CAPITOLO 11

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Lucas' POV
Mi rendo conto troppo tardi di ciò che ho appena detto.
Non era la mia intenzione, non volevo ammetterlo, non volevo dirglielo ancora. So che è ancora presto, so che lei sicuramente non ricambia, so che lei non è ancora a questo punto della relazione.
Eppure io sì. Eppure io la amo più di quanto ami me stesso.
E da una parte, sono contento e sollevato di averglielo detto. Mi sono tolto un peso.
Visto che lei è la prima a voler sapere le cose e a non volere che io le ometta niente, allora eccola accontentata.
Non pretendo che lei ricambi il sentimento, anzi so per certo che non lo ricambia. Voglio solo che questo non la spaventi come temo.
Osservo la sua espressione sbalordita, come se avesse ricevuto la peggiore o la migliore notizia che potesse ricevere e non sa come reagire.
Mi continua a guardare, io mi passo una mano tra i capelli.
«Ora lo sai.» dico a bassa voce, poi mi dirigo verso il divano dove mi lascio cadere a peso morto.
Lucy mi raggiunge, e si siede accanto a me.
Le lancio un'occhiata, per capire cosa ha intenzione di fare. Ha ancora lo sguardo confuso, ancora non si spiega quello che ho detto.
Forse vuole dire qualcosa ma non sa nemmeno lei cosa.
Così, prendo io la parola, considerando che a questo punto non posso far altro che accontentarla.
Se la amo, è giusto che lei sappia tutto ciò che le ho sempre nascosto.
«Non vuoi sapere chi è il vero Lucas Stewart. Te l'ho sempre detto. Però sono il tuo ragazzo, e il tuo ragazzo è un coglione che si è fatto scappare detto che è innamorato di te dal primo momento in cui ti ha vista. Perciò è giusto che io ti dica chi ero, che tipo di persona ero, che cosa facevo.
Quello che non ti ho mai detto su di me, insomma.» faccio un sospiro, poi inizio col racconto che probabilmente le farà cambiare idea su di me. Ma sono pronto a rischiare, se questo è ciò che lei vuole.
«Sono arrivato qui a Houston un po' di tempo fa ormai. Finché stavo ad Austin non ero un ragazzo modello, va detto. È là che ho iniziato a fumare e a scoparmi ogni ragazza. È là che non volevo studiare, salavo la scuola, e iniziavo a partecipare ai primi incontri di box clandestini. In realtà all'inizio ero uno che scommetteva, perché da ragazzino ero magro e gracile, non potevo mettermi a fare a botte, anche se lo facevo diverse volte con chi mi rompeva il cazzo.»
Lucy mi sta guardando intensamente, come se pendesse dalle mie labbra. Mi sta ascoltando e riesco a capire che è quello che più aspettava di fare. Ascoltare la mia storia.
«In quegli anni ero così. Un ragazzino problematico, come tanti altri. Mi ricordo il giorno in cui provai a fumarmi una canna. Ero in un vicoletto in cui stavo sempre con i miei amici di quel tempo, che erano non più di tre. La provai, e mi piacque. Così non solo fumavo le sigarette, ma pure le canne. Avevo diciassettenne anni.
Una volta finito il terzo anno di High School, a quasi diciotto anni decisi di trasferirmi qui. Lo dissi a mio padre, che fu solo contento che il ragazzino problematico che si ritrovava a dover gestire, andasse in un'altra città.
Non penso di averti mai detto di aver fatto l'ultimo anno di High School qui, e questo perché sennò avrei dovuto darti troppe spiegazioni, ovvero che ero un ragazzino problematico e drogato che voleva sentirsi indipendente.
Comunque, mi iscrissi dapprima ad una High School per fare l'ultimo anno, poi all'UH, ed inizialmente alloggiavo in una confraternita.
Mi misero in stanza con un ragazzo che non mi parlava. Non ci parlavamo e ad entrambi stava bene cosi.
Ognuno si faceva la propria vita. Ogni tanto lui si portava qualche ragazza per scoparsela nella nostra camera, altre volte lo facevo io.
Senza parlare ci eravamo capiti. Nessuno dei due rompeva il cazzo all'altro, semplicemente sapevamo quando poter occupare la stanza e quando no.
Nel primo mese che ero qui, non avevo nessun amico, e un giorno avevo bisogno di erba. Così andai nel quartiere peggiore che avessi individuato qui a Houston, ed è qui che inizia il peggior periodo che io abbia mai passato.» ammetto.
Lucy mi sta ancora ascoltando, e senza che io dica niente, mi prende la mano.
«Ti ascolto.» mi dice. Lo dice con una voce dolce, con i suoi occhi su di me ma che non vogliono etichettare, ma semplicemente conoscere. Una come lei non la ritroverò mai.
«Da quando presi l'erba da un tizio, iniziai ad andarla a prendere sempre da lui. Avevo dei soldi da parte, ma non troppi per andare avanti.
Quindi iniziai a spacciare erba. Questo tizio mi prese come socio, iniziai a stare con lui, il giorno nel suo appartamento che cadeva a pezzi a fumarci le canne, la notte a spacciare. Era l'unico modo per guadagnare.
Una mattina stavo raggiungendo l'appartamento del mio "socio", arrivai da lui e lui si stava facendo di coca. Così mi invitò a provarla, ed io lo feci.
Questa iniziò ad essere la mia peggiore routine. Il giorno mi facevo, canne o cocaina poco importa, mi scopavo qualche ragazza, la notte spacciavo.
Poi iniziai a frequentare gli incontri clandestini, e iniziai ad allenarmi per poter partecipare.
Avevo diciannove anni ormai, e il mio primo anno di università lo passavo cosi.
Ogni tanto tornavo fatto e sbronzo alla confraternita, e il mio compagno di stanza si accorgeva di tutto, ovviamente. Non mi diceva niente, all'inizio.
Poi, ricordo ancora quel giorno. Era una giornata caldissima. Mi svegliai la mattina, mi feci una striscia davanti al mio compagno di stanza, e subito dopo ci bevvi sopra.
«Che ti hanno fatto?», mi chiese. Furono le prime parole che mi rivolse, le prime in assoluto. E mi ricordo che mi stupii, perché ero convinto che prima o poi avrebbe chiesto di essere messo in stanza con un altro ragazzo, che si sarebbe lamentato di me. Invece lui capì che dietro i miei comportamenti, c'erano dei motivi effettivi, e voleva saperli.» faccio una pausa.
Lucy continua ad ascoltarmi, non fiata ed ha un'espressione come stupita. Sono convinto che non si aspettava tutto questo. E purtroppo, non siamo ancora arrivati al peggio.
Faccio un respiro profondo, e continuo. «Così io iniziai a spiegare la mia storia al mio coinquilino. Non avevo nessuno, e avevo bisogno di sfogarmi. All'apparenza lui era come me, un ragazzo con qualche tatuaggio, non troppo per bene, ma sicuramente meglio. Lui iniziò a uscire con me, a frequentare i posti che frequentavo io. Non si drogava né beveva come me, ma mi accompagnava agli incontri. Mi iniziai ad allenare insieme a lui, e insieme a lui mi introdussi in quel mondo clandestino.
Ovviamente quando ero nuovo nessuno scommetteva su di me, quindi i primi incontri non mi portavano guadagni, ma grazie a lui, al mio vero unico amico, le persone iniziarono a conoscermi, perché era lui che faceva sempre finta di scommettere su di me, andava a dire in giro che ero forte, che non ero conosciuto solo perché ero nuovo nel posto e non nel mondo degli incontri. E se te lo stai chiedendo, sì, quel ragazzo, il mio coinquilino, era Nicholas.»
Lucy spalanca gli occhi e la bocca, ma so che lo sospettava. Aspettava solo di avere la conferma.
Riprendo col mio racconto. «Così compii diciannove anni e passai l'intero anno dei miei diciannove a drogarmi, bere, scopare e fare incontri. Il giorno stavo con il mio amico spacciatore, si chiamava Mike, e scoprii che questo era il suo nome solo a questo punto della storia, dopo un anno che lo conoscevo quindi.
La sera invece facevo gli incontri e stavo con Nicholas. Iniziavo a prenderci gusto, la gente iniziava a conoscermi, le ragazze a venirmi dietro. Non era vita la mia, lo so. Ma mi piaceva.» faccio un'altra pausa.
Lucy ha le lacrime agli occhi ma non capisco perché. Non è una storia strappalacrime, è la storia di un coglione che ha fatto troppo il coglione.
Nonostante questo, lei continua a tenermi la mano.
Questo mi basta per andare avanti con la mia storia. «Avevo una routine ormai. Poi un giorno, andai da Mike come sempre, sapevo che ci saremmo fatti due strisce insieme come ogni giorno, e quando arrivai lui era... era morto. Era andato in overdose. Ho ancora in mente la scena, lui nel suo squallido appartamento, e la siringa in mano. Era stata la dose letale. Piansi tanto, quel giorno. Me lo ricordo bene. Era stata la prima persona ad essere mio amico, ed era bravo nonostante fosse drogato. Stava sempre per i fatti suoi, e non dava noia a nessuno. Ma non sapevo niente di lui. Non sapevo se aveva una famiglia o altro. Qualcosa mi diceva di no. Ecco perché presi il suo corpo, e lo seppellii da solo. È quello che lui avrebbe voluto. Ed è stata la cosa più brutta che io abbia mai fatto in vita mia.» mi fermo perché rischio di rimettermi a piangere nel ricordare queste scene. Quando sono più tranquillo, riprendo. «Da quel giorno smisi di toccare qualsiasi droga, tranne le canne. Quelle ogni tanto continuavo a fumarmele. Lo smettere di drogarmi mi fu utile pure con gli incontri, ero più capace, ero più forte. La morte di Mike poi mi fece incazzare, non so nemmeno io perché o con chi. Iniziai a vincere gli incontri, quindi soldi. Ma anche questa cosa portò con sé un brutto aspetto. Divenni più violento, ogni scusa per me era buona per fare una rissa. Non ero mai stato in grado di picchiare qualcuno, e le volte da ragazzino, furono sempre gli altri a picchiare me, quindi adesso era come se avessi potuto avere la mia vendetta. Avevo la rabbia di una vita repressa dentro, sapevo che ero finito così perché non avevo mai avuto una famiglia alle spalle. Non ce l'avevo mai avuta. Ero incazzato col mondo, e ti giuro che se con me non ci fosse stato Nicholas, io non sarei qui.»
Tengo lo sguardo basso e la testa china, perché non riesco a guardare Lucy in faccia dopo averle detto tutto questo. Lei mi prende il viso tra le mani e mi costringe a guardarla.
«Continua, per favore.» mi dice con dolcezza.
Annuisco e mi faccio forza nel continuare. «Come ti ho detto, divenni più violento, e mi ritrovavo coinvolto in una rissa quasi ogni sera. Andava sempre bene, picchiavo qualcuno per farmi vedere, per far ridere qualcuno, o per difendere qualche amico. Poi capitò la rissa che avrei dovuto evitare.
Picchiai un ragazzo che mi aveva fottuto il posto in un pub, era una scusa del cazzo, ma ero sbronzo. Questo ragazzo batté la testa e rimase in coma. Ho temuto il peggio, per un momento. Ho temuto che fosse morto, e se cosi fosse stato sarebbe stato un disastro e la fine della mia vita.
È qui che mi schedarono, e mi misero in carcere. Non ci stetti troppo, e quando il ragazzo fortunatamente si riprese, mi bastò pagare una cauzione. E fu in questo periodo, appena uscito dal carcere, che conobbi tuo fratello. Non ci parlavo mai, scoprii chi era solo quando poi tornò a Fort Worth. Lui però sapeva la mia storia, sapevo cosa facevo e cosa ho fatto. Per un breve periodo siamo usciti nella solita comitiva, ed è stato questo il periodo in cui mi sono dato una regolata.
Poi compii vent'anni. Iniziai il mio secondo anno di Università, il primo era come se non lo avessi fatto vista la vita che facevo, ma riuscii comunque a passare gli esami. Ed è stato nel secondo anno che ho trovato la mia ancora di salvezza.
Forse Lucy solo adesso puoi capire quanto tu sia stata d'aiuto per me. Io ho passato tutto questo convinto di non aver bisogno di nessuno, ma poi ti ho conosciuta e... mi si è aperto un nuovo mondo. Mi stai aiutando a mettere la testa a posto, a capire chi sono davvero. Mi hai fatto conoscere una cosa che prima non avevo mai conosciuto.»
Lucy sta piangendo silenziosamente, e alle mie ultime frasi risponde. «Cosa?»
«L'amore.» rispondo. «Anche se te non mi ami, mi fai sentire amato. Mi fai sentire come se per la prima volta a qualcuno importi davvero di me. Tutti questi anni che ti ho raccontato, per me sono stati terribili. Avevo un disperato bisogno di qualcuno che mi aiutasse, ma non lo sapevo nemmeno io. Nicholas mi dava una mano, ma fino a un certo punto. Tanto non avrei ascoltato nessuno, avrei fatto comunque tutto di testa mia. Ma io mi chiedo spesso in quale baratro sarei adesso, se tu non fossi qui con me. Se io non ti avessi incontrata né conosciuta, mi chiedo dove finirei di nuovo. Sono terrorizzato di perderti per questo Lucy. Perché tu mi hai salvato.» lascio andare le lacrime che minacciano ormai da troppo tempo di uscire. Lucy si avvicina a me e mi stringe a sé.
Mi lascio avvolgere dalle sue braccia, mi lascio accarezzare, mi lascio dare i baci sulla fronte.
Sistema la mia testa sotto il suo collo, appoggiandoci sopra il mento, e mi accarezza la schiena e le spalle con le mani.
Dopo un po' mi tiro su, e lei mi prende il viso tra le mani dandomi un leggero bacio a stampo. «Ti amo da morire anche io, Lucas. E ti salverei altre mille volte ancora.»
Per poco non mi commuovo a quelle parole. La bacio appassionatamente, poi mi stacco.
«Adesso devo dirti la cosa tra me ed Abby.» dico.
Lei mi posa un dito sulle labbra. «C'è tempo.»
Poi ci sdraiamo, io mi accoccolo accanto a lei come fossi un bambino.
Sarei perso senza tutto questo.

Lucy's POV
Quando apro gli occhi, sono ancora nella posizione in cui mi sono messa insieme a Lucas. Lui dorme ancora. Ci siamo addormentati insieme nonostante si mattina, ma entrambi probabilmente stanotte abbiamo dormito male o poco.
Prendo il mio telefono per controllare l'orario, e scopro che sono già la tre del pomeriggio.
Osservo Lucas dormire. Ha la sua solita espressione beata e tranquilla. Non mi aspettavo di scoprire tutte quelle cose si di lui. Posso capire che abbia titubato prima di raccontarmele, ma non lo giudicherei mai per ciò che ha fatto.
Io lo conosco, so com'è, e adesso è una bravissima persona. Con me è sempre stato il massimo che io avessi mai potuto chiedere, e non mi interessa se in passato ha fatto cose che non doveva fare.
Adesso capisco perché mi ha sempre detto che l'ho fatto rinascere e l'ho salvato. Se è vero che gli sono stata così tanto d'aiuto, non mi pare il vero e ne sono contentissima.
Non mi aspettavo nemmeno che mi dicesse che fosse innamorato di me. Non riesco a credere che Lucas Stewart abbia detto una cosa simile a me, ma non posso far altro che essere felice.
Inoltre si è aperto con me, mi ha raccontato tutta la sua storia. Sembra che forse, le cose, piano piano, stiano andando tutte al proprio posto.
Mi alzo lentamente dal divano stando attenta a non svegliarlo, e mi metto a cucinare degli hamburger, perché sto morendo di fame.
Mentre sono in cucina, sento dei rumori dietro di me.
Con tutta la sua aria assonnata, Lucas mi sta venendo incontro.
«Buongiorno.» gli dico sorridendo.
Lui si stropiccia gli occhi. «Che ore sono?»
«Le tre e mezzo. Vuoi un hamburger?» domando.
Lui annuisce, e si siede sullo sgabello di fronte a me.
Quando gli porgo il piatto, divora ogni singolo pezzo del panino.
«Avevo fame.» dice sollevando le spalle.
Ridacchio e annuisco, continuando a cucinare il mio. Sento che Lucas mi cinge i fianchi da dietro, cosi mi giro per poterlo guardare in viso.
«Tutto bene?» mi chiede lui.
Annuisco. «Sì, certo. È che devo metabolizzare ancora il tutto. Non solo la tua storia ma anche la parte in cui... sai, quando hai detto che sei...»
«Innamorato di te?» conclude lui alzando un sopracciglio.
Annuisco.
«Perdutamente.» conferma lui.
Sorrido. «Quando te ne sei accorto? Che eri innamorato di me, intendo.»
«Lo vuoi davvero sapere?» mi chiede.
Annuisco, curiosa di sentire la riposta.
«Io sono sempre stato innamorato di te, Lucy. Ogni cosa mi doveva far capire che non eri come tante altre, ma anzi, eri l'unica. Ero geloso di te, volevo vederti, mi provocavi sensazioni mai provate prima, non riuscivo a starti lontano. Era ovvio che io fossi innamorato. Mi sono sempre detto che se mai avessi dato più di tante attenzioni ad una ragazza, allora lei doveva essere quella giusta. Ecco. Sono riuscito ad ammettere a me stesso che ero innamorato di te, solamente quando eravamo in Italia, a Roma per l'esattezza. Credo che fosse la prima sera. Ti avevo chiesto come mai non avevi più la mia collana, e te mi dicesti che te l'eri tolta quando ero andato via. Poi dopo ti sei addormentata, e mentre eri lì, io ti osservavo e pensavo a che fortuna ho avuto nell'incontrarti. Lì ho ammesso a me stesso che ero innamorato, ma non so dirti se me ne sono accorto in un preciso solo momento.» risponde lui.
Rimango ad ascoltare le sue parole e rimango un po' sbalordita. Davvero lo sa già da cosi tanto?
«Perché non me lo hai detto?» domando.
Lui ridacchia ironicamente. «Non è ovvio? Ero convinto che tu non potessi essere innamorata di uno... così. Uno come me ecco.»
Alzo gli occhi al cielo. «Smettila.»
«E tu? Quando te ne sei accorta?» mi chiede lui, sistemandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
«Forse anche io l'ho sempre saputo, anche se volevo negarlo a me stessa. Sono riuscita ad ammetterlo a me stessa quando andavamo a casa mia, a Fort Worth. Quando poi però successe quello che sai bene.»
Lucas si fa serio.
«Ehi» gli sfioro la spalla. «Che c'è?»
«Riesco sempre a rovinare i momenti migliori. I momenti che sarebbero belli anche per me, dico. Io riesco sempre a rovinarli.» dice.
«No, assolutamente. Non è vero, Lucas. Io non cambierei una virgola di tutto ciò che c'è stato tra noi e tutto ciò che è successo. Ogni cosa, anche brutta, ci ha insegnato qualcosa.» affermo convinta.
Lucas non sembra convincersi quanto me, ma annuisce.
Poi aggiunge: «E te perché non me lo hai mai detto?»
Alzo le spalle. «Lucas Stewart non si innamora, ricordi?»
Lui abbozza un sorrisetto. «Ne sei sicura?»
«Non più ormai.»
«E Lucy Bunks? Lei è sicura di essere innamorata?» chiede ancora lui.
Sospiro. «Lucas Stewart, io ho poche certezze nella mia vita, e quella di essere innamorata di te è una di quelle.»

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Eccomiii!
Finalmente sono tornata con un aggiornamento e direi pure importante: finalmente abbiamo la storia di Lucas, e finalmente entrambi sanno che uno è innamorato dell'altra.
Per adesso sembra filare tutto liscio, ma sembra troppo bello per essere vero, non trovate?
Continuate a leggere per scoprire cosa succederà!

Intanto fatemi sapere le vostre opinioni, lasciate una stellina se vi è piaciuto il capitolo e commentate con una vostra opionione!

Xoxo,
CC

Despite Everything 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora