Una folata di vento freddo più insistente delle altre penetrò nel tessuto del parka verde bosco di Eren, il quale in risposta affondò più in profondità le mani nel pile delle tasche, mordicchiando nervosamente la zip mentre piccole nuvole di condensa prendevano forma dalla sua bocca.
Stava camminando da circa un quarto d'ora verso la caffetteria più vicina alla sua accademia, cui nome era "Nebelkaffee", tradotto "Il caffè della nebbia".
Di certo l'originalità non era l'asso nella manica dei proprietari di quel piccolo locale, ma non era molto vasta la scelta a Casperfield, considerando che la gran parte degli esercizi commerciali erano armerie o, nella migliore delle ipotesi, enoteche frequentate da vecchi cacciatori ormai incapaci anche di sparare ad uno scoiattolo.
E poi, come una rosa in un campo di margherite, fra i tetti scoloriti delle abitazioni, si stagliava imponente e solenne un palazzo dalle vetrate di cristallo, sulla cui cima troneggiava in corsivo "Miami Hours".
Era posto esattamente dall'altro capo della città rispetto all'Accademia delle Belle Arti frequentata dal ragazzo, e dal suo appartamento che era situato nello stesso quartiere dell'istituto, quindi non aveva mai avuto occasione di ammirare più da vicino quel capolavoro monumentale, di cui intravedeva solo la vetta dal suo balconcino.
Di notte, poi, era impossibile non rivolgere almeno una volta, seppur distrattamente, uno sguardo a quell'edificio che a sera brillava sotto la luce al neon della scritta luminosa.
Sembrava una lucciola nella coltre della nebbia che si dipanava fra le strade della cittadina a notte fonda, ma che si dissolveva quando il sole risvegliava i suoi abitanti e dava inizio ad una nuova giornata.
E quando gli occhi di Eren venivano attratti, come una falena dalla luce, dal luccichio del Miami Hours, inevitabilmente - chissà per quale infimo collegamento - la sua mente deviava, rivolgendo l'attenzione a quella villetta costruita di fianco alla foresta più oscura che il castano avesse mai visto, proprio di fianco al Teufelssee.Quale poteva essere il pazzo ad aver preso una decisione del genere?
Andare a vivere in una condizione di totale isolamento su quella distesa di liquido trasparente, che sembrava diventare un tutt'uno con la nebbia quando le goccioline dell'acqua sospese nell'aria si congiungevano con le loro simili attratte dalla forza di gravità. Sembrava quasi romantico pensarla in quei termini, ma assistere alla scena, quando niente poteva costituire un punto di riferimento per potersi fare spazio in essa, era tutto fuorchè romantico.Eren rabbrividì al solo pensiero di quella vista che gli era stata descritta da molti suoi amici che, spinti dalla curiosità, avevano avuto il coraggio di attraversare il bosco alle prime luci del sole ed attendere alle sei del pomeriggio l'arrivo di quella creatura bianca ed intangibile.
Sbuffò sonoramente quando una seconda folata gli fece quasi scappare il berretto nero che gli copriva la folta zazzera castana, e gioì mentalmente quando, dopo pochi passi, si ritrovò all'ingresso del locale.
Era piuttosto angusto ma non ci si poteva lamentare, d'altronde vi erano ben poche anime che vivevano in quel paese, ancor di meno quelle che frequentavano quel posto.
Eppure ad Eren non dispiaceva affatto: la tazza di caffè fumante che gli preparava il vecchio Pyxis, il calore del sorriso che gli rivolgeva il suo volto raggrinzito ogni qualvolta varcava la soglia che scampanellava come il collarino di un gatto, le luci che emanavano un giallo intenso riflettendosi sulle pareti di legno. Tutto, di quel posto, gli ricordava casa.Casa per modo di dire, poi, poichè il suo appartamento non era nient'altro che un monolocale dalle pareti incrostate, e di certo la scarsa attenzione all'ordine che aveva il ragazzo non giovava all'aspetto già di per sè scadente dell'alloggio.
Ma era il massimo che i suoi genitori adottivi, Carla e Grisha, erano riusciti a trovare, che fosse sia accessibile alle loro possibilità economiche, sia abbastanza vicino all'università.
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Overworld
FanfictionTUTTI I DIRITTI RISERVATI Trovarsi d'improvviso al limite del surreale, in bilico fra l'onirico e l'esistenza stessa, il sogno ed il ricordo, la curiosità e la paura di sapere. Una voglia ovale che spicca sulla pelle olivastra, un sogno ricorrente...