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"Allora ci vediamo sabato?", domandai a Stef prima di concludere la telefonata.
"Sì, per le otto saremo lì."
"Chiamami quando state per arrivare, ok? Un bacio. Ci sentiamo", e chiusi la chiamata.

Avremmo passato la serata a Calvairate, anche se a me mancava da morire Milano Centro e ci sarei voluta andare anche subito, e con le amiche ovviamente è sempre tutto più bello.

Odiavo Calvairate, non conoscevo nessuno e non c'era un cazzo da fare. Potevi solamente buttarti in qualche bar e bere qualcosa fin quando non ti sbronzavi e dovevi solo tornartene a casa per non rischiare di vomitare per strada.

Non smettevo di pensare ad un posto carino dove portare le mie amiche e passare del tempo insieme.
Dato che del quartiere avevo solo visto casa di mia nonna e il tabacchi decisi di fare l'ennesimo giro di perlustrazione per cercare un bar all'altezza.

Scesi le scale del palazzo e accesi una sigaretta, girai quasi tutto il quartiere non trovando nulla che potesse rientrare nei miei o nei gusti delle ragazze. Insoddisfatta ed esausta mi sedetti sulla mia amata panchina e dopo un po' notai Mirko in lontananza, non lo avevo più visto dopo la notte in cui aveva preso le botte e che avevo deciso di aiutarlo. Lo guardai avvicinarsi piano.
No.
No. Per favore. Non voglio avere una conversazione.
Mirko no. Rimani dove sei. Per favore. No.

"Ciao", dissi solo.
"Ciao?", chiese con aria interrogativa.
"Sì, ciao Mirko", ripetei ancora.
"Ok, ciao Antonella", mi imitò.

Feci finta di non ascoltarlo. Incrociai le gambe e iniziai a guardarmi intorno.
"Ti ho fatto qualcosa?", mi chiese portando una mano sotto al mio mento per farmi girare la testa verso di lui.

Lo guardai negli occhi per poi spostare lo sguardo sulle sue labbra, stava sorridendo e non aveva decisamente nessuna intenzione di togliere la sua mano dalla mia faccia.

Non mi feci tante domande, lo lasciai fare. Volevo vedere fino a che punto arrivava e fin dove credeva di arrivare.

Se dovevo fare l'indifferente dovevo farla sul serio, ma non nego che la sensazione della sua pelle a contatto con la mia non mi dispiaceva. La sua mano era soffice e calda.

"Eddai, quanto sei antipatica. Mi hai aiutato l'altra notte, pensavo te ne importasse almeno un po'", mi disse interrompendo il contatto.
"Ero nel mood giusto quella sera, adesso non lo sono."
"E posso sapere perché?", mi chiese cercando un contatto con gli occhi.
"No, non puoi". Poi ci pensai meglio, mi doveva un favore.

"Ti devo un favore", disse come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Si ricordava proprio tutto, ma non mi andava di dire troppe cose ad una persona sconosciuta.

"Ho bisogno di un bar, un bar carino", fu l'unica informazione che decisi di dargli.
"Bastava dirlo prima, ti ci porto io", si alzò dalla panchina aspettando che io facessi lo stesso.
Mi alzai e decisi di seguirlo. Avevo girato tutta la zona senza trovare nessun bar, e non avevo la più pallida idea di dove mi stesse portando.

"È lontano?", chiesi con l'affanno.
"No, siamo quasi arrivati."

Si fermò davanti ad un locale molto grande, mi guardai indietro e notai che c'era un bel po' di strada da fare per arrivarci.
"Ci vengo sempre con i miei amici, non è male, solo che non voglio che tu ci venga da sola. Nel senso, è ok, ma la strada di sera non è delle migliori".

"Non ci verrò da sola infatti, il mio ragazzo verrà a trovarmi nel weekend e questo posto mi sembra adatto", finsi un sorriso e mentii.

Non avevo nessun ragazzo, ma non mi piaceva quando mi trattavano come una bambina. Sapevo cavarmela benissimo anche da sola.

"Sì, lo penso anche io", mi diede un sacco di informazioni inutili e intanto lo guardavo, facendomi dei viaggi mentali su ogni parte del suo viso.

Non avevo minimamente ascoltato e di conseguenza non avevo capito un cazzo di quello che aveva detto, ma avevo comunque notato che la sua espressione era cambiata da quando eravamo lì e gli avevo confessato con chi ci sarei andata.

"E quando ci verrai?", fece dietro front per tornare al punto di partenza.
"Ci verrò questo sabato", lo seguii a ruota.
"Capisco. Perché non ti viene a prendere e andate da qualche altra parte?", mi chiese ancora. "Calvairate non credo sia il posto adatto per stare, soprattutto di sera", continuò.

"Non ha ancora preso la patente", cercai di inventarmi qualcosa.
"Sennò in questo momento sicuramente non ero qua", continuai io.
"Ho capito", il suo tono era abbastanza freddo, non sembrava molto entusiasta del fatto che avessi un ragazzo.

"C'è qualche problema Mirko?", chiesi per stuzzicarlo un po'.
Ci pensò un po' prima di rispondere.
"Sì, sto tipo morendo dal freddo", mi disse secco.

C'era imbarazzo da parte sua, forse anche un po' di delusione, lo notai dal silenzio che aveva regnato su di noi per tutto il tragitto. Io poi non ero una di quelle che parlano tanto, e quindi chi più ne ha più ne metta.

Ben presto raggiungemmo il palazzo dove viveva mia nonna e senza neanche salutarci salii sopra.

Per il resto della giornata non feci altro che pensare se mi ero comportata nel modo giusto o meno mentendogli, ma il Mirko silenzioso e che sta sulle sue a me non piaceva proprio.

questo capitolo fa un po' schifo, yes i know. in ogni caso, spero vi stia piacendo la storia. lasciate tante stellineee, love ya.☆

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