Il fuoco scoppiettava emanando calore. La Compagnia era riunita intorno ad esso; erano affamati e assetati ed erano stanchi.
Presero un po' di calore, poi alcuni di loro si crearono un giaciglio improvvisato e vi si misero a riposare le membra stanche.
Bofur, ancora sveglio, alimentava le braci con dei legnetti. Era silenzioso, nonostante la sua solita ilarità, e dal suo sguardo doveva essere sovrappensiero.
Si smosse un poco dal suo smarrimento in chissà quale riflessione nel momento in cui Bombur gli si sedette accanto.
"Che succede, fratello?" Gli chiese, gettando un altro bastoncino tra le fiamme.
"Ecco... sono affamato e ho tanto sonno. Ma se provo a dormire, vedo nei miei sogni soltanto cibo. Cibo che vola, cibo che cammina, cibo ovunque, Bofur." Rispose quello, mogio mogio. A Bofur fece tanta tenerezza. A volte gli sembrava che suo fratello fosse ancora quel Nanetto paffuto e imbranato al quale un po' di affetto faceva sempre tornare il buon umore.
Gli circondò le spalle con un braccio e gli sorrise.
"Lo so, Bombur, ma vedrai che domani andrà meglio. Ci muoveremo e sicuramente i ragazzi cacceranno qualcosa." Gli disse, cercando di confortarlo.
Il bosco questa volta era più luminoso e il sole filtrava tra le fronde. Keira era seduta sul prato a gambe incrociate, di fronte alla donna dell'altra volta. Era strano, sembrava che il sogno precedente stesse continuando. Non le era mai successo.
"Perché mi trovo ancora qui?" Domandò la giovane, specchiando i suoi occhi in quelli della donna. Erano occhi di ghiaccio che per qualche motivo le sembravano familiari, ma non riusciva a capire quale esso fosse. Non la conosceva, ne era certa, ma vi era qualcosa anche nella sua voce che le diceva di averla già udita, molto tempo fa, da qualche parte. Il suo volto però, le era sconosciuto.
"Stai sognando, Keira. Purtroppo posso richiamarti solo nei sogni; non ho il potere necessario per poterti seguire nel mondo vivente." Rispose lei, sorridendole.
"Nel mondo vivente? Vuoi dire che sei...?"
"Morta? Non avere paura di pronunciare quella parola. Si, io sono morta." Disse la donna.
"La morte non ha scalfito la tua bellezza." Considerò Keira, rispondendo al sorriso. "Qual è il tuo nome? Conosci il mio e sembri sapere delle cose sul mio conto, ma io non so nulla di te."
"Il mio nome è Calime* e trascorro la mia eternità nelle Aule di Mandos, in Valinor."
"Valinor... le Terre Immortali?"
"Sì. Questo è il mio posto da ormai molti anni." Spiegò la donna.
"Quanti?" Keira si chiese se non fosse stata troppo indiscreta, ma Calime continuava a sorridere.
"Cento ottantadue anni, esattamente quanto trascorso della tua vita, mia cara Keira."
La giovane si stupì di quanto ella sapesse di lei.
"Come sai che-"
"Non c'è più tempo, devi andare." La interruppe Calime e tutto scomparve.
***
"Cos'è stato?" Domandò Bofur, alzandosi in piedi.
"Io non ho sentito nulla." Disse Bombur, guardandosi intorno.
"No, no: ascolta."
Stettero in silenzio e in lontananza riecheggiarono feroci ululati.
***
Keira venne scossa con forza da Bofur, il quale gridava allarmato l'arrivo di Azog. Si svegliò di colpo e si alzò in tutta fretta. Era ancora confusa dal sogno appena fatto. Quella Calime... chissà se nelle prossime notti l'avrebbe rivista; voleva sapere di più. Con lei si sentiva a suo agio, si davano del tu ed era come se ci fosse un legame tra loro, un legame che lei non riusciva a comprendere. Sapeva solo che era forte, lo sentiva.
"Imbracciate la armi e seguitemi. Siamo tutti troppo stanchi per combattere, ma dobbiamo essere comunque pronti a tutto." Gridò Gandalf, avviandosi par una stradina scoscesa, fatta di scalini di pietra alti e ripidi per i Nani e lo Hobbit.
Ai piedi della Carrok, il promontorio roccioso sul quale si erano accampati, vi era un fitto boschetto** nel quale si addentrarono. L'umidità della notte aveva dato vita a uno spesso banco di nebbia e vedere dove si andava era davvero difficile. Non potevano fermarsi, però, poiché i Mannari li avrebbero fiutati e sarebbero arrivati a loro in un attimo.
Corsero e corsero a perdi fiato finché non sentirono il silenzio circondarli. Allora si fermarono e restarono per un buon minuto immobili e in ascolto per accertarsi che non fossero più seguiti.
"Li abbiamo seminati?" Chiese d'un tratto lo Hobbit, riprendendo fiato.
"Le mie orecchie non percepiscono più alcun movimento." Disse Keira, guardando Gandalf.
"Mio caro Bilbo, tu sei piccolo e silenzioso. Andresti ad accertarti della situazione? Sarebbe comodo sapere se sono in agguato per tenderci una trappola." Considerò quest'ultimo, lanciando al povero Baggins un'occhiata eloquente. Il Mezzuomo sospirò affranto; non aveva poi così molta scelta. Non mancò però di chiedesi per quale oscuro motivo toccavano sempre a lui quei lavori pericolosi e a dir poco fastidiosi.
Tutti i Nani erano in attesa di notizie. Faceva freddo e la nebbia stentava a diradarsi. Nonostante questo però, Keira riconobbe a poco a poco con gli occhi quegli alberi, col naso l'odore di quel luogo e con le orecchie il rumore delle fronde che strusciavano tra loro.
"Gandalf." Chiamò lo stregone, portandolo un poco distante dagli altri per potergli parlare.
Thorin si avvicinò ai Nani: "State allerta con quella donna; l'avvolge uno strano mistero e non sappiamo quanto questo gioverà alla nostra missione."
***
"Cosa c'è? Qualcosa ti turba?" Domandò cautamente Gandalf.
"Sei mai stato da queste parti?"
"Sì, molte volte."
"Conosci Beorn, il Mutapelle?"
"Soltanto di nome, ma so qualcosa sul suo conto." Rispose lo stregone. Incredibile, pensò Keira, allora esiste qualcuno che Gandalf non conosce in questa Terra!
"Beh, io lo conosco. Non gli piacciono i Nani, ma tantomeno gli Orchi. E poi mi ha ospitata varie volte duranti gli anni passati e sono certa che aprirà la porta a...-"
"Non so fino a che punto possiamo fidarci di lei."
"A chi?" Keira si era interrotta improvvisamente, qualcosa aveva attirato la sua attenzione. Era stata la voce di Thorin. Non si fidava di lei.
"Ad una vecchia amica." Terminò, guardando Gandalf.
***
Bilbo corse dai suoi compagni. Era spaventato e quando cercò di spiegare che oltre ad Azog – che era molto vicino – vi era anche una specie di enorme orso, Gandalf e Keira si avvicinarono e calmi, iniziarono a spiegare il piano.
"Cosa faremo adesso?" Aveva chiesto Kili, cercando lo sguardo di lei.
"Innanzitutto dovete calmarvi." Disse Keira, facendo zittire pian piano i borbottii.
"C'è una casa, non molto lontano da qui. Ma il suo proprietario potrebbe esserci amico come nemico. Nel primo caso andrebbe tutto bene; nel secondo..." Gandalf lanciò un'eloquente occhiata e la Compagnia comprese cosa volesse dire.
Alla fine, non avendo poi così tanta scelta, si avviarono svelti verso la direzione indicata dallo stregone. Nel frattempo la luce dell'alba aveva iniziato a far capolino dalla coltre notturna e uno spiraglio di sole sbatté a terra, illuminando loro il cammino.
Appena usciti dal boschetto, videro subito la grande casa. Dietro di loro, uno spaventoso bramito. Dagli alberi, sbucò un grosso orso nero.
Erano nei guai.
Riuscirono ad entrare nella casa appena in tempo e chiusero la bestia fuori di lì.
Gandalf gli spiegò che quello era il loro anfitrione e che – diversamente da come credevano alcuni – non era affatto sotto alcun oscuro incantesimo. Era solo un Mutapelle, l'ultimo della sua specie.
Finalmente, poterono concedersi del vero riposo, trovando posto su delle paglie sparse sulle assi di legno del pavimento.
"Calime?" Keira ripeté più volte quel nome, ma Calime non rispose. Non vi era alcun bosco quella volta e alcuna luce. Era tutto buio, oscuro e la giovane non era per niente a suo agio. Anzi, provava un senso di nausea molto forte. Le arrivò odore di sangue e sentì un grido provenire alle sue spalle. Un grido molto familiare. Si voltò e tutto divenne rosso. Vide Azog a cavallo del suo Mannaro avvicinarsi, e tra le fauci della bestia vide il corpo esanime e macchiato di sua sorella.
Il Bianco Mannaro lasciò cadere a terra il corpo di Hailyn – così si chiamava la sorella di Keira – e lo sorpassò.
Keira non poteva muoversi. Era come se fosse incollata al terreno. Il ghigno stampato sul volto dell'Orco Pallido era spietato e quello si avvicinava sempre di più a lei, spronando il suo Mannaro a correre nella sua direzione.
Keira aveva paura. Cercava di rimanere calma, ma il panico le attanagliava le viscere.
Azog diede di tallone sul costato della sua bestia e quella le saltò addosso, spalancando le fauci.
La giovane si svegliò d'improvviso, sedendosi di scatto. Era sudata e aveva il fiato corto.
Si passò le mani sul viso. La casa era immersa nel silenzio più totale; nemmeno il russo dei Nani si sentiva. Erano talmente stanchi che non avevano la forza di fare nemmeno quello.
Si alzò; aveva bisogno di sgranchirsi le gambe e di bere un goccio d'acqua. Aveva la gola secca.
Passò tra i corpi placidamente addormentati dei suoi compagni e si diresse in cucina, per cercare un qualcosa per bere.
Si versò dell'acqua in un grosso bicchiere di legno e si sedette su una grossa e altra panca, anch'essa in legno. Dondolò i piedi, mentre sorseggiava la sua acqua. Questa era fredda e la svegliò meglio.
A mente più lucida, poté ripensare al suo ultimo sogno, o meglio, incubo. Non era la prima volta che le capitava di sognare una cosa del genere: già in passato, durante i primi tempi dalla morte di Hailyn, Keira aveva fatto sempre lo stesso e orribile incubo. Erano anni ormai che però non le succedeva più. Il rivedere Azog aveva forse scaturito nella sua mente il ritorno di quelle immagini? Sì, era successo, si disse. Ma rivedere il corpo di sua sorella tra le fauci di quel mostro aveva accentuato la voglia di vendetta che ormai macchiava il suo cuore di nero. Avrebbe distrutto Azog a tutti i costi e prima che quello fosse riuscito a distruggere lei.
Strinse con forza il bicchiere fino a sbiancare le nocche.
Dopo aver finito di bere, lo posò sul grande tavolo che aveva di fronte. In assenza di sonno, si rannicchiò sulla panca e cominciò a giocherellare con un laccio di una sua manica.
Ma a mano a mano che passavano i minuti, le palpebre divennero pesanti e senza accorgersene, si addormentò in quella posizione.
Quando la porta si aprì e Beorn entrò nella sua casa, egli si guardò subito in torno e vide accampati sul suo pavimento tredici Nani, uno Hobbit e un'Istari. A giudicare dalle vesti, doveva essere lo stregone Grigio, del quale però non ricordava il nome.
Il suo naso fiutò un odore familiare e si diresse al lungo tavolo. Su una delle panche ai lati di esso stava Keira, rannicchiata su se stessa. Sembrava una bambina, così minuta rispetto a quell'ambiente, così grande.
Il Mutapelle sorrise fra sé e sé; era un uomo di maniere rudi, ma aveva un gran cuore.
Passò oltre e si diresse verso la sua stanza per riposare.
Il mattino seguente, Gandalf spiegò a Beorn la situazione e si scusò per l'essere entrati senza permesso nella sua dimora. Dal canto suo, Beorn comprese bene le circostanze e non diede molto peso al fatto.
Disse loro esplicitamente che non aveva molta simpatia per i Nani, ma quando parlò con Thorin ebbe un'opinione diversa di quel gruppetto. Soprattutto, erano gli Orchi i suoi nemici. Era Azog, il suo nemico.
"Distrusse gran parte della mia gente, trucidata e mangiata. Altri vennero fatti prigionieri e costretti a combattersi. Per loro era soltanto divertimento." Rispose così, il Mutapelle, alla domanda di Bilbo. Quest'ultimo aveva chiesto cosa fosse e quanti come lui esistessero nel mondo. "Ve ne erano molti prima, ora soltanto uno." Aveva detto quello, sedendosi su una grande sedia intagliata accuratamente.
"Potrai aiutarci?" Domandò Keira, sorseggiando del latte. Beorn aveva dato loro cibo a sufficienza per rifocillarsi e riprendere le forze in vista della continuazione del loro viaggio.
"Cosa vi serve?" Domandò quello, voltandosi verso Gandalf in cerca di risposta.
Sellarono rapidamente i pony che il Mutapelle aveva dato loro in prestito e mentre i Nani, Bilbo e Gandalf si allontanavano dalla sua dimora, egli vegliava sul loro cammino, nella forma di un enorme orso nero, controllando anche che una volta arrivati alle porte di Bosco Atro – questo c'era a dividerli ancora da Erebor – questi sarebbero tornati dal loro padrone.
E giunti infine davanti all'entrata della Foresta, Gandalf, dopo aver ricevuto istruzioni precise da Dama Galadriel di recarsi sulle Colline di Rudaur, fece il suo annuncio.
"Amici miei, le nostre strade sono costrette a diversi qui per impegni che non posso rimandare oltre. Siete coraggiosi e forti, ve la saprete cavare anche senza di me. Ho da farvi una sola raccomandazione: non dovrete mai, mai, lasciare il sentiero; chi perderà la via, non la ritroverà mai più." Disse loro, montando in sella.
Nessuno fiatò, anche se Bilbo guardò lo stregone con un'espressione un po' spaesata.
"Bilbo Baggins, non sei lo stesso Hobbit che è partito dalla Contea."
"Ecco, Gandalf, io... stavo per dirtelo." Balbettò il Mezzuomo, mettendo una mano nel taschino della sua giacca bordeaux.
"Dirmi cosa?"
"Ho trovato qualcosa nella caverna dei Goblin..."
"Cosa? Che cosa hai trovato?" Chiese l'Istari, vedendo l'esitazione dello Hobbit.
Passò ancora qualche istante, poi finalmente Bilbo aprì bocca, ma non fu la verità quella che le sue parole espressero: "Il mio coraggio."
"Bene, poiché te ne occorrerà molto." Concluse l'altro. Bilbo non seppe mai se Gandalf gli ebbe creduto, ma una cosa era certa: aveva iniziato a piovere e Bosco Atro sembrava ancora più... atro.
Gandalf si avvicinò a Keira e fu l'ultima con cui parlò prima di ripartire.
"Fai molta attenzione, gli Elfi che abitano questi boschi non sono cordiali e amichevoli come quelli nella Valle di Imladris. Potresti trovarti davanti a qualcosa di totalmente inaspettato. Ricorda: qualsiasi cosa accada, ricorda sempre chi sei." E detto ciò, spronò il suo cavallo ritornando sui suoi passi.
La Compagnia si addentrò nella Foresta e da lì iniziò il loro viaggio verso l'ignoto, con la sola speranza di non perdere la via né di perdere se stessi in mezzo a quella marmaglia di alberi fittissima e sorprendentemente tutta uguale.
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Non sempre si combatte per ciò che è giusto
FanfictionAveva impiegato più tempo del previsto a giungere nella Contea. Non era stato difficile trovare la piccola e tonda porta verde. Lo stregone la stava attendendo, ma per quale motivo proprio in quel luogo così distante? Trasse un sospiro e fece sbatte...