Capitolo 19

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Ci sono cose che si vedono solo ad occhi chiusi, ed i suoi racchiudevano una storia invisibile a tutti.

Ci sono cose che si sentono senza utilizzare l'udito, ma ascoltando se stessi.

E ci sono cose cui percezione cambia a seconda del momento, come in quell'istante.

Se Levi si fosse ritrovato lì da solo, risucchiato dalla fiumana di persone che lo spintonavano costantemente ed il cielo stinto di New York, probabilmente si sarebbe sentito come un topo senza vie di fuga, in una gabbia troppo angusta per contenerli tutti.

Ed invece ora era lì, e quegli stessi individui che avrebbe maledetto in circostante diverse, in quell'occasione lo stavano facendo sentire vivo, minuscolo in un formicaio di cui non si sentiva parte integrante, ma almeno protetto da esso.

Ecco, se doveva fare una considerazione adeguata della situazione, di sicuro era quella: custodito come una perla in un'ostrica - ma quanto sarebbe durata la solida corazza che si frapponeva fra lui e l'oceano in tempesta?

Difficile a dirsi, ed ogni giorno che trascorreva in quell'affollata metropoli gli escoriava le spalle:  il presagio di ciò che si sarebbe verificato lo coglieva ogni notte, quando poi cercava rifugio tra le confortevoli braccia di Eren, e parole rassicuranti lo cullavano dolcemente verso il tepore del sonno. 

-Un caffé amaro, grazie.-

Il barman annuì nel mentre appoggiava con veemenza lo straccio sozzo sulla spalla, le mani nodose e consumate dal tempo che sapienti si spostavano sull'ampia macchina, preparando più di una bevanda alla volta.

Il corvino lasciò scivolare le pupille oziose sui movimenti meccanici dell'uomo, mentre le unghie affondavano nervosamente nel tenero palmo della mano, l'agitazione che non gli dava tregua neanche per un istante quando si allontanava dall'appartamento.

Le sue paure si sarebbero ben presto tramutate in limiti, confini della razionalità, che lo avrebbero condotto sicuramente a compiere qualche azione illogica se si fosse lasciato sopraffare da esse. E tutto questo non si doveva verificare in alcun modo.

-Ecco a lei.-

La pelle della mano si risanò autonomamente solo nel momento in cui gli fu posta la tazza sotto il naso, storcendolo alla vista di quel liquido acquoso che aveva l'aspetto di essere tutto fuorchè caffè.

Sbuffò sonoramente ed agganciò il bordo con i polpastrelli, ignorando lo sguardo incuriosito ed ilare del barman mentre assisteva alla scena, e ingoiò un lungo sorso bollente che gli scivolò piacevolmente lungo la gola. Espirò l'aria calda che gli aveva impregnato i polmoni ed accostò nuovamente l'orlo di ceramica alle labbra, il liquido che gli permeava il corpo di calore con un flutto rovente, ricordandogli l'eco dell'ardore di Eren quando facevano l'amore.

Ed il vuoto lo colse all'improvviso, come un ladro, rubandogli il fiato e la vista per interi secondi, durante i quali la tazza gli era sfuggita fra le mani entrando in collisione con il ripiano di legno, attirando inevitabilmente l'attenzione dei molti dei presenti che gli strillavano nelle orecchie come aquile impazzite.

No, non può essere.

Lo sgabello rovinò sul pavimento, tutti i sensi in all'erta e la vista che gradualmente riaffiorava ad ogni passo, e Levi fece appello a tutto se stesso per evitare di colpire con eccessiva irruenza coloro che lo artigliavano per il braccio per soccorrerlo. Ma lui non aveva bisogno di niente, se non ritornare il più in fretta possibile dall'amante che stava subendo un danno.

Usufruendo di un briciolo delle sue abilità sovrumane aumentò la corsa, ognuno dei sensi perfettamente desto ed attivo mentre anticipava i movimenti dei soggetti di fronte a sé.

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