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Finimmo di mangiare velocemente, Mirko non mi guardava e nonna a stento mi rivolgeva la parola.

Mi sentivo così in colpa ma non potevo farci nulla ormai.

"Mirko, puoi seguirmi un attimo?", mi alzai di scatto dalla sedia e aspettai che lui facesse lo stesso.

Lui sbuffò e fece come gli avevo chiesto.

Eravamo di nuovo in camera mia.
Il pensiero che quelle pareti non ci avrebbero mai più rivisti nel letto abbracciati mi provocò un nodo alla gola.

"Mi spieghi che ti prende?", gli chiesi incrociando le braccia al petto e battendo più volte la punta del piede a terra.

"Senti, non voglio litigare con te, non oggi, non prima di andare via", continuai quando mi accorsi che aveva lo sguardo perso nel vuoto.

"È colpa tua!", mi disse facendo spallucce.

E lo sapevo bene che era colpa mia.

"Sì, lo so, quindi ci saluteremo così? Potevi anche dirmelo prima", dissi innervosendomi.

"Anto, per piacere..", si inginocchiò baciandomi le mani.

Feci un sospiro e mi misi nella sua stessa posizione.

"Mirko, lo sai. Non posso restare qua e rischiare di essere infelice", lui annuì dandomi ragione.

"Non voglio stare senza di te", chiusi gli occhi quando lo sentii parlare.

"Vieni con me, e fai venire pure tua mamma!", mi alzai senza lasciargli le mani.

"Antonè..", la sua espressione divenne triste.

"Che c'è Mirko?", gli chiesi avvicinandomi al suo viso.

"Non me la sento di lasciare questo posto, ho tutto qui."

Capivo perfettamente.

"Io invece qui non ho assolutamente nulla", risposi io, per fargli capire davvero il motivo per cui stavo per andare via.

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