Prologo

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Le gocce di pioggia erano fredde e il vento era gelido in quella mattinata di novembre, ma il ragazzo dai capelli biondi, in piedi sotto lo scroscio incessante non sembrava curarsene. I suoi vestiti erano fradici, così come il suo viso e i suoi capelli, ma lui, con calma imperturbabile, restava immobile, la testa leggermente inclinata verso l'alto, così da poter permettere alle gocce d'acqua di bagnare il suo viso dai tratti angelici.

Peccato che lui, di angelico, oltre al viso non aveva proprio niente.

Dopo quella che sembrò un'eternità, i suoi occhi si aprirono e la sua testa si rivolse verso il basso, guardando il panorama sotto i suoi piedi. Metri e metri sotto di lui, il suolo. Solo una piccola sporgenza a separarlo dal vuoto. In piedi, sull'orlo di un palazzo di dieci piani.

Sorrise.

Sembrava tutto così piccolo da quella prospettiva. Le persone, intente ad andare avanti e indietro per le strade, ognuno perso tra i suoi pensieri, ora più che mai sembravano piccole e insignificanti. Come delle formiche che si affannano in un formicaio.

Il ragazzo dai capelli biondi pensò, con un certo divertimento, a quanto poco potesse valere la vita di un singolo essere umano rispetto a quella dell'intera specie. La morte di uno non influiva minimamente sulla vita degli altri. Agli occhi di gente come lui, la vita degli umani sembrava breve ed effimera tanto quanto lo è il battito d'ali di una farfalla. Lui ne aveva visti di umani morire, così come ne aveva visti nascere. Centinaia, migliaia, e tutti uguali gli uni agli altri.

"Allora è vero." una voce familiare lo distolse dal suo flusso di pensieri. Un po' infastidito, il biondo distolse lo sguardo dallo spettacolo sotto di lui, così da potersi girare verso la persona alle sue spalle. Stessa figura minuta, stessi occhi grandi, stesse labbra piene, stessi capelli neri, stessi abiti candidi. "Sei tornato." aggiunse.

"Non sei cambiato di una virgola." mormorò il biondo con voce profonda e roca, senza girarsi del tutto per fronteggiare il suo interlocutore, il quale sembrò irrigidirsi nel sentire la voce del biondo.

"Vorrei poter dire lo stesso di te." sussurrò il moro, senza azzardarsi a fare un passo avanti. "Sei cambiato." aggiunse con tono rammaricato.

"Cambiato?" chiese il biondo, ridacchiando. "È tutto qui quello che hai da dire? Che sono cambiato?" mormorò, inclinando lateralmente la testa. Il suo viso era contorto in un sorriso maligno, più simile a una smorfia.

"Beh, non c'è molto altro che potrei dire..." constatò il ragazzo più basso, assottigliando le labbra. Una parte di lui avrebbe voluto distogliere lo sguardo dalla persona che aveva davanti, ma un'altra parte, si ostinava a guardarlo, alla ricerca di quello che un tempo era stato il suo migliore amico. Forse era ancora lì, sotto quella facciata maligna, forse quella persona, in fondo, era ancora il suo Taehyung.

In tutta risposta, il biondo rise. Una risata lunga, fredda e sprezzante.

"Potresti essere sincero e dire che sei deluso. Sei deluso perché non sono più quello di un tempo e vorresti che io tornassi ad esserlo. Almeno saresti sincero." sussurrò, girando finalmente tutto il corpo il direzione dell'altro ragazzo.

"Sì. È quello che voglio. Voglio che tu torni indietro, ti penta e riconsideri le tue scelte." rispose quest'ultimo, con un tremolio quasi accennato nella voce, che però venne coperto dal suono scrosciante della pioggia. I suoi abiti chiari si erano bagnati, finendo per appiccicarsi fastidiosamente al suo corpo e, allo stesso modo, i suoi capelli neri stavano iniziando a unirsi a ciocche e ad aderire alla sua fronte. "Pensi che non sappia cosa hai fatto negli ultimi anni. Che non abbia sentito dire quello che sei diventato? Le voci corrono, Taehyung. Ma io ti conosco da quando sei nato. Questo non sei tu. Non lo sarai mai."

Taehyung, scosse lentamente la testa, quel sorriso distorto ancora ben evidente sul suo viso angelico.

"Ma che bel discorso... complimenti." commentò sarcastico, battendo le mani un paio di volte. Con un piccolo salto scese dal cornicione del palazzo, facendo un passo verso quello che un tempo era il suo migliore amico. "Tu hai sempre avuto questa fastidiosa abitudine... questo bisogno di sentirti l'eroe della situazione e salvare la gente." aggiunse, anche se sembrava quasi che stesse parlando con se stesso, più che con l'altro ragazzo. "Ma voglio dirti una cosa, Park Jimin." sussurrò, camminando con passi lenti verso il moro. "È troppo tardi. Tu non puoi salvarmi. Nessuno può farlo." continuò, abbassando gradualmente la voce, tanto da rendere difficile distinguere le sue parole.

"Taehyung, se solo tu..." cominciò il moro, riuscendo finalmente ad azzardare un passo avanti.

"Sta' zitto." lo interruppe bruscamente il biondo, mantenendo un tono di voce basso, quasi pacato. I suoi passi si fermarono. "Non mi importa. Te l'ho già detto. Non c'è più niente che tu possa fare per me." mormorò, con un accenno di rancore nella voce.

Il moro sembrava sul punto di piangere, ma all'altro ragazzo non sembrava importare più di tanto.

"Si può... sempre tornare sui propri passi, Taehyung. Se solo tu volessi, potresti risolvere questa situazione e... tornerebbe tutto come un tempo." ritentò Jimin, quasi supplicando il biondo.

"E chi ti dice che io voglia tornare sui miei passi?" chiese sprezzante quest'ultimo. "Cosa ti fa pensare che io voglia tornare ad essere quello di un tempo? So che può sembrarti strano, ma io sono felice, Jimin. Ho una vita nuova. Migliore." continuò, riprendendo ad avanzare verso l'altro. "Pensi che senta la tua mancanza? O magari pensavi che sarei corso tra le tue braccia piangendo?" ghignò, scuotendo la testa.

Ormai era faccia a faccia con Jimin, il quale aveva il viso contorto in una smorfia di dolore e tristezza. Se anche stava piangendo, le sue lacrime si mischiavano con le gocce di pioggia che gli rigavano il viso, rendendo impossibile capire quale fosse la realtà delle cose. Il biondo chinò leggermente la schiena, così da poter avvicinare il viso all'orecchio del moro.

"Invece che illuderti, ti consiglio di guardare in faccia la realtà. Almeno in questo modo non rischi di restare deluso. Perché, notizia dell'ultima ore: le persone non fanno altro che deluderti." sussurrò lentamente, come se quello fosse un segreto. "Anche tu l'hai fatto con me." aggiunse infine, raddrizzando nuovamente la schiena e superando il ragazzo con una spallata, diretto verso la porta in metallo che conduceva verso l'interno dell'edificio sul quale si trovavano.

Jimin si voltò di scatto, così da poter guardare Taehyung mettersi le mani in tasca e camminare con passo deciso sempre più lontano da lui. La visione gli fece male.

"Taehyung. Se oltrepassi quella porta... la nostra amicizia è finita. Per sempre." disse il moro, in un ultimo disperato tentativo di fermare l'altro. Farlo ricredere. "Te ne rendi conto..?" chiese con voce leggermente tremante. Taehyung si fermò, senza girarsi. La sua mano, protesa in avanti verso la maniglia della porta esitò per qualche secondo.

"E sia." rispose con tono definitivo il biondo, aprendo la porta e attraversandola. Jimin abbassò lo sguardo e chiuse gli occhi, sussultando appena quando la porta si chiuse con un tonfo. In quel momento le forze abbandonarono il suo corpo e, incurante del pavimento sudicio, cedette, cadendo in ginocchio per terra. Lacrime calde si mischiarono alle gocce fredde di pioggia.

Per la seconda volta, Jimin stava piangendo la perdita del suo migliore amico.


🌼🌼🌼

So che probabilmente come prologo non ha molto senso, ma tranquilli, prima o poi si spiegherà tutto.

Questa storia è un po' diversa rispetto alla Yoonmin che ho scritto tempo fa, spero possa piacere a tutti.

Lasciate un commento e un voto se vi va, ci vediamo presto con il prossimo capitolo della storia 💓

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