I'm back home.
Fece un passo, poi un altro, lentamente.
I suoi piedi poggiavano sull'erba come così silenziosamente da sembrare piume.
Tese la corda dell'arco e prese la mira.
Il cervo, che poco più avanti mangiava tranquillamente la soffice erbetta che ricopriva il terreno, non si accorse di nulla e quando la freccia lo colpì in pieno quello corse via, accasciandosi a terra non molto lontano da lei.
"L'ho colpito! Hai visto, madre, l'ho ucciso!" Esultò la giovane, correndo in direzione della carcassa.
"Brava, mia dolce bambina, questa sera avremo di che cenare. Stai diventando un'ottima cacciatrice." Le disse la donna poggiata al tronco di un albero, con le braccia conserte.
"Non supererò mai la tua bravura, ma ammetto di aver fatto un eccellente tiro." Si vantò l'altra.
"E tutta questa modestia?"
"Lo sai che scherzo, madre.".
"Figlia mia, la bravura proviene dall'esperienza." Sorrise la donna, avvicinandosi a lei.
"Lo so, me lo ripeti ogni volta. Sei così saggia, vorrei aver ripreso un minimo da te invece io sono così irruenta..." Commentò la giovane.
"Oh, tesoro, fidati di me se ti dico che hai ripreso da tua madre più di quanto immagini."
"E di mio padre? Di lui non ho nulla?" Chiese la ragazza, abbassando gli occhi castani.
Sua madre le accarezzò i lunghi capelli neri.
"Gli somigli molto. Me lo ricordi ogni giorno: il tuo sorriso, i tuoi occhi, il colore dei tuoi capelli. C'è molto anche di lui in te." Le rispose. Alla donna pizzicarono gli occhi.
"Non parli mai di lui, perché? È forse morto?"
La giovane vide sua madre distogliere lo sguardo dal suo.
"No, lui è vivo ma... dopo quella che fu chiamata la Battaglia dei Cinque Eserciti lo lasciai, andando per la mia strada. Non avevo idea di essere rimasta incinta e quando me ne accorsi ero ormai lontana."
"Ma perché lo lasciasti? Non lo amavi più?" La ragazza era confusa. Come aveva potuto separarsi dalla persona che amava così, come se niente fosse?
"Certo che no, lo amo tutt'ora, ma non ero fatta per vivere dentro la Montagna. Quelle mura di pietra sarebbero diventate la mia prigione. Non sarei mai sopravvissuta ad una vita simile."
"Mmh, che buona la carne di cervo!" Esclamò la giovane addentando un altro pezzo di carne.
L'altra fissava il fuoco, pensierosa.
"Non mangi, madre?" Le chiese la figlia, passandole la carne.
"Non ho appetito." Rispose lei, continuando a fissare le fiamme ballare nella notte. La sua mente era protesa verso la Montagna Solitaria e il popolo che la abitava. Rievocare i ricordi non era mai una bella sensazione per lei poiché non era stato facile partire.
"A cosa pensi?" La voce di sua figlia la riscosse, costringendola ad alzare lo sguardo verso di lei. Il fuoco le disegnava strane ombre sul viso. Aveva molto poco di nanico, ma era tutta sua padre.
"Nulla di cui preoccuparsi." Sorrise.
Un fruscio in lontananza le mise sull'attenti.
Con l'arco in pugno si misero schiena a schiena per coprirsi le spalle a vicenda, come avevano sempre fatto fino a quel momento.
"Chi è così stolto da avvicinarsi causando un baccano simile?" Domandò la donna, tirando ancor di più la corda.
"Vi prego non scoccate. Sono io, Gandalf!" Disse una voce da dietro un albero e un alto vecchio avvolto da vesti grigie e con un alto cappello appunta spuntò da esso.
"Gandalf?!" Gridò la donna, gettando l'arco a terra e correndogli incontro.
"Keira, che piacere rivederti." Disse quello, abbracciandola.
"Chi è costui, madre?" La voce dell'altra richiamò i due e Gandalf le andò vicino, osservandola con attenzione.
"Keira, hai una figlia?" Domandò sorpreso, rivolgendosi alla Mezzelfa.
I suoi occhi diversi vennero illuminati da una strana luce, una luce materna.
"Silmerya, lui è Gandalf il Grigio, un grande stregone protettore della Terra di Mezzo; Gandalf, ho il piacere di presentarti Silmerya, mia figlia... e di Bofur."
"Sono passati esattamente settant'anni dall'ultima volta che ti ho vista e non sei cambiata di una virgola." Le disse lo stregone, guardandola in viso. Sulla sua guancia vi era ancora la cicatrice della Battaglia.
"Neanche tu." Rispose Keira.
"Madre, come fai a conoscere uno stregone?"
"Non conosce la storia della Riconquista di Erebor?" Domandò allora Gandalf, sorpreso.
"No, non gliene ho mai parlato." Keira si rabbuiò. Quel viaggio era stato per lei solo fonte di dolore e di morte.
Aveva smesso di pregare, aveva smesso di sognare. La ragazza che era partita si era ormai fatta donna e aveva messo da parte tutte quelle sciocchezze su cosa è casa. E non voleva rievocarle. Non voleva che sua figlia conoscesse le sofferenze che aveva patito e il dolore di un passato funesto.
Voleva che fosse felice e spensierata e ci stava riuscendo.
Ma dove c'è Gandalf, ci sono guai, generalmente.
"Quale storia?" Chiese Silmerya, guardando sua madre con occhi carichi di curiosità.
"Come mi hai trovata, Gandalf?" Domandò invece Keira, ignorando la figlia ed eludendo la domanda del vecchio.
"Uno stregone ha i suoi trucchetti se c'è da rintracciare qualcuno." Sorrise lui, bonario.
"Spero potrai almeno dirmi per quale motivo sei venuto a cercarmi fin qui, nelle Terre Meridionali, oltre Mordor."
"Certamente, mia cara. Qualcuno ha bisogno di te." Rispose Gandalf.
"Valar, è successo qualcosa a Bofur?" Keira si alzò in piedi, allarmata.
"No, no, niente affatto. Puoi sederti tranquilla." Rise lo stregone. Poi un'ombra gli passò sul viso. "Si tratta di Thorin."
STAI LEGGENDO
Non sempre si combatte per ciò che è giusto
FanfictionAveva impiegato più tempo del previsto a giungere nella Contea. Non era stato difficile trovare la piccola e tonda porta verde. Lo stregone la stava attendendo, ma per quale motivo proprio in quel luogo così distante? Trasse un sospiro e fece sbatte...