I balconi sgocciolavano come stracci appesi, zuppi d'acqua.
Quando aveva piovuto?
L'asfalto rifletteva una luce bluastra, conferitagli da grosse nuvole cupe che stavano emigrando oltre la città, lasciando alle loro spalle una scia bagnata. Alcune di esse borbottavano, come indispettite e profondamente innervosite da qualcosa, ma avevano preso a far sfoggio della loro possanza sulla foresta e sul lago, ingrossando le sue acque e pizzicandole alla caduta di ogni singola goccia sulla superficie vitrea.
Quello specchio sarebbe stato infranto ripetutamente, finché le creature che lo abitavano non fossero state allo stremo delle forze, e forse solo allora Madre Natura le avrebbe lasciate riposare. Si sarebbe increspato, succube di quella forza con cui la pioggia si abbatteva su di esso, smarrendo la capacità di riflettere il profilo degli alberi e degli animali che si avvicinavano al suo cospetto.
Piccole onde concentriche mossero il liquido scuro nella tazza di ceramica, quando Eren accostò le labbra al bordo freddo e lucido per ingoiare un lungo sorso bollente, che gli riscaldò piacevolmente la gola asciutta.
-Allora?- si rischiarò la voce il castano, stringendo con forza le dita intorno alla superficie circolare e tentando di richiamare l'attenzione del corvino che, in quel momento, sembrava stesse contemplando con ammirazione quel gesto così spontaneo del ragazzo.
Il suo sforzo fu ripagato e le iridi chiare furono subito sul viso del giovane, il quale dovette ingoiare a vuoto un paio di volte prima di ingurgitare un po' di coraggio e non vacillare di fronte al suo interlocutore. Come aveva fatto a convincerlo a parlargli, esattamente?
Un momento prima sembrava avesse voluto dilaniarlo e farlo a brandelli con quelle piccole e callose mani con cui l'aveva stretto al collo quella stessa mattina, e un momento dopo si era ritrovato a sorseggiare un tè nero come un comune appuntamento fra amici intimi.
O, almeno, lui si stava gustando la sua bevanda tranquillamente - la seconda a distanza di qualche ora - mentre Levi pareva esitare su quel gesto così consueto.
-Non parli?- gli domandò con un tono che fece trasparire una certa impazienza, forse fin troppa per incoraggiare effettivamente l'uomo - che in quel momento sembrava un animale in gabbia - a fare chiarimenti sulla faccenda.
-Non sei un tipo che perde tempo, vedo.- dichiarò l'altro, distogliendo lo sguardo da quello inquieto del ventenne, e posandolo distrattamente sui passanti all'esterno del locale, alcuni dei quali ancora muniti di ombrello, probabilmente ignari della fine della perturbazione.
-Ne ho perso fin troppo, di tempo, credimi.- sibilò Eren senza cedere di fronte a quel muro di apatia che aveva eretto l'uomo, e contro il quale il castano si sarebbe scagliato al fine di creparlo e polverizzarlo, finché non avesse ottenuto chiarezza sulla questione.
Le ciocche scure si mossero di riflesso al movimento di Levi nel voltare il capo, ora mantenendo il contatto visivo con il ragazzo.
Un barlume gli illuminò gli occhi come un lampo, fu impercettibile ma Eren lo intravide perfettamente: che si trattasse di curiosità?-Che intendi?-
-Non parlerò finché non l'avrai fatto tu, sappilo.- si affrettò a dire il giovane mentre gesticolava con le mani, preso dall'agitazione.
-E comunque tu dovresti iniziare a parlare. Tu mi hai pedinato stamattina, non io. E sempre tu hai chiesto un appuntamento, perlopiù ficcanasando nel mio studio!-
-Non ho ficcanasato!- strillò quasi, sbattendo i palmi sul tavolo nell'enfasi del gesto e alzandosi in piedi, le ginocchia leggermente piegate e il viso in corrispondenza di quello del corvino, il quale sembrava non essersi per nulla impressionato per quello scatto improvviso.
STAI LEGGENDO
Overworld
FanfictionTUTTI I DIRITTI RISERVATI Trovarsi d'improvviso al limite del surreale, in bilico fra l'onirico e l'esistenza stessa, il sogno ed il ricordo, la curiosità e la paura di sapere. Una voglia ovale che spicca sulla pelle olivastra, un sogno ricorrente...