Capitolo 1

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02:48

Tipico.

Era la decima, o forse l'undicesima volta?
No, di sicuro doveva averlo rifatto più di undici volte, quindici forse, o anche di più.

Ma davvero importava sapere quante volte avesse sognato quella stessa identica scena quindici volte o giù di lì? 

La risposta era: sí, decisamente sí.

Gli era parso così assurdo già alla terza notte, a distanza di una settimana dalla seconda, che quella medesima immagine tornasse a farsi strada prepotentemente nei suoi sogni per portarlo inevitabilmente a svegliarsi di soprassalto e madido di sudore dalla testa ai piedi, la canotta bianca incollata a nuca, schiena e petto, il calzone grigio chiazzato nel retro delle ginocchia.

Forse era proprio a causa di quel sogno - o incubo - che lo perseguitava ormai  da mesi, che aveva iniziato a mettere in dubbio persino la sua sessualità. Insomma, i primi tempi giustificava la sua imponente e pulsante erezione fra le gambe con un "è fisiologico"; ma poi, quando aveva iniziato a far scivolare con una lentezza straziante le dita verso l'orlo dei boxer fino a ad accarezzare la sua lunghezza con gli occhi socchiusi e quel volto fra i pensieri, i dubbi che avevano seguito quel gesto non potevano essere più liquidati facendone una semplice questione di ormoni. 

Ma, sopraggiunta per l'ennesima volta quell'immagine onirica - cui effetti erano stati sempre gli stessi elencati in precedenza - era decisamente troppo combattuto e frustrato per poter etichettare il tutto come un semplice sogno erotico, perchè non lo era.

Il modo in cui le note emesse da un pianoforte sfioravano la sua schiena nuda - seguendo come una guida le dita di quell'uomo che disegnava linee immaginarie sulla sua pelle olivastra, e percorrendo la colonna vertebrale come se stesse componendo uno spartito che avrebbe suonato con il suo corpo -, era a dir poco surreale. 

Un giradischi di fronte a un letto matrimoniale dalle lenzuola disfatte e macchiate del loro piacere, Eren steso supino e quella figura al suo fianco, nuda anch'ella, con la schiena appoggiata alla testata d'ebano del letto, mentre tracciava ogni singola vertebra del ragazzo quasi distrattamente.
Dico quasi perchè, in realtà, l'uomo era tutto fuorché distratto mentre compiva quel gesto.
Il giovane ragazzo si rendeva conto della dedizione con cui lo accarezzava con i polpastrelli soltanto quando, proprio verso la fine del sogno, sollevava pigramente gli occhi per incontrare le iridi dell'altro - senza mai vederle chiaramente -, ma dalle quali trapelava tutta la venerazione che provava per il suo corpo. 

E poi, esattamente poco prima che Eren si svegliasse, nove lettere prendevano forma sulle labbra del corvino: akrazinai.
Una parola che sembrava possedere un sapore unico ma incomprensibile al castano che, proprio nell'istante in cui il viso privo di contorni ben definiti si avvicinava al suo volto per confermare la loro complicità , allora di fronte a sé vedeva solo una cosa: il suo soffitto bianco, macchiato negli angoli da chiazze più scure dovute all'umidità ed una sottile crepa che si diramava come una saetta nel vertice in alto a destra.

E quella sera era accaduto esattamente questo, come molte altre notti che venivano trascorse insonni da quell'istante in poi, troppo immerso in riflessioni su chi effettivamente potesse essere quella persona. 

L'aveva forse incontrato fra le strade di Casperfield e l'aveva affascinato al punto tale da inseguirlo inconsciamente nei suoi sogni? Impossibile, ne avrebbe almeno avuto memoria.
Perchè, poi, tutto sembrava così ben definito durante il sogno, e quando invece era proprio in procinto di svegliarsi, tutti i dettagli di quel volto - che era sicuro, nel suo petto e nella sua anima, dovesse essere di sicuro magnifico - iniziavano a dissolversi come inchiostro nell'acqua?

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