Capitolo 7

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  La foresta era buia, scura, e la natura era morta, malata, secca, non aveva nulla a che vedere con i luoghi che avevano attraversato nei mesi precedenti. Perfino l'aria era malata e pesante e facevano fatica a respirare.
Il tempo sembrava scorrere diversamente; tutto si muoveva a rallentatore, il giorno e la notte erano indistinguibili. Non uno spiraglio di luce il giorno, non uno spiraglio di luce la notte. Nulla.
Il sentiero era ancora sotto i loro stivali ma le foglie secche creavano uno spesso strato di copertura ed erano spesso costretti a fermarsi per assicurarsi di non averlo perso. Gandalf era stato chiaro, ma anche Beorn. Egli aveva detto loro di non bere assolutamente l'acqua del fiume che avrebbero dovuto trovare sul loro cammino. Sarebbero caduti in un sonno profondo e questo proprio non doveva succedere. Ma più camminavano, più l'idea di bere li allettava... ma questa era distante e loro così stanchi.
Si fermarono. Un altro giorno era passato – forse – e sentivano il bisogno di riposarsi. Non accendevano mai il fuoco nonostante le temperature fossero basse per paura che qualcuno o qualcosa li scoprisse o li attaccasse. Tutti si erano ormai accorti che quando si fermavano, piccoli occhi li osservavano nel buio fitto come tanti puntini rossi in un cielo notturno senza luna e senza stelle – nero.
"Non ce la faccio più, questo posto è infinito." Borbottò Bofur, togliendosi il cappello per poi rimetterselo velocemente. Era stressato. Lo erano tutti.
"Mantieni la calma. Non lasciarti soggiogare dalla foresta." Fu Keira a parlare. Lui la guardò, fissandola per un tempo indeterminato.
"Come fai ad essere così... così..." '...bella. Aspetta, che?' In quel momento le avrebbe voluto dire che era bella, ma non lo fece. Non sapeva cosa stava facendo.
"Così come?" Domandò Kili, sedendosi accanto a loro. Aveva dei cerchi scuri sotto gli occhi, come tutti gli altri, ma cercava comunque di sorridere – come pochi ancora.
"Composta." Rispose il Nano, abbozzando una smorfia.
Keira si strinse nelle spalle e si guardò intorno. I puntini rossi erano sempre lì, a guardarli, ma non si avvicinavano mai.
"Secondo voi, là fuori, c'è il sole?" Domandò il giovane Nano
"Non lo so. Non c'è modo per capirlo. Non c'è vento, non c'è luce, questo posto è un inferno!" Gridò Bofur. Si voltarono tutti verso di lui. In un men che non si dica, le mani di Keira erano sulle sue guance. Cercò il suo sguardo.
"Bofur, devi stare calmo, va bene? Usciremo da questo posto, devi solo pazientare un altro po'. Per favore." Gli disse. Lui annuì debolmente, continuando a tenere fissi gli occhi nei suoi.
"Il sentiero!" Gridò d'un tratto Bilbo "Non c'è, non c'è!" continuava a urlare; sembrava impazzito. Ma il sentiero... quello non c'era davvero.
Senza accorgersene lo avevano perso, perso! Gandalf aveva detto che non sarebbero più stati in grado di ritrovarlo e fu così. Vagarono a lungo, senza mai separarsi, di qui e di lì senza un risultato concreto. Si ritrovarono addirittura a vagare in tondo.
Keira osservava i suoi compagni, sembravano confusi, storditi... ma lei era attaccata al suolo con il corpo e con la mente. L'aria, sempre più pesante, le comprimeva la testa, ma riusciva a rimanere nella realtà.


Avevano superato il fiume con alcune difficoltà, specie quando Bombur era caduto nelle sue acque nere e turbinose precipitando così nel profondo sonno del quale aveva parlato il Mutapelle, tanto che per proseguire avevano dovuto portarlo in spalla a turni di quattro Nani alla volta.
Da questa parte del Bosco, tutto era ancora più scuro e confuso e uguale!
D'un tratto Bilbo ebbe un'idea: salì su uno dei grossi alberi e una volta in cima rise frenetico sentendo l'agoniata aria sul viso, il sole sulla pelle e vedendo i colori vivaci di un bosco infinito. Già, infinito. Vide anche la vetta della Montagna Solitaria, il fiume e il lago in cui sfociava.
Scese per dare la notizia qualche istante dopo, ma non trovò nessuno.

***

Ragni. Erano sbucati dal nulla, silenziosi, e li avevano colti di sorpresa, avvolgendoli in bachi appiccicosi e strettissimi che impedivano qualsiasi movimento.


Ringraziando i Valar, Bilbo arrivò in tempo evitando che i Nani divenissero pasti prelibati per quelle orribili bestiacce. Combatterono a lungo contro quelle creature finché non arrivò un gruppo di Elfi Silvani.
Inizialmente, gli Elfi sembravano aiutare Thorin e la Compagnia, ma quando furono abbattuti tutti i Ragni, questi circondarono il gruppo e un Elfo biondo si avvicinò a Thorin con fare altezzoso e di superiorità.
"Cosa ci fate nei domini di mio padre, Sire Thranduil?" Chiese il principe di Bosco Atro. Nessuno rispose.
Si avvicinò all'Elfo biondo un'Elfa dai lunghi capelli rossi e l'arco sulle spalle. Disse lui qualcosa in Sindarin e poi Legolas – così lo aveva chiamato lei – fece un cenno alle guardie e i Nani furono iniziati a ed essere scortati.
Un momento dopo, però, ad un cenno di Legolas le guardie si fermarono. Curiosi, puntarono tutti lo sguardo su di lui, compresa Keira, che sembrava essere proprio l'oggetto delle attenzioni del principe in quanto quello si rivolse proprio a lei: "Mio padre sarà molto contento di vederti." Ghignò, dando segno alla guardia che potevano riprendere il cammino verso il palazzo reale.


Il palazzo reale era immenso, costruito tra maestosi e secolari alberi. Ed era illuminato da una luce chiara, limpida; lì non era affatto come nel resto del regno.
La Compagnia venne portata nei sotterranei e ognuno di loro fu privato delle proprie armi e gettato in una cella piccola e fredda, con pareti in pietra e alcuna finestra, con l'unica fonte di luce che proveniva dal corridoio sul quale si affacciavano le porte a sbarre di ferro lavorato di ogni cella. E furono lasciati là.
Keira si guardò intorno. Lì dentro, seppur fosse una prigione, era comunque meglio che nel Bosco. Il ronzio nella sua testa era scomparso e ora riusciva a pensare più lucidamente. Il fatto di essere comunque rinchiusa non poté però non infastidirla, ovvio.
Dopo neanche un paio d'ore, vennero delle guardie e prelevarono Thorin.
E passò del tempo.
L'immobilità non era il suo forte, così Keira si ritrovò più volte a camminare avanti e in dietro per la cella, sedendosi e rialzandosi dopo poco. Alla fine, stanca, si sedette a terra e poggiò la testa sulle ginocchia. Chiuse gli occhi.


Lo scatto della serratura la svegliò di soprassalto. Si alzò subito in piedi.
"Il Re desidera vederti." Disse un Elfo dai lunghi capelli castani e gli occhi verdi.
Sotto gli sguardi dei prigionieri – e di Thorin, che era stato rinchiuso nuovamente – la giovane venne scortata ai piani alti.


Sire Thranduil sedeva su un trono sontuoso, ricavato dal tronco di un albero robusto, e dall'altro della sua postazione osservava Keira con interesse, mostrandole però sempre un'espressione altera, riflessa anche nei suoi occhi. Questi ultimi erano freddi come il ghiaccio e avevano il colore della luce delle stelle.
Thranduil era sempre stato uno che dietro le sue sembianze eteree nascondeva una determinazione inflessibile e dura come l'acciaio. Egli non aveva mai nutrito molto interesse per i fatti che non riguardavano il suo popolo o il suo regno, ma lei faceva l'eccezione.
Thranduil era uno dei più antichi e rispettati sovrani di Arda ed era abbastanza saggio da comprendere che la lotta contro le forze del male non poteva essere ignorata per sempre.
Si alzò dal suo trono e scese con eleganza le scale ai piedi di esso. Con un cenno della mano congedò le guardie. Keira rimase immobile ad osservarlo, mentre lui le si avvicinava.
Le girò intorno, scrutando bene ogni particolare del suo corpo, mentre lei si chiedeva perché si trovava in quella situazione. Keira non era nessuno, Thorin si. Per questo riusciva a spiegarsi perché avevano interrogato lui ma non riusciva a fare lo stesso con sé.
"E così, finalmente ci incontriamo." Esordì Thranduil, fermandosi di fronte alla giovane.
"Mi aspettavate, forse?" Domando lei,cercando un segno sul volto dell'Elfo che tradisse qualche emozione – ma vi trovò solo una lastra di marmo impassibile.
"Da molto speravo di vedere con i miei occhi la figlia della profezia." Rispose quello. Keira sgranò gli occhi. Che?!
"Scusate?" Chiese confusa.
"Vi è una profezia su di te."
"Una profezia?"
"Di morte."
Keira non riusciva a credere alle sue orecchie.
"State mentendo, vero?" Domandò, con una punta di speranza nella voce. Per ben cento ottantadue anni aveva vissuto all'oscuro di tutto questo? Cosa mai poteva dire una profezia sul suo conto? Era davvero così speciale? E Gandalf? Gandalf lo sapeva e non le aveva mai detto nulla?
"Non osare darmi del bugiardo." Si infervorò Thranduil, stringendo gli occhi a due fessure.
Disse qualcosa nella sua lingua e dal corridoio dietro alla ragazza spuntò Legolas, con in mano una pergamena arrotolata. La porse a suo padre, il quale la aprì con estrema lentezza.
Keira non stava più nella pelle – se così si poteva dire – e dovette frenare l'istinto di avvicinarsi ai due, strappare la pergamena dalle mani del Re e leggerla lei stessa 'sta benedetta profezia.
Prima di cominciare la lettura, Thranduil le rivolse un ghigno che poteva essere interpretato a metà fra il divertito e il maligno.
Poi lesse:

Non sempre si combatte per ciò che è giustoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora