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Il giorno dopo tornai a casa presto, mi preparai la colazione e aspettai che si svegliasse nonna.
Si sedette vicino a me e iniziò a chiedermi che intenzioni avessi con Giovanni. Parlammo per un po' quella mattina, ero felice quando parlavo con lei. Mi dava sempre buoni consigli, anche se poi non li seguivo mai."Non so quanto ti possa interessare, ma te lo dico lo stesso", disse all'improvviso.
"Mirko ieri notte è venuto qua, ha bussato alla porta fin quando non mi ha svegliata. Ti cercava, non stava benissimo. Era un po' su di giri e parlava ad alta voce."Quelle parole causarono un buco all'interno del mio stomaco. Voleva dare fastidio a me? Ben venga. A Giovanni? Anche. Ma mia nonna la doveva lasciare in pace, non esisteva nessun motivo al mondo per presentarsi a casa mia senza sapere se mi trovassi in casa o meno, cercandomi come un matto.
"Non mi interessa", replicai.
"Ma stai tranquilla, farò in modo che non ti crei più fastidio."
Ero furiosa, non doveva permettersi.
Fuggii in camera, presi il cellulare e composi il suo numero, nel frattempo il mio piede non smetteva di battere sul pavimento."Pronto?", parlò prima lui. Forse non aveva connesso che ero io, aveva risposto d'istinto e basta.
"Mirko", dissi fredda e distaccata.
"Ehy ciao amica, come va?", era di nuovo ubriaco. Mi sentii morire.
"Dove sei?", gli chiesi con molta calma - insomma, ci provai. -"In realtà, non saprei. E poi cosa te ne frega?", chiese con tono da menefreghista.
"Ti devo parlare, lo devo sapere dove sei."
"Non ci dobbiamo dire niente", disse un po' confuso e insicuro su quello che mi stava dicendo.
"Forse tu, io ho da dirti una cosa. Te lo richiedo con calma, dove cazzo sei?"
Non rispose, forse ci stava pensando.
"Entro oggi", continuai."Sono dove mi hai trovato la scorsa volta".
Attaccai il telefono, non ci ero più salita nel palazzo suo e sapevo che mi avrebbe fatto un certo effetto vederlo di nuovo seduto lì, sulle scale fredde e vecchie di quel posto.Sapevo i rischi che correvo, ci sarebbero stati fraintendimenti sicuramente. Decisi alla fine di fregarmene, ci avrei parlato se si fosse presentato di nuovo.
Lo schermo del mio cellulare si illuminò lasciando spazio al suo nome.
Risposi, non tanto convinta e consapevole di cosa stessi facendo."Quindi non mi hai detto se ci vieni o no qua", disse rilassato, forse un po' troppo.
Attaccai di nuovo, scesi dal palazzo e aumentai il passo fino a raggiungere il suo. Ogni passo che facevo verso di lui aumentava sempre di più la mia ansia, il fatto di rivederlo, di doverci avere un dialogo faccia a faccia, occhi negli occhi.Raggiunsi il suo piano, e lo trovai completamente steso per terra. Non sapeva manco lui che ci faceva là.
"Puoi alzarti?", gli chiesi incrociando le braccia e guardando la punta della mia scarpa.
"Mi serve una mano", disse come un bambino che ha bisogno della mamma."Non te la do la mano, sei grande e abbastanza forzuto, puoi alzarti benissimo da solo."
"Non riesco", la sua voce era spaccata, era ferita ma allo stesso tempo dolce, era debole ma trasmetteva tranquillità come sempre.
Roteai gli occhi, dovevo toccarlo per aiutarlo ad alzarsi.
Tirai un sospiro e gli afferrai le braccia, lo tirai su e avvolse il suo braccio attorno al mio collo.
Ma che cazzo fai Mì.La mia faccia diventò un peperone, riuscii a sentire il calore quando mi sfiorai la fronte. Aprii la porta di casa sua e lo buttai con forza sul divano.
"Dobbiamo parlare", rimasi in piedi aspettando che connettesse un attimo.
"Hai scelto il momento sbagliato allora", rise con gusto.
Non fai ridere manco per il cazzo."È sempre il momento sbagliato", risi anche io, ma nervosamente.
"Lo è per te, sei tu che ti arrendi subito", mi disse stendendosi.
Ma che vuol dire?
"Fai poco lo spiritoso, e cerca di riprenderti un attimo che ti devo dire una cosa."
"Mi servi tu per riprendermi del tutto."Qualcosa dentro me si stava muovendo, forse i coglioni che mi stava facendo girare.
"Allora riprenditi a metà, voglio che capisci quello che sto per dirti e voglio che lo metti in atto."
Lui annuì con la testa e mi fece segno di parlare."Come ti sei permesso ieri notte di andare a casa mia e di fare il pazzo non devi permetterti mai più. Prima mi chiami, se ti rispondo e hai qualcosa da dirmi è ok, ma non azzardarti più a svegliare mia nonna perché cerchi me", gesticolai con le mani per cercare di farmi capire meglio.
Lui non diceva niente, come se non stessi parlando, come se la cosa non fosse il fatto suo.
"Hai capito o no?", mi avvicinai di soppiatto, permettendogli di guardare qualsiasi espressione del viso avessi in quel momento.
Mi guardò a lungo, ma non osava parlare. Forse non sapeva cosa dire, o forse era così fuori da non capire nemmeno."Facciamo così Antonè, passa più tardi, ne parliamo dopo."
Spalancai gli occhi. Eccerto, mo mi metto ai comodi tuoi."Io non passo proprio da nessuna parte Mirko, tu lo capisci ora e fai in modo che non succeda mai più."
"Mi mancava sentire il mio nome detto da te sai?", mi rispose tutt'altro.
Madonna i maschi."Non me ne frega niente, hai capito o no?", gli chiesi ignorando quello che aveva appena detto.
"La verità? No", rise ancora.
"Ma che cazzo ridi Mirko? Che ci trovi di divertente? Vuoi una pizza in faccia? Non ho capito."
"Dammela, almeno ti sfoghi."
"Ma qual è il tuo cazzo di problema? Me lo spieghi che cazzo vuoi?", gli dissi incazzata nera."Voglio te, ti voglio tutta per me, mi fa male il cuore quando ti vedo con quel fallito. Ma chi cazzo è lui? Arriva così e ti porta via da me, senza un perché e senza niente."
Rimasi spiazzata, gli serviva solo 'na botta in fronte per farlo riprendere, pensai tra me e me."Ci avresti dovuto pensare prima", alzai la voce contro di lui.
"Sai che c'è? C'hai ragione, non ti merito. Vuoi che non ti dia più fastidio? Sarai accontentata. Non ci vengo mai più a casa tua, stai tranquilla. Vuoi stare con lui e vivere la tua vita serenamente e senza di me? Sarai accontentata anche su questo.È questo quello che volevi? Bene, te lo darò", me lo disse quasi senza emozioni, come se fosse perso nel suo mondo.
Io non volevo quello, volevo bene a Mirko, ma forse era semplicemente il momento sbagliato.Non dissi più nulla, alzai le spalle, poi uscii da casa sua e scesi velocemente le scale del palazzo. Non c'era nessun motivo per piangere, eppure le lacrime non avevano smesso per un solo secondo di scavarmi il viso.
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Calvairate
RomanceAntonella vive a Milano, ma ben presto si troverà costretta a trasferirsi a Calvairate, in un quartiere vicino, contornato da palazzi e vite difficili.