20.

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Come Achille si aspettava, Agamennone venne a prelevare Briseide poco dopo.
La ragazza, a cui non avevano avuto tempo di spiegare nulla, li guardò con occhi imploranti mentre veniva portata via.
Patroclo la fissò allontanarsi con una strana soddisfazione nello sguardo.
Il Pelide gli mollò una gomitata.
"Ahi!" protestò il bruno, massaggiandosi la parte offesa. "Mi hai fatto male!"
"Ben ti sta"
"Cosa?! Ma che ti ho fatto?!"
"Zitto, lo sai benissimo" disse, cercando di rimanere serio. Fallì miseramente, scoppiando a ridere.
Patroclo rise con lui, con leggerezza.
Ora loro due sarebbero potuti stare insieme tutto il tempo che volevano. Achille sapeva che avrebbero impiegato bene quei giorni... molto bene.
Il bruno, dopo essersi guardato intorno per assicurarsi che non ci fosse nessuno nelle vicinanze, di scatto lo prese in braccio a mò di sposa, cogliendolo totalmente alla sprovvista.
Achille, sentendosi sollevare improvvisamente strillò, indignato.
"Lasciami! Lasciami, ho detto... brutto..."
"Ora che quella se ne è andata" gli sussurrò Patroclo all'orecchio, ignorando totalmente le sue lamentele, "sei mio"
Il biondo tacque, arrossendo. "Non sono mai stato di nessun altro" rispose, piano.
Sempre tenendolo in quel modo, il bruno lo portò nella tenda, ridendo.
Era da tanto, tanto tempo che non si comportavano come due ragazzi della loro età.

Passarono i giorni. Nonostante loro due fossero così spensierati, per gli altri le cose non andavano bene.
Come predetto da Achille, gli Achei iniziarono a perdere sempre più battaglie.
In tanti, tantissimi morivano.
Più volte qualcuno venne ad implorare il Pelide di tornare in battaglia, ma da lui ricevettero tutti la stessa risposta: "Tornerò a combattere quando Agamennone si scuserà".
Nulla riuscì a smuoverlo: doni, lusinghe, preghiere... tutto inutile. Presto fu chiaro a tutti che Achille avrebbe mantenuto il suo proposito di restare inattivo fino a che non avrebbe avuto quello che voleva.
Durante il giorno, mentre gli altri Achei venivano trucidati in battaglia, loro nuotavano, giocavano, perdevano tempo.
Patroclo presto iniziò a soffrire di tutto questo. Achille se ne accorgeva dal velo di preoccupazione che regnava costantemente sul suo volto anche mentre sorrideva, ma decise che avrebbe aspettato che fosse lui a parlargliene, cosa che avvenne dopo pochi giorni.

"Stanno morendo tutti" disse il bruno, tutt'a un tratto.
Erano seduti sulla spiaggia a sbocconcellare dei dolcissimi fichi che avevano colto da una pianta carica di frutti.
Achille si voltò a guardarlo, sorpreso.
"Stanno morendo tutti, e noi stiamo qui a far niente" ripetè, con un fil di voce. "Noi potremmo aiutarli. Tu potresti aiutarli. Se solo..."
"No" lo interruppe il Pelide, secco.
"Ma ascoltami..."
"Ho detto no!" si scaldò Achille, infervorato.
Patroclo tacque per un attimo, fissandolo.
"Se le cose stanno così" disse, lentamente, "Io posso anche andarmene".
Il ragazzo, impettito, camminò verso l'accampamento.
Il biondo lo fissò allontanarsi, con la stomaco annodato.
"Pensavo... pensavo che almeno tu capissi cosa sto facendo" mormorò.
Il suo compagno si girò. "L'ho capito finché tutto non si è trasformato in una farsa infantile" sibilò, e se ne andò.
Achille, con lo sguardo perso nel vuoto, rimase immobile.

Passarono i giorni, ma Patroclo non dava cenno di volersi riappacificare con il biondo. Dormiva ormai in una tenda separata ed evitava qualsiasi contatto con Achille.
Questi aveva tentato più volte di parlargli, ma non c'era stato verso. Il Pelide iniziò a passare le sue giornate da solo, tristemente, rimuginando su ciò che avrebbe o non avrebbe dovuto fare.
Voleva far pace con Patroclo, ma per farlo avrebbe dovuto accettare di tornare in battaglia. Cosa che non aveva nessuna intenzione di fare.
Per la prima volta nella sua vita, capì veramente cos'era la solitudine. Non era mai stato veramente solo: a Ftia era pieno di ragazzi della sua età; sul monte Pelio... beh, c'era Patroclo; a Sciro aveva avuto Deidamia e poi ancora Patroclo.
Solo così si accorse davvero di quanto spazio occupasse il ragazzo bruno nel suo universo. Ogni mattina, svegliarsi senza trovarselo accanto era un trauma, un pugnale conficcato nel petto. Quando, per sfuggire al caldo soffocante, decideva di andare a fare un bagno nel mare, nuotare da solo era uno strazio. Quando mangiava, trovava strano ed incredibilmente sbagliato non condividere con nessuno il proprio cibo. E la sera... addormentarsi da solo, senza le lunghe braccia di Patroclo a stringerlo, era semplicemente tremendo.

Il giorno dopo, al ritorno dell'esercito, si diffuse un malumore generale.
Quella battaglia era andata peggio delle altre -molto peggio- e le perdite erano state disastrose.
Mentre Achille assisteva all'incenerimento dei cadaveri che erano riusciti a recuperare, notò Patroclo che lo fissava, come se stesse riflettendo. Appena i loro sguardi si incrociarono, guardò da un'altra parte.
Il Pelide, rinfrancato da quel contatto seppur brevissimo, tornò nella sua tenda.
Quella sera, mentre come al solito stava mangiando da solo, sentì una voce provenire da fuori.
"Ehm, posso entrare?"
Il biondo cercò di contenere la gioia. "Certo!"
Patroclo, un po' rosso in viso, entrò. Aveva in mano un'otre di vino.
Achille, sprizzando felicità da tutti i pori, si alzò e lo abbracciò di getto. Il ragazzo cadde a terra, preso alla sprovvista.
"Ma che...?!"
"Mi sei mancato così tanto" gli sussurrò all'orecchio. Poi, dopo aver incrociato il suo sguardo, lo baciò.
Patroclo, dopo un attimo di resistenza, rispose al bacio.
"Anche tu mi sei mancato"
I due si alzarono, spolverandosi le tuniche.
I bruno mostrò all'altro il vino. "Ne vuoi?"
Achille accettò di buon grado, sorridente. L'universo aveva ripreso a funzionare come sempre.
I due, ciarlieri, bevettero fino a tarda sera, chiacchierando e scherzando come non facevano da settimane.
Il biondo dopo poco fu totalmente ubriaco.
Rideva, gesticolava, imitava chiunque.
"Oh! Io sono Agamennone, sono uomo virile e amo violentare le donne! Oh! Ho scatenato una pestilenza causata dall'ira di un dio perché una ragazza figlia di un sacerdote mi arrapava! Oh!"
Patroclo, che sembrava del tutto lucido, lo fissava, divertito.
"Achille" iniziò. "Se torni in battaglia, ti acclameranno come un dio"
Il Pelide sbuffò. "Ancora con questa storia..."
"Ti prego" lo implorò il compagno. "Se non ti importa degli Achei, fallo per me. Io ti amo..."
Achille, fissando il viso dell'amato, lì per lì stette per cedere, ma poi gli tornò in mente il viso ghignante e tronfio di Agamennone.
"No" disse, deciso, per poi provare a versarsi dell'altro vino. "È finito..." si lamentò.
Patroclo lo guardò con una strana luce negli occhi.
"Va bene" disse. "Ora mettiti a dormire però"
Il Pelide, senza opporre resistenza, si fece mettere a letto e si stese, con Patroclo che gli carezzava i capelli.
L'ultima cosa che udì prima di addormentarsi fu un "ti amo" sussurrato nell'orecchio.

Il giorno dopo si svegliò con la luce del sole che trapelava nella tenda attraverso una fessura.
Si stiracchiò, e sorrise. Neanche il mal di testa atroce che aveva poteva guastare il suo buonumore.
"Patroclo...?"
Aprì gli occhi, e si guardò intorno.
Non c'era nessuno.
"Patroclo?" chiamò ancora.
Niente.
Achille però ebbe l'impressione che mancasse qualcos'altro.
Ci mise un attimo a capire.
L'armatura.
Intuì subito quello che era successo.
Uscì fuori, di corsa, con le lacrime agli occhi.
"PATROCLOOOO! NOOOOO!"


———
Pronti a piangere nel prossimo capitolo? Ehhhh?

Audaces Fortuna IuvatDove le storie prendono vita. Scoprilo ora