Capitolo 16

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-Oh, andiamo, Eren. Non dirmi che crederai davvero a quelle fantasticherie... -

-Lo sono davvero, ma'? Tu non te lo domandi mai se ci sia qualcosa-

-Qualcosa? Qualcosa di quel genere, tesoro? Non ti negherò che l'idea che possano esistere creature demoniache mi ha sempre un po' inquietata, ma gli angeli...quella è immaginazione, Eren. -

Immaginazione. 

Prolungamenti delle scapole fatti di piume ed ossa, ampi come ventagli, possenti ed al contempo leggiadri come petali, aggraziati come esili dita, che permettono a quei simil-umani di esplodere nell'atmosfera come proiettili.

Fantasia; una chimera annidatasi nella sua mente, aggrappatasi con denti ed unghie acuminate ad essa.

Immaginazione.
Fantasia.
Irrealtà.

Qualcosa di estremamente illusorio, fiabesco, fittizio.

Inesistente.

Che strano sapore avevano quelle scarne lettere sulla sua lingua, insapori, inconsistenti come quelle creature.
Non era così?

Era una bestemmia pensare che esistessero, un qualcosa di totalmente illogico, un anatema: quasi quanto la salda presa delle dita di Eren intorno a quelle piume nere come petrolio ed affilate come lame d'argento, grottesche ed annerite dalla malvagità di cui quell'essere - benigno epoche orsono - si era invaghito, abbindolato da essa come una marionetta legata a fili d'acciaio inossidabile.

Ma poi quelle soffici piume avevano iniziato a sgretolarsi a contatto con i suoi polpastrelli, granelli di sabbia brillante che divenivano polvere, consumandosi rapidamente fino a sfumare nella camera buia.
Ed Eren  barcollava nel vuoto, in quell'antro oscuro di cui non distingueva più forme e lineamenti, prospettive ed angoli.

Dove sei?

Onde concentriche si propagavano sotto la pressione dei piedi nudi, quel liquido più cedevole dell'acqua ad accarezzargli le caviglie e la superficie che catturava e rifletteva una flebile luce bianca di cui Eren non riusciva a risalire alla fonte. 

La sostanza gli lambiva le dita dei piedi in tiepide carezze voluttuose, così delicate che aveva quasi l'impressione di star fluttuando nell'aria per una volontà che non gli apparteneva, i palmi aperti e le gambe che si muovevano istintivamente avanzando in quella pupilla lucida.

E poi qualcosa comparve in lontananza, o per meglio dire il lento scrosciare dell'acqua generato da qualcuno che non fosse lui gli era giunto alle orecchie come una rassicurante pacca sulla spalla. 

Non era solo. 

Ed ora riusciva anche a distinguere gli arti di quella sagoma rilucente nella gola della notte, una lucciola che si faceva forza nel buio e cui luminosità aumentava gradualmente, allo stesso modo in cui alimentava un blando senso di sicurezza nel petto di Eren.

"E' immaginazione, Eren."

Cosa era quello, allora?

Chi era quello?

Una vaga ed anomala sensazione di pace gli avvolse le spalle ed inglobò le sue gambe arrestandone il passo, come se qualcosa desiderasse esattamente ciò che stava accadendo: le due figure rigide nelle loro posizioni, l'una di fronte all'altra, e la superficie di inchiostro che aveva trovato il suo equilibrio una volta interrotto il moto di entrambe.

L'ombra di un sorriso fece la sua timida comparsa sul volto luminoso dell'altro individuo, le ali candide spalancate in tutta la loro imponente estensione ed una mano sospesa a mezz'aria, in attesa di entrare in contatto con quella del giovane.

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