frugare nelle immense ricchezze della sala del Tesoro.
"Cosa ci fai qui?" Gli chiese il Re, senza nemmeno guardarlo.
"Leggi questo, Thorin!" Esclamò lui, porgendoli malevolmente il foglio.
Thorin lo prese, rivolgendo a Bofur un'occhiata di sbieco.
Lesse il nero su bianco e poi restituì con noncuranza il pezzo di carta al Nano che lo guardò voltarsi e continuare a frugare nel Tesoro.
"Beh?"
"Cosa?"
"Non dici niente?"
"Cosa devo dire? Mi padre sia tutto scritto su quel foglio. Keira è una traditrice, ha fatto bene ad andarsene." Disse Thorin, rigirandosi fra le mani un cristallo color del sangue.
"Come puoi dire una cosa del genere? Dopo tutto quello che ha fatto per noi." Ora Bofur iniziava ad arrabbiarsi ancora di più. Lo irritava la nonchalance che usava Thorin nel dire quelle cose, come se alla fine non gli tangesse più di tanto il fatto che un membro della Compagnia se ne fosse andato a causa del suo comportamento.
"Dov'è finito il Thorin che tutti noi abbiamo deciso di seguire?" Gridò.
Nessuna risposta.
"Davvero non ti importa niente?" Gridò ancora più forte.
Un altro silenzio.
"Thorin..." Mormorò allora Bofur, con rassegnazione. "Che ti è successo? Ti sei lasciato soggiogare dall'attrazione del Tesoro. Avevi giurato di essere diverso da tuo nonno, ma in realtà c'è più lui in te di quanto tu creda."
Quando giunsero le ambasciate Elfiche, con Bard al seguito, venne intrapresa una discussione animata tra i due Re.
"Tu non hai alcun diritto di reclamare il mio oro!" Continuava a ripetergli Thorin, battendo i pugni sul muro di pietra.
"Sei caduto vittima del Tesoro proprio come tuo nonno, non sei degno di possedere tale ricchezza. La utilizzeresti solo per il tuo piacere, lasciando la gente morire di fame alle porte di quella che diventerà la tua tomba se non cambierai idea." Disse Thranduil, non scomponendosi minimamente. Poi, riflettendo, decise di aggiungere qualcosa. "Perfino la figlia della profezia ha capito che non valeva la pena di morire lì dentro."
In quel momento – forse perché fu Thranduil a dirlo, o forse semplicemente perché la sua testa gli disse di agire in quel modo – Thorin compì un gesto poco degno di un Re.
Afferrò l'arco di Kili e scagliò una freccia a pochi centimetri dai piedi dell'Elfo.
"Vattene di qui o la prossima volta non sarà solo un avvertimento quella freccia. Keira è una traditrice, nelle sue vene scorre il sangue della tua gente, il che fa di lei un essere indegno di stare a questo mondo. Tu e i tuoi soldati potete morirci in quella valle, non avrete mai niente da me. MAI." Gridò Thorin, in preda ad una rabbia incontrollata.
Thranduil, indignato, girò i tacchi senza dire una parola e una volta tornato al campo diede ordine di tenere sottocontrollo la Mezzelfa e di non farle fare un passo fuori dai confini della tenda di Tauriel.
Era stato considerato la feccia di tutta la Terra di Mezzo a causa sua.
"Il potente Signore Manwë ha voluto punirmi." Disse Thranduil, lasciando cadere a terra l'elsa della spada ormai distrutta.
"Padre.." Lo chiamò Legolas, vedendo sul volto dell'Elfo un'espressione quasi spaventata. Mai suo padre aveva avuto quegli occhi.
"Mio Re, che intendete per 'punirvi'?" Domandò Tauriel.
"Stava per interferire con la profezia." Disse Keira, che aveva ancora lo sguardo fisso sui frantumi della lama.*NON FARLO NIPOTE MIA.
**CALIME è MIA SORELLA.
***SEI MIA NIPOTE.
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Non sempre si combatte per ciò che è giusto
Fiksi PenggemarAveva impiegato più tempo del previsto a giungere nella Contea. Non era stato difficile trovare la piccola e tonda porta verde. Lo stregone la stava attendendo, ma per quale motivo proprio in quel luogo così distante? Trasse un sospiro e fece sbatte...