17.

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Il bronzo di cui era fatta l'armatura era tiepido al contatto con la sua pelle.
Un pezzo alla volta, l'aveva indossata tutta. E nonostante non gli piacesse averla addosso, dovette ammettere di sentirsi più tranquillo, lì dentro.
"Sei veramente... temibile" osservò Patroclo, guardandolo.
"Tu pensi?". Achille abbassò lo sguardo su di sè, dubbioso.
"Tranquillo, andrà tutto bene. Finché non ucciderai Ettore rimarrai in vita, no?"
"Nella mischia, potrei perfino rischiare di colpirlo per sbaglio" mugugnò l'altro.

"Buongiorno, piccioncini!"
Ermogene, anche lui con un'armatura leggera addosso, entrò nella tenda senza alcun avviso.
"Sai, la tenda non era chiusa per bellezza" disse Achille, acido.
"Ti sei svegliato dalla parte sbagliata del letto stamattina, bionda? O forse, Patroclo ci è andato troppo pesante? Chi può dirlo..."
"Vai dritto al punto" tagliò corto il Pelide, stancamente.
"Oh, non c'è nessun punto. Volevo solo informarvi... o meglio, informarti, che sono nel tuo esercito!" esclamò. "Agli ordini, capitano!"
"Fantastico..." brontolò Achille.
"E tu che mi dici, Patroclo?" cambiò argomento l'uomo. "Non mi dire che scenderai in battaglia anche tu"
"Oh, no" dissentì Patroclo. "Io, che ho imparato qualcosa di medicina presso il Monte Pelio, aiuterò i medici"
"La bionda vuole tenerti fuori dai guai, eh? Comunque, approvo la scelta"
Ermogene ridacchiò, scuotendo la testa.
"Bene. Ci vediamo... tra poco" si congedò, e uscì.
"Non vedo l'ora..." mormorò Achille.

"Quell'uomo è una piaga" dichiarò poi, dopo un attimo di silenzio.
Patroclo rimase zitto per un momento.
"È vero" disse poi. "Ma... cerca di non farlo morire, va bene?"
"Certo" assicurò il ragazzo biondo, sorpreso.
Scesero di nuovo nella quiete, riflettendo ognuno per conto suo.
Quando sentirono suonare il corno, si alzarono in piedi.
"Cerca di non morire neanche tu, d'accordo?". Patroclo lo baciò delicatamente.
"Sicuro"
Achille, senza guardarsi indietro, uscì dalla tenda.

Dopo essersi ricongiunto con il suo esercito, che lo acclamò a tal punto da imbarazzarlo, fu il momento di scendere in campo.
Come al solito, l'ansia lo stava divorando lentamente.
Fece scorrere lo sguardo su tutti i suoi uomini. Ognuno di loro era nella sua stessa condizione, notò.
Posso essere più forte di loro, o più veloce, ma rimango un uomo. Un uomo come tutti.

I vari battaglioni iniziarono ad avanzare verso l'insieme indistinto di uomini che formavano l'esercito troiano.
Achille, come sulla nave, sentì il suo corpo scaldarsi e la vista gli si fece più ristretta, più definita.
"UOMINI, CON ME!" urlò, preso da una frenesia incontenibile.
L'esercito di Ftia esultò dietro di lui, e iniziò a corrergli dietro.
Il principe afferrò una lancia, e la scagliò.
Poi se ne fece dare un'altra, e poi un'altra ancora, e quando i due schieramenti furono abbastanza vicini, smise di scagliare i dardi ed iniziò a trafiggere i nemici con l'arma, senza lasciargli neanche il tempo di avvicinarsi.

Non vedeva gli occhi terrorizzati dei soldati, non sentiva le loro grida d'aiuto: riusciva solo a colpire, a parare, ad alzare lo scudo, ad afferrare le lance.
Una parte di sè sapeva. Sapeva che quello che stava combattendo non era lui. Non era l'Achille che lui conosceva, che Patroclo amava. Era una macchina da guerra sanguinaria ed instancabile, senza alcun difetto.
Anche quando i Troiani batterono in ritirata, lui continuò a lanciare dardi che seminavano terrore tra le fila nemiche.
Stava per scagliare l'ennesimo colpo, quando un grido di dolore lo fece tornare in sè.
Si girò, e lo stomaco gli si annodò.
Ermogene era a terra, con tre soldati attorno a lui.
"Cerca di non farlo morire, va bene?"

Achille, facendo cadere la lancia, corse verso di lui.
"ANDATE VIA!" urlò agli uomini al suo capezzale, in lacrime, e si sedette nella pozza di sangue in cui era immerso.
L'uomo era stato trafitto da una lancia dritto nello stomaco. Stava ansimando, con il volto di un colorito grigiastro.
"Ermogene, Ermogene, tranquillo, va tutto bene, ora ti porteranno al campo, andrà tutto bene..."
"Bi... Bi... o... nda"
Achille si asciugò le lacrime, e annuì.
Ermogene sputò un grumo di saliva mista a sangue.
"I-io s-sto m-morendo, v-vero?" farfugliò.
Il Pelide in risposta si fece uscire altre calde lacrime che bagnarono il corpo del ferito.
Negli occhi dell'uomo di accese un barlume di comprensione.
"Io... s-sto p-per m-morire" ansimò. "N-non v-voglio m-morire"
"Tu... non stai morendo... resta con me. Resta con me. Per Patroclo. Ti prego. Ermogene..."
Al nome di Patroclo l'uomo si riscosse.
"Quel r-ragazzo... i-io... f-figlio... c-casa..."
"Non capisco, che cosa vuoi dire? Ti prego, non andartene, ora arrivano i soccorsi"
"P-Patroclo... è... c-come un f-figlio... gli l-lascio la mia c-casa... d-diglielo... t-testamento..."
Achille prese a singhiozzare ancora più forte.
"Scusa... per tutto... Ermogene, ti prego, no... Patroclo ha bisogno di te..."
"D-digli che gli v-voglio b-bene"
"Sì..."
"V-voglio bene anche a t-te, B-Bio... nda"
"Anche io. Anche io ti voglio bene... Ermogene... NO!"
Ermogene, dopo un ultimo sforzo, rimase immobile.
"No... Ermogene... Ermogene... no..."
Achille chiuse gli occhi di quell'uomo che tanto aveva considerato un fastidio, che tanto aveva fatto per lui, di cui tanto aveva parlato male.
Che cosa ho fatto.

Patroclo gli aveva chiesto una cosa sola: di proteggerlo.
E lui non era riuscito a difendere una delle poche persone che veramente gli era fedele e che per loro provava un affetto puro e disinteressato.
Perché ora lo capiva: Ermogene non avrebbe mai fatto nulla che avrebbe potuto ferirli.
Le sue battute, i suoi sorrisetti, il suo atteggiamento... non avevano secondi fini.
Era fatto così, si prendeva gioco delle persone, ma senza cattiveria.
Lui c'era stato per Patroclo quando erano stati separati; lui, senza sperare in alcun compenso, aveva aiutato quel ragazzo distrutto a cercarlo; sempre lui lo aveva spinto a dichiararsi e a fare di tutto per essere felice.
Perché solo ora si accorgeva della superficialità con cui aveva giudicato Ermogene?
Perché solo ora si rendeva conto della generosità di quell'uomo?
Poteva essere più forte, più veloce, più bello degli altri uomini... ma rimaneva sempre solo un bambino. Un bambino infantile e terribilmente stupido.




———
Ermogene.
Sì, lo so.
Sto letteralmente piangendo.
La cosa strana è che mi è successa la stessa cosa di Achille.
Fino ad ora avevo sottovalutato nettamente Ermogene.
Diciamo che, anche se sembra brutto dirlo, lo avevo preso come un personaggio affine a se stesso, che serviva solo a dare un pizzico di colore alla storia.
E invece non era assolutamente così, e mi scuso per questo.
Solo dopo averlo fatto morire mi sono accorta di che personaggio straordinario fosse, ed è proprio questo che mi ha commossa.

Va bene, ora basta.

Ed ora vado a deprimermi per Ermogene.
Al prossimo aggiornamento,
Bye,
~Evie.

Audaces Fortuna IuvatDove le storie prendono vita. Scoprilo ora