Il tonfo della porta che sbatteva rimbombò per le quattro pareti dell'angusto salotto e le scarpe furono velocemente gettate alla rinfusa nel corridoio fra quel vano e la sua camera, mentre per la fretta si ritrovò più di una volta ad urtare contro le mura tutt'altro che bianche dell'appartamento.
Si sedette sull'instabile sedia girevole rischiando di rovinare a terra, ma era fin troppo abituato a gestire quella seggiola malmessa, quindi si diede la spinta con la punta dei piedi per aderire perfettamente all'orlo della scrivania e tenere pronte le mani sulla tastiera del pc.
Mentre il laptop - che possedeva da quando aveva sì e no otto anni, quando lo utilizzava per uccidere giganti virtuali sul monitor insieme all'amico Armin - lentamente si avviava a far comparire almeno la schermata principale, il dito di Eren continuava a premere il pulsante Enter incessantemente, ma quel perfido marchingegno non aveva intenzione di saperne, quindi procedeva con calma nel suo lavoro.
Il ragazzo poteva già sentire la superficie diventare calda per lo sforzo disumano - di sicuro doveva esserlo per quel ferro vecchio -, ma non voleva saperne di prendere il telefono che, se possibile, era anche peggio.
Non aveva mai amato la tecnologia, anzi, sembrava proprio farci a pugni da quando era infante.
Più volte si era rifiutato di apprendere come si utilizzasse un computer, ma Armin l'aveva convinto quando, dal suo telefonino Apple ultimo modello, gli aveva mostrato il trailer del videogioco L'attacco dei giganti e da quel momento si era limitato a capire come si avviasse in poche mosse. L'amico più di una volta l'aveva preso in giro per questa sua inettitudine nel saper gestire le applicazioni e i diversi programmi, i download e i pdf, gli aggiornamenti e le molteplici finestre in rete, definendolo "tecnoleso"- e lo era davvero, dal momento che a stento sapeva orientarsi su Google.
Ma, alla fine, si era sentito costretto a doverlo usare per le diverse ricerche che gli venivano richieste in accademia e, di malavoglia, si era fatto spiegare approssimativamente il funzionamento del pc da Grisha, il quale non riusciva a trattenere le risate quando trovava Eren con gli occhi sbarrati e una ciocca intorno all'indice, chiaro segno che si era decisamente perso nella spiegazione.
-Muoviti, cazzo!-
Imprecò in un ringhio lo studente e finalmente, dopo buoni cinque minuti trascorsi a fissare il cerchio luminoso che indicava il caricamento della schermata del dekstop, comparve una foto che ritraeva il giovane all'età di quattordici anni, con le braccia che circondavano le spalle dei suoi migliori amici.
Ricordava perfettamente quell'ordinario giorno d'autunno: i tre non avevano aspettato altro che il cadere delle foglie color arancio, che ondeggiavano leggiadramente nell'aria per poi sfiorare l'asfalto ed adagiarsi su di esso, creando un tappeto di mille colori, dal castano intenso sino ad un giallo luminoso, fino ad arrivare ad un rossiccio che sfumava nel bordeaux.
Correvano a perdifiato in quel vialetto che congiungeva le loro villette, poste l'una di fianco all'altra, e con i piedi le calciavano nell'intento di sollevarle e farle fluttuare nell'aria tiepida di Ottobre, mentre le loro risa echeggiavano nel vento in un'armonia delicata ed impressa nella sua memoria come se fosse accaduto appena qualche momento addietro.
E invece una situazione del genere non si sarebbe più ripresentata, non ora che Mikasa ed Armin erano rimasti a Rocketville, trovando un loro personale posto nel mondo: l'uno come tecnico informatico, lavorando per l'azienza del padre che un giorno avrebbe ereditato; l'altra come apprendista stilista seguendo le orme della madre. Che quest'ultima fosse realmente felice del suo percorso di vita, Eren ne dubitava fortemente, ma temeva che le milioni di litigate che avevano avuto luogo fra i due avrebbero contribuito ad allontanarli, quindi aveva deciso di accettare la sua decisione.
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Overworld
FanfictionTUTTI I DIRITTI RISERVATI Trovarsi d'improvviso al limite del surreale, in bilico fra l'onirico e l'esistenza stessa, il sogno ed il ricordo, la curiosità e la paura di sapere. Una voglia ovale che spicca sulla pelle olivastra, un sogno ricorrente...