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Mirko non smetteva mai di stupirmi, aveva sempre qualcosa di lui da mostrarmi, sempre qualcosa di nuovo da farmi scoprire, mi faceva sorprese, e io per lui non facevo nulla. Non gli avevo mai raccontato della mia vita, mentre lui più volte si era sfogato con me, ma il fatto che, anche solo parlarne, mi avrebbe fatto avere brutti ricordi della mia adolescenza e della mia infanzia mi terrorizzava.
Un pomeriggio eravamo a casa di Ciccio. C'eravamo io, Mirko, Falco e altra gente a cui poco davo conto. Presi dalla noia ci eravamo messi in cerchio con una bottiglia in mezzo e quando la bottiglia indicava qualcuno di noi dovevamo raccontare uno dei ricordi felici che avevamo. E io pregavo qualsiasi divinità affinché quella bottiglia non dovesse mai indicarmi, anche se sapevo benissimo che sarebbe toccata anche a me.
Ciccio fece roteare la bottiglia su sé stessa per l'ennesima volta e andò verso Mirko. Si schiarì per bene la voce e iniziò a raccontare.
"Una volta, da piccolo, ero in un parco qua vicino con mia mamma. Quel giorno ero molto triste ma non ricordo neanche il perché, e mia madre se ne era accorta, quindi aveva deciso di farmi giocare con gli altri bambini."
Sorrisi d'istinto, immaginai Mirko da piccolo, doveva essere molto carino."Dopo un po' non la vidi più, appunto perché non ero tanto interessato a giocare quel giorno. Iniziai a piangere come un matto, davvero, frà", diede una gomitata scherzosa a Falco.
"Mi sedetti sulla panchina e dopo pochissimo tempo si presentò davanti a me con lo zucchero filato", sorrise mentre continuava a parlare.
"La mia giornata migliorò in così poco che me lo ricordo ancora come se fosse ieri."
Concluse continuando a sorridere.Dopo un paio di volte che la bottiglia mi aveva scansato, abbassai gli occhi appena mi accorsi che tutti mi stavano guardando. Spalancai gli occhi quando scoprii che la bottiglia stava indicando proprio me. Bestemmiai mentalmente.
Sorrisi nervosamente, e mi strinsi nella felpa enorme che mi aveva prestato Mirko qualche giorno prima, ma che non gli avevo ancora ridato e non avevo nessuna intenzione di farlo.
"Salto", dissi solo questo. All'interno della mia mente iniziai a ripensare a tutti i ricordi che avevo e al più felice che potevo raccontare. Zero, anche se ci fosse stato non riuscivo proprio a ricordare nulla.
"Non puoi saltare!'", mi disse uno dei ragazzi che non conoscevo.
A quell'affermazione pensai al fatto che dovevo essere stata proprio stupida ad aver accettato di partecipare al gioco pur sapendo che non avevo niente di bello da dire."Fate un altro giro, vado in bagno e racconto il mio", ero evidentemente nervosa e con la testa da un'altra parte. L'unica cosa a cui pensavo era che volevo e dovevo scappare di là, che mi sentivo a disagio e iniziarono a pizzicarmi gli occhi.
"Arrivo subito", nessuno disse niente.Mi alzai velocemente e aumentai il passo verso il bagno. Aprii con forza la porta e girai la chiave verso destra, in modo da chiudermi dentro. Mi poggiai al lavandino e chiusi gli occhi, involontariamente pensai a tutte le cose negative che avevo vissuto, mi girai verso lo specchio, aiutandomi con le mani.
Mi guardai per un attimo, avevo il viso marcato dalle lacrime, provavo un senso di insoddisfazione e incompletezza.
Mi sedetti sul bordo della vasca da bagno e iniziai a graffiarmi il viso con le unghie, volevo strapparmi i capelli, volevo fare qualcosa che mi potesse causare un malore fisico. I ricordi mi stavano letteralmente uccidendo, mano mano che la mia mente andava avanti pur non volendo.
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Calvairate
RomanceAntonella vive a Milano, ma ben presto si troverà costretta a trasferirsi a Calvairate, in un quartiere vicino, contornato da palazzi e vite difficili.