Capitolo 4

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Sembrava che ogni particella del suo corpo stesse per slanciarsi verso l'uomo in un impeto, dettato dalla necessità di congiungersi con la sua pelle diafana e lucente, su cui Eren trascinava gli occhi ardenti mentre boccheggiava nel vano tentativo di far rientrare in circolo l'ossigeno. 

Ma ciò gli fu possibile solo quando, dopo essere stato accusato molteplici volte di essere della concorrenza - come gli aveva sbraitato contro il corvino - la trappola in cui era caduta la sua gola finalmente fu disinnescata e, come era prevedibile dato lo sforzo al quale era stato sottoposto, le gambe gli cedettero di colpo.
Eppure non sprecò neanche un secondo nel sollevare di scatto il capo, ancora in preda ad una violenta tosse e le guance umide per qualche lacrima involontaria, per realizzare l'impresa che gli era sempre parsa la più ardua di tutte: rendere il suo sogno, realtà.

Ma - proprio come quando si è ancora  presi dal torpore del sonno - i grandi e brillanti verdi occhi di Eren si dilatarono lentamente alla vista di quell'individuo.
Le immagini oniriche si sovrapponevano senza sosta alla fisionomia del suo fisico - dal viso, sino alle spalle, fino ad arrivare alla radice dei capelli - e tutto sembrava coincidere perfettamente con quel complesso di linee perfette e regolari.

Si sentì risucchiato in un uragano di emozioni contrastanti che - se fosse stato da solo davanti a quel soffitto testimone di sì tanta angoscia e frustrazione - avrebbe rilasciato a briglie sciolte in un urlo di puro sollievo.
Dopo dodici mesi di follia e disillusione e afflizione, tutto sembrava finalmente farsi nitido nella sua mente così irrequieta e confusa.

Come se una mano stesse rimuovendo un velo di condensa su una superficie vitrea, finalmente il volto di quell'uomo che aveva ritratto frettolosamente senza mai figurarselo chiaramente - a causa dei puntuali vuoti di memoria che lo lasciavano piombare in uno stato d'animo di furia cieca - finalmente era diventato limpido, cristallino.

Solo l'idea che avrebbe potuto accarezzare quelle ciocche sottili e all'apparenza così soffici, al solo pensiero che quelle labbra avessero realmente una forma - una morbidezza che avrebbe voluto assaporare con ogni fibra del suo corpo - gli sembrava di ansare come fino a qualche istante prima, trepidante di fronte alla spiazzante realizzazione che esistesse.

Come poteva spiegare a quella persona, che lo soppesava con uno sguardo cupo di sincero disprezzo - che Eren non sarebbe stato in grado di rivolgergli neanche se il corvino l'avesse continuato ad insultare - e i lineamenti distorti in un'espressione grave e di pura ostilità, che conosceva perfettamente la sensazione delle sue dita lungo la schiena?
Che sapeva, se mai avesse abbozzato un sorriso, quale angolo di quella bocca piena si sarebbe sollevato? 
Come faceva a spiegargli che le ombre che generavano le sue clavicole evidenti e la mascella marcata, alla fioca luce diffusa dall'abat-jour alla sua sinistra, erano la cosa più ammaliante e sensuale che vi potesse essere?

Cercò gli occhi dell'uomo in una vorace ed avida curiosità che stava facendo fremere ogni cellula del suo corpo e, nel momento esatto in cui le loro pupille si incontrarono, una nuova scarica lo pervase per tutto il torace sino ad avvinghiarsi al cuore, arrestando nuovamente il battito cardiaco per una frazione di secondo e rendendogli la vista sfocata.

E poi, esattamente come gli era accaduto in caffetteria, una pressione inaudita comparve nei vasi sanguigni facendogli schizzare il liquido cremisi ad una velocità disumana e, nel momento in cui i caratteri dell'uomo ritornarono nitidi, si sentì improvvisamente gettato di fronte a quattro lettere che si stavano figurando davanti ai suoi occhi.

Si trattava di un'allucinazione, o le vedeva anche lui, proprio fra i loro volti?

Eppure ad Eren, in realtà, non pareva di vederle realmente, piuttosto provava la stessa sensazione di quando riaffiorava un ricordo, con un tocco di nostalgia al seguito, ben custodito e celato fra mille altri.

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