2.3

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Era ubriaco, si poteva vedere dagli occhi e dal fatto che non riuscisse a mantenersi per più di due secondi in una posizione esatta.
Non disse nulla, e neanche io.
Si limitò semplicemente a sorridermi con una faccia che diceva 'non posso farci nulla'.

Feci spallucce e lo invitai ad entrare, sapevo bene di essere l'ancora di Mirko, poteva fare o dire quello che voleva, ma quando aveva bisogno era sempre da me che veniva.
E chissà, dato che in vino veritas gli avrei potuto fare qualche domandina, sorrisi solo all'idea cattivella che avevo avuto, ma la abbandonai subito.

"Sei sola?", mi chiese insicuro.
Annuii e dopo avergli fatto togliere le scarpe lo portai in camera mia.

"Si può sapere quanto hai bevuto?", gli chiesi incrociando le braccia guardandolo male.
"Pochino", tentava di farmi vedere quanto avesse bevuto utilizzando il pollice e l'indice, scossi la testa quando mi accorsi che non era capace neanche di ricordarsi come si chiamava.

"Seh, vabbè. Lasciamo stare", gli dissi dandogli una pacca sulla spalla, nonostante fosse uno stronzo non potevo cacciarlo fuori.
In realtà si, ma non volevo.

Era da un po' che io e Mirko non restavamo soli, a parlare, a divertirci o a stare semplicemente insieme.

Dopo qualche minuto di silenzio il suo cellulare iniziò insistentemente a squillare, ma lui era come in trans.
Se ne stava seduto comodamente sul letto con lo sguardo perso nel vuoto, forse non si era neanche accorto che lo stavano chiamando.
Lasciai perdere, se mi fossi trovata in altre situazioni avrei risposto io al posto suo.

Continuai a preparare il lettino pieghevole dove avrebbe dormito Mirko, e nel frattempo non si sentiva una mosca volare.
Mi girai nella sua direzione per controllare che fosse tutto a posto, ma me lo ritrovai di faccia, causandomi una leggerissima perdita di dieci anni di vita.

"Mi hai fatto spaventare, demente", lo guardai ridere e smettere l'attimo dopo.
"Non volevo, forse", gli diedi una botta sulla spalla, e mi girai di nuovo per afferrare la federa del cuscino e far scivolare quest'ultimo all'interno.

"Hai fame? Vuoi bere?", gli chiesi portando il letto vicino al muro, in modo che non sarebbe caduto durante 'la notte'.

"No, però dovrei vomitare", mi disse sinceramente e sbuffai.
Potevi vomitare anche a casa tua.
"Devi proprio, vero?", domandai con la speranza che la risposta fosse negativa, ma niente da fare.
Continuava ad annuire anche se gli avevo detto di aver capito.

"Sai dov'è il bagno, puoi arrivarci anche da solo", gli dissi sdraiandomi sul letto e facendo finta di dormire.
"Voglio che mi accompagni."
Come fanno i migliori amici, pensai.
Non volevo litigare di nuovo, lasciai perdere.

Mi alzai scocciata e maledicendo qualsiasi cosa mi avesse fatto incontrare un rompicoglioni del genere.

Lui mi seguì in bagno e chiusi la porta una volta dentro entrambi.
Alzai la tavoletta del gabinetto e mi girai per non guardare lo spettacolo.
Sentii due braccia avvolgermi i fianchi, e il suo corpo schiacciato contro il mio.
Mi abbracciò da dietro, unendo le sue mani calde con le mie.

Aprì la porta e spense la luce dietro di noi, mi trascinò fino in camera e mi fece sedere sul letto.
Lui si mise in ginocchio davanti a me e mi afferrò le mani portandosele nei capelli.

Una volta capito cosa dovevo fare, iniziai a massaggiargli le punte dei capelli, erano diversi, forse aveva usato uno shampoo nuovo.

Mi accarezzò le cosce, facendo avanti e dietro con le mani, assicurandosi di toccare tutto quello che c'era da toccare.

Avevo la sua faccia poco distante dalla mia e molto meno controllo, ma non potevo farmi trattare come voleva e quando voleva. Avrei aspettato e poi chiarito la situazione, non mi andava di fare qualcosa di cui me ne sarei pentita il giorno dopo, soprattutto perché lui non avrebbe avuto nessun ricordo.

"Baciami", spalancai gli occhi.
Non lo aveva detto davvero.
Ma come, faccio tanto per non litigare e poi sei proprio tu a farmi partire.
"No", dissi fredda, interrompendo immediatamente il contatto che si era creato tra di noi.
"Perché no?"
"Non mi va"
"Ma si può sapere che ti prende con me? Che cazzo ti ho fatto?", si alzò barcollante da terra mentre collegava bocca con cervello.

"Hai detto che sono la tua migliore amica, dovresti baciare la tua fidanzata, non me, ti trovi?", gesticolai occupandomi le mani, altrimenti lo avrei preso a schiaffi in faccia.

"Non volevo neanche litigare, ma perché devi spingerti oltre se una cosa non la vuoi fare?", chiesi un po' preoccupata per la sua ormai insanità mentale.

"Se la faccio è perché la voglio fare."
Mi guardò con occhi sinceri, era quello il Mirko che conoscevo.

"Te la sei scopata?", gli chiesi sperando mi disse la verità.
"No"
"Non ci credo neanche un po'", risi davanti alla sua risposta.
Avrei potuto chiedere direttamente a lei, ma non mi avrebbe mai davvero detto le cose come stavano.
"E ti piace?", chiesi ancora in cerca di risposte sensate e veritiere.
"Un po', è una bella ragazza".

Mi sentii qualcosa all'interno del corpo frantumarsi in mille pezzi, cercai di non piangere o di non sembrare affatto dispiaciuta.
Non che lo fossi.
Feci tutt'altro, continuai il discorso impassibile.

"E allora perché mi vuoi baciare se ti piace lei?", gli chiesi ancora. Lo stavo portando al limite e lui aveva bisogno di dormire, ma io dovevo avere le mie cazzo di risposte, ero io a non dormire da un po'.

"Perché con te è diverso, lo sai che intendo", la sua faccia diceva tutto.
Il mio lato buono diceva di lasciarlo stare, di farlo riposare e di riparlarne a mente fresca.
Ma il mio lato gangsta avrebbe spaccato qualcosa se non avesse avuto le risposte che le spettavano quella stessa notte.

"No, non so cosa intendi, ti va di spiegarmelo?", ebbi l'impressione di essere una maestra delle elementari che parla con un alunno, in fondo la sua età mentale in quel momento non superava i cinque anni.

"Che con te è diverso, abbiamo un'altra cosa io e te, mi piace perché è diversa e basta", sorrisi un po', ma cercai di non farmi vedere.
Tanto non vedeva un cazzo quel cretino.

"Non è finita qua", gli dissi permettendogli di mettersi a letto.
"Lo so, lo so", scosse la testa infilandosi sotto le lenzuola.
Spensi la luce sul comodino e mi girai di spalle al letto di Mirko.

Qualche minuto più tardi era attaccato a me con entrambe le mani sui miei fianchi e con la testa sul mio cuscino.

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