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Patroclo era in piedi, e stava guardando la colonna di soldati che tornavano all'accampamento.
Cercò ansiosamente una testa bionda, un paio di vivi occhi azzurri tra quegli sguardi stanchi.
Quando vide finalmente il suo Achille, tirò un sospiro di sollievo. Era vivo.
Ma la sua felicità durò poco.
Ci mise pochi attimi per capire che qualcosa non andava.
Achille stava camminando con lo sguardo basso e le spalle curve. E accanto a lui c'era una salma.
Patroclo cercò freneticamente tra la folla un viso familiare che avrebbe smentito il suo timore, ma non lo trovò.
Con il cuore a mille, aspettò che il suo compagno si avvicinasse a lui.
L'attesa fu una vera tortura. Tentò di calmarsi, dicendosi che le sue paure erano infondate, che lui si era semplicemente confuso tra le tante persone.

Achille guardò Patroclo, e capì che lui aveva già intuito tutto.
"No..." mormorò questi.
"Mi... mi dispiace... io..."
Il ragazzo bruno, senza degnarlo di uno sguardo, si gettò piangendo sul corpo di Ermogene.
"Ermogene... svegliati... ti prego... svegliati" singhiozzò, scuotendo il cadavere.
Achille fece per andare a fermarlo, ma Odisseo, fermo accanto a lui, gli fece cenno di rimanere dov'era.
"Mi avevi detto che avresti voluto morire nel t-tuo l-letto, da vecchio... e invece... invece..."
Patroclo continuava a piangere, inesorabilmente, disperatamente.
"Patroclo, io..." iniziò il Pelide, incerto.
"STAI ZITTO!" urlò l'altro, rabbioso.
Achille sentì il sangue che gli si gelava nelle vene. Non aveva mai visto Patroclo così. Mai.
"È COLPA TUA SÈ LUI È MORTO!" gridò. "TI AVEVO CHIESTO DI PROTEGGERLO, E GUARDA COSA È SUCCESSO!"
"Patroclo, io..."
Il bruno, con un'espressione di marmo in volto, si alzò lentamente.
Poi, sempre con una lentezza estenuante, andò verso Achille.
Alzò un braccio, e lo colpì sulla guancia, con il palmo aperto.
Achille, troppo basito per fare alcunché, lasciò che altre calde lacrime gli scorressero sul viso.
"Mi dispiace..." mormorò, con la guancia che gli bruciava.
Per un momento Patroclo sembrò pentirsi per quello che aveva fatto, ma fu un attimo.
"Le tue scuse non serviranno a riportarlo in vita" sibilò.
Poi, più a bassa voce, aggiunse: "Spesso sembri dimenticare che non ci siamo solo io e te, in questo mondo"
Detto questo, se ne andò.

Achille, guardandolo allontanarsi, cercò di capire cosa stesse provando, invano.
Era un misto di così tante cose che non riuscì a raccapezzarsi.
Dolore, stupore, rabbia, malinconia, incredulità lo sfiancarono, costringendolo ad accasciarsi a terra.
Cosa ho fatto.
Stette lì, immobile, per un tempo indefinito.
Poi decise di alzarsi.
Avrebbe cercato Patroclo, lo avrebbe trovato e gli avrebbe parlato.
Se non fosse riuscito a chiarire... a farsi perdonare...
Come una marionetta, si alzò barcollando, e iniziò a vagare per l'accampamento.
Ai saluti rispondeva appena, con un distratto cenno della testa; alle domande a monosillabi.

Si riscosse quando vide una gran folla radunata al centro dell'accampamento.
Incuriosito, si avvicinò.
Agamennone stringeva per il polso una ragazza bruna molto avvenente, che si stava dibattendo furiosamente per liberarsi.
Sembrava terrorizzata.
"Spesso sembri dimenticare che non ci siamo solo io e te, in questo mondo"
"Questa è Briseide, una schiava che abbiamo catturato nella battaglia di oggi" annunciò il re, tronfio. "E direi proprio che spetta a..."
"Posso prenderla io?" intervenne Achille, di getto. Non sapeva perché l'aveva fatto. Forse perché era certo che con Agamennone quella ragazza sarebbe stata stuprata e violentata ogni notte, fino a quando non si sarebbe consumata? Forse perché, in qualche modo, gli ricordava qualcuno?
Agamennone lo fissò con ostilità per qualche attimo, prima di aprirsi in un sorriso di gomma.
"Ma certo! Diamo al nostro aristos achaion il piacere che si merita!" esclamò con ironia.
L'esercito si abbandonò agli schiamazzi.
"Ti ringrazio" disse Achille, decidendo di ignorare l'irritazione che provava dentro.
Si fece strada tra gli Achei, arrivando di fronte ad Agamennone, che gli porse la mano della ragazza.
"Prego" sogghignò.
Credo di non averlo mai schifato tanto quanto in questo momento, pensò, disgustato.
Mise un braccio attorno alle spalle di Briseide, lanciando un'occhiataccia al comandante, e si avviò verso la sua tenda.

Audaces Fortuna IuvatDove le storie prendono vita. Scoprilo ora